Le prime indagini sulla tragedia di Monteviasco ricostruite in aula nel processo a Varese

Il racconto dei primi testimoni che hanno operato sul posto dopo la tragedia del novembre 2018: il sequestro dell’impianto e la “scatola nera”

processo monteviasco funivia

Dieci imputati per omicidio colposo alla funivia di Monteviasco: la prima udienza del dibattimento (dopo il proscioglimento di un undicesimo imputato in fase preliminare) si è aperta giovedì – 21 aprile – nel primo pomeriggio col pubblico ministero Valeria Anna Zini che ha chiesto preliminarmente di ordinare i capi d’imputazione, passaggio tecnico dinanzi al giudice monocratico Marcello Buffa.

Per primo è stato sentito un operante che coordino’ chi arrivò sul posto quel lunedì pomeriggio del novembre del 2018, il luogotenente Gianpaolo Paolocci, alla guida della stazione di Dumenza. “Verso le 15 la centrale ci ha allertato per un incidente a Curiglia con Monteviasco, un infortunio sul lavoro. Il corpo di un uomo era incastrato tra la cabina e la passerella”. È quello il primo ricordo che il militare ha dell’infortunio avvenuto nella stazione di valle, dove scese a piedi il macchinista che venne subito sentito dopo la tragedia assieme a un’impiegata.

«Successivamente – ha raccontato il militare – sono state acquisite le informazioni sul soggetto giuridico che si occupava della gestione dell’impianto. Sono stati acquisiti un cd di registrazioni e il rapportino di servizio del 118, oltre all’esame del sangue del macchinista. Nei giorni successivi l’impianto venne sottoposto a sequestro come la radio con cui manovratore e manutentore si parlavano. Poi, oltre ai tabulati telefonici, è stata portata a valle anche la “scatola nera” dell’impianto».

Uno dei tasselli mancanti legati agli elementi utili per fare chiarezza sulla dinamica dell’accaduto è costituito dalle immagini delle telecamere, non disponibili – ha continuato il carabinieri –  poiché l’impianto non le aveva acquisite. Sempre sul fronte degli operanti nelle prossime udienze verranno ascoltati anche altri militari che sono arrivati sul posto appena dopo l’intervento dei vigili del fuoco.

L’altro teste della giornata è stato il dottor Cesare Garberi, medico legale chiamato sul posto che arrivò alla cabina di valle attorno alle 18 e si trovò di fronte la scena, ricostruita nei minimi dettagli durante il lungo racconto fatto in aula. Garberi ha pure assistito allo spostamento del cadavere e alla sua ricomposizione eseguendo successivamente l’esame autoptico da cui è confermata la morte per  causa asfittica dovuta all’esercizio di una forza notevole: il povero manutentore è stato schiacciato dalla forza esercitata dall’imbracatura rimasta impigliata in un predellino mentre l’impianto era in funzione, un imbrago «trasformatosi in una trappola mortale», ha spiegato il perito, che non ha lasciato scampo all’uomo, morto «rapidamente». Alla domanda del pubblico ministero circa la possibilità di eseguire analisi alcolemiche sui tessuti della vittima repertati, il medico legale ha risposto positivamente: «Sono conservati a -20 e possono venir analizzati». Nelle prossime udienze (26 maggio) verranno sentiti anche il macchinista, risultato positivo all’alcool test eseguito dai carabinieri successivamente all’infortunio mortale (ma non imputato) e una impiegata dalla funivia, entrambi presenti il giorno della tragedia.

Inizia così il processo per i fatti del novembre 2018 che causarono la morte di Silvano Dellea, lo storico manutentore dell’impianto. Un processo importante per accertare le responsabilità ma certamente anche per un fatto doloroso per l’intera comunità che ancora oggi, da quanto accaduto, sta pagando le conseguenze dello stop all’impianto che è vicinissimo alla riapertura completati gli interventi per la mesa in sicurezza e l’adeguamento, ma ancora in forse per vi della mancanza dei soggetti che dovranno gestire la funivia: deserta anche l’ultima manifestazione di interesse, la sesta, di pochi giorni fa.

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Pubblicato il 21 Aprile 2022
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