Il Fai per l’ambiente, uno sguardo al futuro nel convegno nazionale 2021
A chiudere l'intensa giornata di incontri, che ha visto interventi affidati a grandi nomi della cultura tra cui scienziati e filosofi, e studiosi e imprenditori, il ministro Franceschini
Di cosa parliamo quando parliamo di Ambiente? È questa la domanda intorno alla quale si è sviluppato il XXV Convegno Nazionale dei Delegati e dei Volontari del FAI – Fondo Ambiente Italiano, annuale appuntamento in cui la fondazione riunisce oltre duemila delegati e volontari da tutta Italia e che si è tenuto nella giornata di sabato 20 marzo.
Un incontro online aperto anche al pubblico, con un programma di interventi affidati a grandi nomi della cultura tra cui scienziati e filosofi, e studiosi e imprenditori attivi nella ricerca e nella divulgazione in campo ambientale (da Guido Tonelli a Massimo Recalcati, da Salvatore Veca a Telmo Pievani, ecc.), oltre ai vertici dello stesso FAI.
Il convegno è stato l’occasione per aprire un dibattito culturale e per invitare a riflettere sulla definizione di ambiente e sulla disattenzione diffusa alla crisi ambientale, che si traduce in un ritardo nel contrastarla: secondo il FAI il problema è culturale. L’Ambiente è stato confinato alla sola dimensione naturale, così come la scienza è stata confinata ai soli specialismi e tecnicismi: ciò ha comportato una separazione dell’Ambiente dall’Uomo e della Scienza dalla Cultura.
Il Fai propone allora una nuova visione culturale che ricompone questa opposizione nell’unità dell’Ambiente come indissolubile intreccio tra Natura e Storia e nell’unità della Cultura come sintesi delle scienze umane e naturali. – lI programma
IL CONVEGNO
Ad aprire l’incontro, dopo un intervento musicale, è stato Marco Magnifico, vice presidente esecutivo del Fai che ha ringraziato tutte le realtà che da anni sostengono la fondazione e con un saluto di Davide Usai, direttore generale del Fai.
Sono quindi seguiti gli interventi di alcuni rappresentanti delle Regioni. Il primo è stato quello del presidente della Regione dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini: «Il concetto di cultura legato alla storia e al territorio e ai suoi beni è quello che serve per il nostro Paese, in questo l’impegno del Fai è sempre stato fondamentale ed è importante che prosegua. In un momento così difficile per la nostra storia, abbiamo capito ancora di più quanto è importante la tutela del pianeta e quando sia fondamentale intervenire con azioni che portino alla transizione ecologica, quindi ad un progresso che sia tecnologico, scientifico e ecologico».
Gaetano Armao, vice presidente della Regione Sicilia ha proseguito spiegando: «Senza transizione ambientale e digitale non è possibile immaginare il futuro per la nostra Nazione e per la nostra Europa. Sono un sostenitore del Fai, realtà che da sempre ha la capacità di guardare al piccolo, piccolissimo ma anche all’interno Paese, accendendo dei fari su temi importanti, come quello dell’ambiente appunto».
Collegamento quindi con Massimo Bray, assessore alla cultura, turismo, sviluppo e impresa turistica per la Regione Puglia che spiega: «Cura, promozione e vigilanza. Tre azioni fondamentali che il Fai ha sempre portato avanti. Una realtà che è stata capace di segnare la via maestra nel rapporto tra pubblico e privato, intuendo le necessità del Paese e portando i valori in cui ha sempre creduto».
Sneška Quaedvlieg-Mihailović, Segretario Generale di Europa Nostra ha invece iniziato il suo intervento con un pensiero rivolto a Giulia Maria Crespi, fondatrice del Fai, sottolineando l’importanza di continuare a portare avanti i suoi valori. «Il suo spirito continua oggi a guidarci – ha spiegato – .Questo è importante, sopratutto in un momento così difficile per tutta l’Europa, colpita dalla pandemia. Il ruolo della cultura, la tutela del patrimonio, la transizione verde sono il cemento per il rilancio dell’economia». Aggiunge: «Rispondere efficacemente al riscaldamento climatico è una responsabilità che riguarda tutti noi, l’ambiente e il patrimonio sono parte della soluzione. Ogni settore, area politica, fondazione è quindi chiamato a fare la sua parte». Conclude quindi citando il New European Bauhaus, l’iniziativa dell’Unione Europea per progettare futuri modi di vivere, includendo arte, cultura, inclusione sociale, scienza e tecnologia.
Il saggio intitolato “INSIEME” scritto dal Presidente Esecutivo di Europa Nostra, Professore Hermann Parzinger, e pubblicato recentemente dalla Banca europea per gli investimenti lo potete leggere QUI
Il video messaggio del Presidente del Parlamento Europeo David-Maria Sassoli, inviato in occasione della conferenza di Europa Nostra dedicata alla promozione di un “Cultural Deal for Europe” lo potete vedere qui:
Save the date: Lunedì 22 marzo (15.00-16.30 CET) Webinar di presentazione European Cultural Heritage Green Paper. Per maggiori informazioni e iscrizioni: clicca qui
LEONARDO DA VINCI E IL FAI
Prima di lasciare la parola al presidente del Fai, Andrea Carandini, Paolo Galluzzi del Museo Galileo di Firenze ha tracciato un presentazione di Leonardo da Vinci per arrivare alla missione del Fai. La visione è infatti quella dell’uomo inserito in un contesto universale, parte del tutto.
10.20 Andrea Carandini, Presidente FAI, ha introdotto invece il discorso “L’Ambiente secondo il FAI, intreccio indissolubile tra Natura e Storia”.
Quale può essere il contributo del Fai nel risanamento ambientale? È da questa domanda che pone Andrea Carandini, presidente del Fai che sottolinea come la missione del Fai non ha mai vacillato e ancor più oggi, in questo momento di difficoltà legato alla pandemia. «Vedo il Fai adatto e votato a riequilibrare la storia e la natura, a promuovere la coscienza di luogo tramite racconti e altre concrete azioni riguardo a educazione e pianificazione nei beni e nei più problematici circondari», sottolinea nel suo discorso. E continua: «L’azione del FAI si fa sempre più necessaria e urgente. Il FAI è consapevole di ciò e conta di attrezzarsi nelle competenze e nelle azioni al riguardo». La battaglia per l’ambiente quindi, “si arma” di nuovi strumenti, si affianca alle già esistenti associazioni ambientaliste nella tutela del paesaggio, del patrimonio storico e artistico e quindi ambientale per difendere quello che definisce il “paese più bello del mondo”. E conclude: «A ciascuno il suo, a seconda della vocazione e della missione, ma tutti uniti per cui, tramite i vari spicchi, possiamo ricomporre l’arancio intero».
10.35 Massimo Recalcati, psicanalista – Il trauma e la ripartenza
10.50 Salvatore Veca, filosofo – Due immagini della Cultura
Il grande filosofo è coinvolto personalmente nel Fai, nel delicato ruolo di presidente dei garanti della fondazione. Veca ha affrontato i temi della interazione tra saperi, della interpretazione prevalente e della funzione della cultura in rapporto alla formazione e all’educazione delle persone. Veca riprende due immagini che consentono di riflettere sulla cultura del 21 secolo. Secondo il filosofo, dopo la pandemia, quando saremo chiamati tutti a una rigenerazione della cultura e della formazione, dovremo mettere al centro l’importanza di tutti i saperi. Veca chiama in causa il sociologo Alessandro Pizzorno e la sua definizione di “sapere utile“, cioè quell’informazione che ci permette di risolvere problemi. «In questa prospettiva il sapere utile – dice Veca – non si riferisce solo alle discipline stem (Science, technology, engineering and mathematics). La separazione tra sapere umanistico e scientifico, divisione che ha radici lontane, è un grande danno. Ma il sapere utile include buona parte dei saperi umani non solo quelli tecnologici». Superare dunque questa divisione in una visione futura è importante perché la cultura scientifica non è il solo tipo di cultura di cui avremo bisogno.
La rigenerazione del post pandemia, secondo Veca, passa dalla formazione e dall’educazione che non può essere orientata solo al problem solving, perché l’addestramento al sapere utile azzera il retaggio culturale delle diversità. «Il sapere interpretativo nella sua solitudine finisce sotto la condanna di un post modernismo estenuato» dice il filosofo, richiamando Friedrich Nietzsche e la sua massima “non vi sono fatti ma solo interpretazioni”. «Educare persone a una cultura che comprenda tutti saperi e visionari che sanno cosa vuol dire fare i conti. L’interazione tra le due immagini porta al pluralismo dei saperi».
11.05 Guido Tonelli, professore di Fisica, Università di Pisa e Senior Scientist presso il CERN di Ginevra
Il fisico Guido Tonelli inizia da una premessa: noi sapiens siamo qui da alcune centinaia di migliaia d’anni e rappresentiamo una specie che ha occupato le nicchie del pianeta con due strumenti, la conoscenza e la cultura. La domanda che si è posto il fisico è la seguente: ma siamo così sicuri che siamo noi i primi ad aver usato il simbolico della cultura come strumento? «Noi sapiens siamo eredi di migliaia di generazioni – risponde Tonelli – che avevano già elaborato molti strumenti che non sono prerogativa dei sapiens. Il simbolico, l‘arte, la bellezza li abbiamo ereditati da loro. I neanderthal facevano riti funebri simbolici sviluppati, disegnavano nelle caverne».
Tonelli immagina che in quelle caverne lontane sia nato il primo racconto delle origini. La narrazione che oggi noi sapiens tanto sbandieriamo, come elemento in grado di sedimentare il sapere delle comunità, non è dunque una nostra prerogativa. «I nostri progenitori avevano già capito che la comunità si tiene insieme con un racconto, sviluppando la concezione del bello e della rappresentazione».
I neanderthaliani indaffarati a sopravvivere non avrebbero perso tempo in riti e in opere d’arte se queste non fossero state funzionali all’esistenza della comunità a cui appartenevano. E a proposito dell’integrazione di saperi il fisico si gioca la carta dell’antropologia. «Gli antropologi – sottolinea Tonelli – hanno spiegato che tutte le comunità hanno sviluppato un racconto della propria genesi che diventa struttura portante della comunità e un forte legame culturale permette alle comunità di essere resilienti e di rispondere anche agli eventi catastrofici del mondo. Noi siamo qui oggi perché siamo eredi di quelle generazioni che hanno costruito quella cultura che ci permette di vivere nel mondo». «La rottura dell’armonia tra saperi è recente, circa un secolo e mezzo fa – conclude Tonelli – La velocità della scienza e il prevalere del pragmatismo anglosassone – ricordiamo che gli inglesi non hanno avuto il Rinascimento- che ha generato la parcellizzazione dei saperi, oggi sono del tutto inadeguati e pericolosi».
11.20 Telmo Pievani, Professore di Filosofia delle Scienze Biologiche, Università di Padova – L’intreccio di Natura e Cultura nell’evoluzione umana
Telmo Pievani introduce il suo discorso partendo da una provocazione: un recente articolo comparso sulla rivista Nature ha calcolato il peso di ciò che è stato costruito dall’uomo ed è oggi in uso, in termini tecnici ha misurato la massa antropogenica. «Nel 2020 – ha spiegato Pievani – questa massa ha superato la biomassa cioè la massa di tutti gli esseri viventi presenti sulla terra. Nel 1900 la massa antropogenica era solo il 3 per cento rispetto alla biomassa». Gli esempi aiutano molto a capire la portata dell’osservazione di Pievani: l’insieme di tutti i rinoceronti bianchi pesa come la torre Eiffel, il peso di tutti i pesci del mare equivale al peso di New York.
«Noi essere umani – ha sottolineato il filosofo – abbiamo imparato a trasformare il mondo per le nostre finalità. All’inizio questa dinamica era minima, oggi non lo è più. È una dinamica ricorsiva: io essere umano modifico il mondo intorno a me poi mi devo adattare a quel mondo. Non sono sicuro però che chi verra dopo sarà in grado di adattarsi a questo mondo».
La nostra sfida alla natura, secondo Pievani, non è del tutto negativa, però come ogni processo ambivalente è in crisi e siamo in una situazione in cui paghiamo caro gli effetti distruttivi e ricorsivi. «Negli ultimi 50 anni, abbiamo ridotto dell’83% le biodiversità delle acque dolci, le pandemie sono più ricorrenti e violente rispetto a prima. Tutti segni evidenti della crisi e del fatto che l’evoluzione biologica e culturale sono profondamente intrecciate. Non è possibile tornare a una natura vergine, la natura siamo noi. La categoria giusta per inquadrare quanto sta accadendo non è castigo o colpa, ma responsabilità».
Qualche buona notizia c’è e Pievani la racconta con passione: l’Italia è in una posizione di leadership a livello internazionale perché noi siamo il paese con la più alta biodiversità in Europa. «Questo lo dobbiamo alla nostra storia, perché siamo il paese con la più alta diversità bioculturale. Mi piace la definizione di ecologismo umanista e lavorare per la difesa dell’ambiente rappresenta una grande impresa umanista».
11.35 Alberto Magnaghi, presidente della Società dei territorialisti e delle territorialiste – La coscienza di luogo per la cura dell’Ambiente dell’Uomo
Magnaghi parte dal concetto di “coscienza di luogo“. Un concetto non semplice perché si riferisce a un ecosistema vivente ad alta complessità. «C’è stato un processo co-evolutivo che ha prodotto qualcosa di nuovo – dice Magnaghi – Parlo della nascita continua di ecosistemi viventi, che essendo tali possono anche morire. Questo va tenuto ben presente perché negli ultimi due secoli questa co-evoluzione è stata distrutta».
L’urbanista usa la metafora del bambino e la applica al territorio che, come il bambino, ha identità e specificità. «Dobbiamo pensare a un mondo plurale fatto di luoghi diversi, dove convergono saperi, pratiche e culture. I territori sono spazi viventi e innovativi, ma il senso di un territorio dipende da come è stato prodotto».
Il luogo è un paesaggio che va decodificato e letto dinamicamente, mentre la coscienza di luogo indica il percorso che dobbiamo fare per recuperare la capacità di interpretazione di quel luogo, a maggior ragione quando non c’è più. «Bisogna trovare strumenti e forme per reinterpretare i luoghi – spiega Magnaghi -. La crescita della coscienza di luogo è quella che ha generato i nostri paesaggi e territori. La capacità di abitare richiede questa coscienza per poterlo trattare e gestire con le sue regole perché quello che calpestiamo non è un paesaggio costruito da noi ma è stato costruito nel corso dei secoli». Conoscere le regole sedimentate nel tempo diventa dunque essenziale per la costruzione di una nuova civilizzazione».
11.50 Michele Pontecorvo Ricciardi, vice presidente Ferrarelle spa
Pomeriggio
17.05 Daniela Bruno, vice direttrice generale FAI per gli Affari Culturali – La nuova dimensione culturale del FAI
Cosa faremo di nuovo e di diverso per dare il nostro contributo alla costruzione di un rapporto più equilibrato tra uomo e atura su cui si fonda la salute dell’ambiente, ovvero anche la nostra?
Questa la domanda a cui ha risposto Daniela Bruno, vice direttrice generale FAI, per introdurre il suo intervento e sottolineando che il Fai ha un suo programma per la transizione ecologica, che segue gli obiettivi dell’agenda ONU al 2030. L’impegno è quindi quello di contenere le emissioni di CO2, ridurre i consumi energetici e compensandoli, risparmiare acqua, ottimizzare il ciclo dei rifiuti riducendo e valorizzando gli scarti nei cantieri e in agricoltura. Inoltre, si parla di colonnine per incentivare la mobilità elettrica, piccoli impianti per la produzione energetica da rinnovabili. «Applichiamo a monumenti e paesaggi storici che tuteliamo il massimo dell’innovazione per la sostenibilità, senza dimenticare le pratiche tradizionali dell’economia domestica, che spesso si rivelano di uguale efficienza e di ancor più alto valore educativo», spiega Bruno ricordando anche l’iniziativa che è stata già apportata ai Beni quando hanno riaperto dopo il lockdown, dove i termostati sono stati tenuti a 17 gradi e le luci spende di giorno. Un’economia “domestica” ma essenziale per andare incontro all’ambiente. Daniela Bruno ha poi annunciato che tra le azioni che verranno messe in campo nei Beni del Fai, a cominciare da Villa Necchi a Milano, ci sarà quella che prevede l’allestimento di uno spazio apposito per raccontare il rapporto del Fai con l’Ambiente.
È necessario infatti, ristabilire un rapporto tra l’uomo e la natura. Un rapporto diretto che seppur dato per scontato in molti casi non è così. Daniela Bruno durante la presentazione ha mostrato uno studio commissionato dal “gemello inglese” del Fai, il National Trust, all’Università di Derby dove emerge che il rapporto degli inglesi con la Natura tende a zero, soprattutto nelle giovani generazioni. Leggere un libro in un parco, fare una passeggiata, ascoltare gli uccelli cantari sono azioni estranee alla quotidianità mentre dovrebbero essere momenti essenziali, non solo per il benessere fisico ma perché permettono una conoscenza dell’ambiente e del suo valore, quindi il suo rispetto. Un concetto ben espresso durante le Giornate Fai di Primavera dove l’amore per l’ambiente e il patrimonio sono valori essenziali.
Daniela Bruno spiega che servirebbe quindi una nuova etica, dove il rispetto dall’ambiente inizia dal piccolo, dai giardini di casa, per poi essere ampliato al tutto in una concezione dell’ambiente unanime. La sfida del Fai dunque, è quella di partire dai suoi beni, dai suoi luoghi, dai suoi eventi, in presenza e online, per diffondere sempre di più una cultura per il bene dell’ambiente, in tutto il suo complesso e attraverso la conoscenza e la diffusione di tutte le discipline possibili. «Per riaprire gli occhi e agire serve allora un cambio di paradigma culturale, una cultura che ci permetta di percepire e comprendere l’ecosistema complesso di cui siamo parte. E’ questa la nuova dimensione della missione culturale del FAI», ha concluso.
17.20 Giorgio Vacchiano, ricercatore in Scienze forestali, Università degli Studi di Milano Alberi e boschi: come prendersi cura dell’ecosistema forestale
Il professor Giorgio Vacchiano, secondo The Nature uno degli 11 scienziati emergenti al mondo, è famoso per aver raccontato attraverso i suoi studi come alberi e foreste reagiscono al cambiamento climatico. A lui il FAI ha chiesto una riflessione sui boschi di prossimità, che circondano le nostre città e sono a volte considerati, a torto, dei non- luoghi.
“Domani 21 marzo è la giornata mondiale delle foreste. L’invito è quello di concentrarsi sulle connessioni che questi luoghi, scampoli delle aree urbane, possono avere con la nostra vita”. Lo studioso ha ripercorso l’ancestrale rapporto con gli alberi e il modo in cui ancora oggi le foreste abbiano un ruolo da protagonista nelle nostre vite. Dallo svago del week end alle nostre tradizioni, le foreste del mondo risentono delle attività antropiche. “Il mondo è diviso in due: al sud domina la deforestazione per fare spazio ad altri usi del suolo. Ma dalla nostra parte del mondo cosa avviene? Le foreste sono in leggera espansione, con l’Italia al decimo posto del mondo per espansione delle foreste. Ci sono vantaggi interessanti, in Europa il fenomeno è particolarmente veloce: 800’000 ettari nuovi all’anno in Europa, nati spontaneamente dall’abbandono di aree precedentemente sfruttate dall’uomo. L’avanzata del bosco delle volte non solo è un’opportunità ma può essere avvertita come minaccia per chi abita quei luoghi, come in alta montagna dove questo va a sostituirsi (o meglio riprendersi) terrazzamenti o vecchi pascoli.”
Tanti però i vantaggi in termini ecosistemici: corridoi ecologici per la fauna selvatica, mitigazione dell’impatto dei cambiamenti climatici e polmoni verdi delle città. E’ importate riscoprire questi boschi residuali, secondo il professor Vacchiano, trasformarli in oasi verdi ricche di servizi per il benessere della comunità urbana.
Tanti gli esempi delle città che stanno investendo in questa direzione: dalla città di Boston, che con il suo piano urbanistico vuol far si che nessun cittadino abiti a più di 550 metri da un’area verde. A Berlino le hanno collegate, organizzando percorsi escursionistici all’interno delle città. In Italia abbiamo per esempio la “Foresta modello delle montagne di Firenze” nata “dal basso” da un gruppo di cittadini, proprietari di aree boschive, che hanno creato un’associazione per tutelare l’area dal consumo di suolo e migliorarne la fruibilità da parte della comunità. Vi è poi la start up “Forest Sharing” lanciata dall’Università di Firenze, che vuole raggruppare tutti i proprietari terrieri di aree boschive. Un’associazione per gestire dal basso i terreni volta alla tutela della biodiversità, che possa creare un legame fra l’inizio e la fine della filiera.
Cambiare il punto di vista, quindi. E imparare a rendersi conto che dal benessere delle aree verdi che ci circondano dipende in prima istanza anche il nostro.
17.30 Daniela Ducato, imprenditrice co-fondatrice Edizero Industrie Verdi – Il ruolo dell’imprenditoria per l’Ambiente
Daniela Ducato, imprenditrice co-fondatrice Edizero Industrie Verdi, ha portato l’esempio concreto della sua terra. Nel 2008 è stata premiata dal Fortune come imprenditrice più innovativa d’Italia, per il suo contribuito alle nascita delle industrie verdi in campo edilizio. In Sardegna realizza, da prodotti di scarto riconvertiti, biomateriali specifici per edilizia, moda, abbigliamento.
Da Guspini, piccolo comune nel cuore della Sardegna mineraria, Daniela Ducato ha mostrato “le nuove miniere”: quei materiali solitamente ritenuti di scarto, che grazie a tecnologie innovative si trasformano in terra fertile. “Possiamo chiamarli scarti ma dobbiamo restituire a questa parola il suo valore. Gli scarti sono la nostra salvezza: prendiamo il sughero “scartato” dalla lavorazione del sughero da cui si possono realizzare materiali isolanti per l’edilizia. Si possono sostituire i derivati petrolchimici con la canapa e materiali che azzerano il contenuto di petrolio, l’uso di acqua, gli inquinanti. Sono materiali che innalzano la percentuale di ambiente sano.” “I materiali dell’edilizia diventano racconto di agricoltura”, ha proseguito Ducato, “Produrre senza depredare l’ambiente? Si può fare. Fare industria pulita è possibile. Questo deve essere il nuovo orientamento, anche legislativo. Che invece concede ancora maglie larghe, in una società dove è dato per scontato che l’industria sia rumorosa, cementificata, sporca, “cattiva”. In Italia l’80% degli ambienti industriali sono anonimi e periferici, come se produrre equivalesse per forza al sacrificio dei luoghi e della salute, dove tutto è anonimo. Uscire dall’anonimato per restituire identità al mondo industriale”.
Guspini è così il paese con il più alto numero di intitolazioni di aree industriali a donne: cinquanta fra donne e scienziate di ogni parte del mondo, che hanno aperto strade nuove, oggi danno il nome a Piazze, laboratori e strade. E’ il primo ambiente industriale al mondo “pesticidi-free”, il diserbo non esiste più. Le erbe infestanti sono risorse economiche e si respira aria pulita. Guspini è anche gemellata con Paperopoli, su iniziativa dei bambini e delle bambine del paese, perché “la fantasia apre sempre nuove strade”.
17.40 Caterina La Porta, Professoressa di Patologia generale, Dip. Scienze e Politiche Ambientali, Università degli Studi di Milano La salute globale
Il programma ha subito poi una piccola modifica e Caterina La Porta, Professoressa di Patologia generale, Dip. Scienze e Politiche Ambientali, Università degli Studi di Milano, ha anticipato l’intervento di Emanuela Colombo.
Selezionata come una delle 100 scienziate più importante di Italia, la Professoressa La Porta da cinque anni si occupa della comprensione della eterogeneità del cancro, ossia del rapporto fra ambiente e salute. “Ho il compito di darvi spunti di riflessione sulla salute globale”, ha detto la studiosa in apertura al suo discorso, che ha spiegato come il concetto di “salute” sia molto cambiato grazie al progresso scientifico degli ultimi due secoli. Così la salute si è evoluta dall’essere “l’assenza di malattia” a “benessere fisico”, che poneva l’uomo al centro fino ai primi anni del nuovo millennio. “Abbiamo così avuto grandi specializzazioni in ambiti specifici, mentre l’evoluzione tecnologica ci portava alla macro elaborazione di dati, che anche prima venivano immagazzinati ma non elaborati. Oggi con i computer posiamo processarli e creare dei network, anche dal punto di vista biomedico. Il concetto di salute si è evoluto e oggi siamo consci che dobbiamo rapportarci con tutti i sistemi del globo per affrontalo. Per questo cultura, benessere, ambiente, società sono e devono essere collegati”.
17.50 Emanuela Colombo, Professoressa di Fisica Tecnica Industriale, Dip. Energia, Politecnico di Milano Transizione energetica ed equità per le Persone e per il Pianeta
La Professoressa ha raccontato le interazioni fra energia, ambiente e sviluppo sostenibile, che nei suoi studi ha affrontato anche da un punto di vista etico.
L’Energia è stata elemento chiave della prosperità, dalla scoperta del fuoco in avanti. Dall’energia sono dipese le arti e il pensiero filosofico. L’emergenza legata al Covid 19 ce lo ha confermato: con l’energia abbiamo avuto ospedali che lavoravano, si è potuto ricorrere allo smartworking e salvaguardare, anche le attività sociali.
La Professoressa ha sottolineato come l’energia debba essere un fine e non solo un mezzo, dello sviluppo sostenibile. “Siamo ad un punto di svolta, l’energia è fondamentale per la nostra vita, per la crescita economica e lo sviluppo. Allo stesso tempo capiamo come questa capacità energivora dell’umanità vada rivista e diminuita. Innanzitutto non c’è una correlazione scontata fra maggiore energia e maggiore benessere, proprio perché un ambiente deteriorato è un ambiente che mina il benessere sociale. Se questo è vero per i paesi poveri, dove il non accesso all’energia è uguale a meno sviluppo, in quelli dove il benessere è più alto è l’efficienza energetica – quindi non il maggior consumo – che accompagna la crescita del benessere sociale. E’ un diritto strumentale, che consente l’accesso ad altri diritti; motivo per cui andrebbe annoverata fra i diritti indispensabili. E se non lo è per molti paesi in via di sviluppo, anche – inaspettatamente – per una percentuale elevata di cittadini di paesi industrializzati si parla di accesso limitato all’energia”. In Europa per esempio il 10 % dei cittadini, più per problemi più di reddito che di infrastrutture, rischia di trovarsi in una situazione di deficit energetico.
Il futuro dunque qual è? “Ci sono aspetti positivi, abbiamo una penetrazione più elevata delle rinnovabili in futuro. Ma non dobbiamo dimenticare i rischi sempre connessi allo sviluppo energetico:
- investimento maggiore nel settore energetico, non accompagnato da efficentamento
- ambientale: sarà necessario guardare alle nuove tecnologie per scongiurarlo
- sociale, che deve far mirare ad una transizione energetica che non aumenti il divario fra la fascia ricca e quella povera della comunità.”
La docente ha concluso il suo intervento auspicando “Uno sviluppo energetico non ideologico, che rispetti i limiti del pianeta. E che ricordi il ruolo di ogni singolo cittadino in questo percorso”.
18.00 Marco Magnifico, Vice Presidente Esecutivo FAI – Monache e rondini
Marco Magnifico, vice presidente esecutivo del Fai inizia il suo intervento ricordando gli albori del Fai e il suo percorso di crescita. «Abbiamo iniziato in cinque impiegati con appena tre o quattro Beni da restaurare e gestire», spiega sottolineando quanto sia cambiata l’Italia da allora, oggi più consapevole dei problemi ambientali che sta vivendo, ma non ancora abbastanza.
Magnifico ricorda che all’inizio la vera criticità era rappresentata dal progressivo stato di abbandono dei monumenti e la continua “rapina” del paesaggio italiano: «La prima emergenza è oggi assai meno drammatica ma per la seconda lo stato di allarme non è calato». La missione del Fai è stata chiara fin dall’inizio, tutelare il patrimonio culturale a ambientale italiano in tutto il suo complesso. Dai monumenti ai parchi, dai castelli alle ville. Magnifico torna indietro nel tempo e traccia una linea temporale che arriva fino ad oggi. Ricorda come il Fai sia riuscito a bloccare uno scempio alla bassa val Lagarina, dominata dal castello di Avio o nel grandioso anfiteatro morenico della Serra di Ivrea, dominato dal castello di Masino. E ancora il restauro di Torba, il recupero degli oliveti abbandonati e di boschi degradati da Assisi alla baia di Jeranto, fino ad arrivare a parlare del recente progetto di Case Lovara a Punta Mesco, una piccola azienda agricola abbandonata tra Levanto e Monterosso nelle Cinque Terre.
Ma come possiamo migliorare? Come lasciare un futuro migliore? Come possiamo vincere la madre di tutte le battaglie, quelle al cambiamento climatico? Si chiede e spiega:«Ci siamo resi conto di avere un enorme, in parte nuovo, lavoro da fare in questo senso; dobbiamo essere più espliciti e multidisciplinari nel raccontare a chi ci segue la storia, le componenti e le fragilità dell’ambiente in cui viviamo». Il patrimonio culturale del Fai è ampissimo, variegato e ricco di così tanta storia, cultura, tradizione da scoprire in ogni luogo in tutta la sua bellezze.
Conclude Magnifico: «Domani è primavera; il futuro del pianeta dipende anche dalla salute delle rondini che all’ambiente di Torba danno vita con il loro garrire. Fino a un po’ di tempo fa non ci avevamo pensato. Ora si. Monache e rondini; storia e natura; per una tutela, una valorizzazione e un racconto completo dell’Ambiente Italiano».
Conclusioni
18.15 Dario Franceschini, Ministro della Cultura
In conclusione l’intervento del ministro della Cultura, Dario Franceschini che dopo essersi complimentato per gli interventi della giornata ha spiegato: «Riconosco in modo sincero e autentico che molte delle cose che ho fatto, le ho fatto perché il Fai per primo mi ha indicato la strada, questo anche perché ha sempre parlato di ambiente nel senso più ampio di quanto siamo soliti fare».
Franceschini parla poi delle politiche messe in campo a livello nazionale e europeo: «La decisione del presidente del Consiglio Mario Draghi di introdurre un ministro per la Transazione Ecologica è importante, ci permette di mettere in campo scelte trasversali per la salvaguardia dell’ambiente». Ricorda quindi: «Stiamo lavorando al Recovery Plan e sono molte le risorse messe in campo, per l’ambiente, per i parchi, i cammini, i giardini ma anche i piccoli borghi, luoghi da valorizzare. Penso che per tutto il mondo sia importante mettere in campo scelte per le risorse naturali, ma per noi c’è un motivo in più: abbiamo un dovere costituzionale, penso all’art.9, ma anche perché la ricchezza e la bellezza del nostro Paese ci permette di esser competitivi a livello globale. La tutela del nostro patrimonio permette una crescita economica sostenibile intelligente». Sottolinea poi: «In Italia abbiamo luoghi bellissimi, alcuni naturali, altri plasmati dalla mano dell’uomo. Penso alla Val Dorcia, ad esempio, dove il paesaggio è plasmato dall’agricoltura rurale. Anche quelli sono luoghi e tradizioni da tutelare, così come i beni immateriali, come i mestieri antichi».
Infine, il presidente del Fai Andrea Carandini ha lanciato un appello al ministro Franceschini, ricordando l’essenzialità delle Giornate Fai di Primavera per la sopravvivenza del Fai (già saltate lo scorso anno), ma anche la difficoltà che la fondazione sta vivendo a causa dell’emergenza. Franceschini spiega: «Ora è il momento di pensare all’attraversamento (riferendosi al superamento della pandemia), ma non dimenticheremo nessuno».
IL CONVEGNO NAZIONALE DEL FAI CONTINUA
Il convegno, il primo della Fondazione in edizione interamente digitale, proseguirà durante la settimana, vedrà un altro importante appuntamento per tutta la Rete territoriale sabato 27 marzo e si concluderà mercoledì 31 marzo, a seguito di incontri operativi con i Delegati (20 marzo 2021, Sessione Plenaria, webinar in diretta; 22-26 marzo 2021, Incontri a tema per i Delegati e Volontari FAI, 27 marzo 2021, sessione webinar di aggiornamento sul FAI per la Rete territoriale, 29-31 marzo incontri di approfondimento per Gruppi e Delegazioni) e prevede 48 interventi totali e 24 ospiti relatori, alla presenza di migliaia di persone da tutta Italia.
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