Debora Lonardi: “Mi candido per scuola, territorio e cultura. Le chiavi per il futuro della Lombardia”
Vicepresidente della Comunità montana del Piambello e al secondo mandato come consigliere comunale a Clivio, Debora Lonardi è candidata con la Lega per il Consiglio regionale, a sostegno della presidenza di Attilio Fontana
Debora Lonardi, vicepresidente della Comunità montana del Piambello e al secondo mandato come consigliere comunale a Clivio, è candidata con la Lega per il Consiglio regionale, a sostegno della presidenza di Attilio Fontana.
Al centro del suo interesse in particolare il mondo della scuola e della cultura, in cui è attiva da anni nel territorio provinciale e nell’Alto Varesotto in particolare.
Quali sono i punti centrali della sua proposta per la scuola?
In tema di istruzione i temi da affrontare sono davvero tanti. Credo che occorra partire da un concetto generale, ovvero dall’autorevolezza e dal merito dei docenti. Il docente deve tornare ad essere una figura autorevole, contraddistinta dalle parole rispetto e dignità. Come? Partendo dal merito e, per esempio e per essere concreti, istituendo un solido e studiato sistema di certificazione dei percorsi formativi proposti al docente già immesso in ruolo. Molti sono i docenti che, pur non avendone l’obbligo, seguono corsi di formazione e in orario extra-scolastico ma senza aver modo di veder riconosciuta la loro crescente professionalità. Ci siamo mai chiesti, a tale proposito, perché i sistemi di certificazione come quelli delle lingue funzionano? Perché garantiscono una valutazione oggettiva e affidabile che può essere spendibile all’interno del sistema scolastico e nel mondo del lavoro, anche a livello internazionale. Questo è un bel modello da seguire non solo per le lingue e sono convinta che i docenti italiani non ne avrebbero nessun timore, anzi.
Non voglio scordare, però, che non possiamo pensare di andare verso l’autorevolezza senza aumenti salariali. Il Ministro Valditara ha già avviato questo processo che certo sarà graduale ma che ha preso il via.
Per quanto riguarda invece un altro argomento cardine, le qualifiche formative, è necessario che queste siano calibrate sui bisogni del territorio, progettando un’offerta formativa a monte con un dialogo scuola-territorio e scuola-associazioni di categoria, rafforzando ancor di più il legame tra istituti professionali ed ITS. E’ importantissimo progettare tenendo presente la necessità di educare a governare i nuovi strumenti digitali nell’ottica della rivoluzione dell’intelligenza artificiale. Questo passa necessariamente da nuovi percorsi, dal potenziamento e dalla modernizzazione dei laboratori e dall’inserimento a scuola di professionalità offerte dal mondo delle imprese. Questo processo è già partito con il nostro Ministro con 1,5 miliardi di euro a favore degli ITS, misura sbloccata a seguito di un confronto Ministero e Conferenza delle Regioni. E’ così che il sistema dell’istruzione diventa motore per lo sviluppo del Paese.
Uno degli ostacoli sembra essere quello della dispersione scolastica. Come farvi fronte?
C’è già una proposta di sperimentazione in 50 scuole italiane che Invalsi individuerà tra quelle in maggiore difficoltà, che vedrà classi di 10 alunni, sul modello francese che ha ottenuto ottimi risultati. Percorsi di mentoring e orientamento che coinvolgano i genitori sono un altro importante strumento per prevenire la dispersione.
Per contro non mancano nella scuola italiana livelli di eccellenza
Certo, e a questo proposito vorrei dire che tra le tante difficoltà e situazioni che la scuola porta con sé, non dobbiamo dimenticarci di valorizzare e premiare i ragazzi che amo chiamare “gli studenti del buon esempio”; facciamolo con un gesto, con un riconoscimento o un premio ma facciamolo perché sono loro che devono essere i veri trascinatori della classe.
Per quanto riguarda la nostra provincia quali sono le sue proposte per il rilancio e la valorizzazione del territorio?
Partendo da Varese possiamo puntare in alto e la parola d’ordine è “museo diffuso”. Ad esempio nel sito Unesco del Monte San Giorgio, di cui mi occupo, questo concetto deve sempre più coinvolgere i cinque comuni Unesco che sono Besano, Clivio, Porto Ceresio Saltrio e Viggiù, e unirli per offrire al turista la possibilità di una visita non solo “mordi e fuggi” ma di più giorni. Questo si ottiene puntando al potenziamento dei servizi e creando opportunità di impiego per tutti, con una particolare attenzione per i giovani che vogliono fare della loro passione un lavoro. Ma con Varese possiamo pensare ancora più in grande: l’idea di museo diffuso può e deve toccare i quattro siti Unesco che Varese ha la fortuna di racchiudere entro i suoi confini, a pochi chilometri l’uno dall’altro. Non scordiamo poi che tutto il territorio vive grazie a esperti di settore ma anche grazie all’associazionismo costituito da figure altamente specializzate e insostituibili per portare una proposta turistica di qualità e, aggiungo, diversificata. Le amministrazioni devono cercare nuove e più semplici strade per le collaborazioni.
In tema di cultura pensa che si debba puntare sul passato o sul futuro?
Occupandomi da molto tempo di innovazione digitale, credo sia interessante parlare di transizione digitale anche per gli organismi culturali e creativi. Puntare sull’avanzamento del livello di maturità tecnologica delle organizzazioni culturali e creative significa renderle competitive a livello nazionale e internazionale in termini di offerta culturale innovativa. Penso a nuovi prodotti per la diffusione online, come le narrazioni; penso alla realizzazione di attività per la fruizione del patrimonio attraverso nuovi modi e strumenti di offerta. E’ importante la digitalizzazione del proprio patrimonio ai fini della conservazione, della maggiore diffusione, della cooperazione internazionale. Un posto di rilievo lo devono avere la protezione e la valorizzazione dell’architettura e del paesaggio rurale per preservare i valori dei paesaggi storici e promuovere iniziative ed attività legate alle tradizioni e alla cultura locale.
Su quali strumenti punterebbe per trovare le risorse necessarie?
Forse il più importante strumento è quello dei PIC – i Piani integrati della cultura- un insieme di progetti culturali promossi da soggetti appartenenti ad ambiti territoriali contigui che possono riguardare settori e temi diversi in ambito culturale ma che, sulla base di una strategia comune condivisa in via preliminare, perseguono un comune obiettivo strategico di sviluppo culturale ed economico.
Credo che anche in questo campo l’autonomia differenziata di cui si sta discutendo in questi giorni in Parlamento potrà semplificare, accelerare e sburocratizzare le procedure.
Infine vorrei ricordare un progetto che da tempo sto portando avanti sul territorio e che riunisce l’impegno in tutti e tre gli ambiti di cui abbiamo parlato e che si racchiude nello slogan “Scuola fuori dalle mura”, una scuola che parte dal territorio che molto può raccontare e farci apprendere, ancor più che seduti ad un banco dentro un’ aula. Una scuola che si integra in un territorio come il nostro dove la cultura si respira a 360 gradi.
Il progetto “Scuola fuori dalle mura” sarà presentato giovedì 9 febbraio a Villa Recalcati a Varese: qui la locandina
“Una scuola fuori dalle mura” e il sito Unesco del Monte San Giorgio diventa un’aula a cielo aperto
(Nella foto: Debora Lonardi con il ministro Giancarlo Giorgetti)
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