23 luglio 1929: il sandwich diventa “traidue”

L'aperitivo al “quisibeve” (tradotto: bar) se Mussolini avesse vinto la guerra. Ma già dieci anni prima dello scoppio del conflitto una commissione di esperti sfornò i neologismi cari a Marinetti

quisibeve futurismoCara, verresti al ‘pranzoalsole’ con me, domenica?”.
Oppure: “Dopo il secondo, come ‘peralzarsi’ prendo una crostata”.
Ecco due esempi di come la storia (che, beninteso, non si fa né coi se, né coi ma) avrebbe cambiato anche il nostro modo di parlare qualora il regime di Mussolini avesse vinto la guerra e si fosse imposto – molto improbabilmente – in maniera autonoma dal punto di vista politico e soprattutto culturale nell’Europa post bellica.
Quindi ecco il ‘peralzarsi’ al posto del dessert, ma anche il ‘pranzolasole’ per indicare il pic-nic, e tante altre vere e proprie chicche.
C’era, per esempio, chi fu costretto a cambiare il nome della figlia e a renderlo più italiano, accompagnando per esempio l’anglofono Wilma, col più mite e italianissimo Rosina.
Il 23 luglio 1929 il fascismo bandì infatti l’uso dell’inglese nella lingua scritta e parlata. Per realizzare un breviario delle parole italianizzate venne istituita una apposita commissione nata in seno all’Accademia Reale d’Italia, destinata “all’alta cultura e al controllo degli intellettuali più rappresentativi” (1).
La commissione venne costituita appunto in quell’anno e un gruppo di intellettuali, tra cui figurava anche Filippo Tommaso Marinetti, inventore del futurismo (ma non era cosmopolita?) lavorò diversi anni al progetto, facendo partorire termini che oggi suonano ridicoli.
Ecco i marrons glacés che diventano ‘castagne candite’, il barman diventa ‘mescitore’ e il bar, di conseguenza, ‘quisibeve’. E via di seguito: “mélange?” via, meglio ‘miscela’ e il sandwitch diventa ‘traidue’, il purè ‘poltiglia’ e il cocktail ‘polibibita’.
Per fortuna, come in molte manifestazioni “culturali” del fascismo, anche queste novità vennero accolte solo in occasioni ufficiali e con atteggiamento di facciata, tant’è che nel dopoguerra i neologismi presi da linguaggio straniero dilagarono. Forse per preservare la lingua ci vorrebbe qualche libro letto in più, senza arrivare ad indossare ancora il fez.

(1) Filippo Tommaso Marinetti. Invenzioni, avventure e passioni di un rivoluzionario, Giordano Bruno Guerri, 2009, Mondadori, pag. 230-231

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Pubblicato il 23 Luglio 2010
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