Gli uccelli di fuoco della Mahavishnu Orchestra
Purtroppo, almeno in studio, fu l’ultimo disco della formazione originale.
Avevamo visto come la Mahavishnu, pur suonando un genere che non si poteva definire rock, fosse riuscita a sfondare su questo mercato, realizzando un po’ il sogno che non riuscì mai a Miles Davis, che del jazz rock fu di fatto l’inventore. Spiegarne le ragioni non è facile, ma certamente il fatto che il leader incontrastato suonasse divinamente uno strumento simbolo del rock come la chitarra elettrica – senza dimenticare la batteria di Cobham – ebbe un ruolo fondamentale. Ma il suo essere leader incontrastato alla lunga mandò in crisi l’unità del gruppo, che non era certo fatto da comprimari. Morale: dopo un live ci fu un tentativo abortito di terzo album in studio che naufragò (uscì anni dopo come The lost Trident sessions) e leggenda vuole che i musicisti terminarono le sessions senza nemmeno salutarsi. Non fu la fine della Mahavishnu, poiché McLaughlin, un po’ come Fripp coi King Crimson, negli anni successivi la riformò restando solo lui come membro originale e facendo lavori anche interessanti. Ma questo Birds of fire, per molti migliore del primo, è certamente un disco da conoscere.
Curiosità: come dicevamo all’inizio, è difficile capire come la Mahavishnu fosse diventata così popolare presso il grande pubblico del rock. Ancora più difficile doveva essere per gli impresari metterli insieme con un minimo di coerenza a dei gruppi di supporto: il fatto che fra questi ci siano stati gli Aerosmith e gli Eagles la dice lunga!
La rubrica 50 anni fa la musica
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