Giornalisti a Varese, i migliori anni della nostra vita
Di Pierfausto Vedani
Non è raro che in aziende private e in istituzioni pubbliche si formino- spontaneamente o per le capacità organizzative dei responsabili – gruppi di lavoro in grado di offrire per anni un rendimento altissimo nel segno di un grande senso del dovere accompagnato dalla piena condivisione di valori come il rispetto, l’amicizia, la correttezza, l’attenzione sempre e comunque ai risvolti umani di qualsiasi situazione.
55 anni di una buona conoscenza, anche a livello nazionale, degli ambienti giornalistici mi permettono di dire che certamente è rara la vicenda della "Prealpina" ricordata da Massimo Lodi senza toni elegiaci, con una misura esemplare e con amore per la verità.
Mario Lodi aveva costruito la sua squadra nel giro di qualche anno avendo cura dei distacchi generazionali e delle caratteristiche dei singoli redattori ai quali chiedeva impegno e serenità garantendo la fiducia. Così senza essere dei fenomeni abbiamo dato alla città un giornale dignitoso, ricco di equilibrio, stando sempre a testa alta anche dopo l’attacco dei terroristi (fucilata contro la sede e molte minacce).
Eravamo una banda prima ancora che una redazione, abile nella guerriglia contro il retrivo conservatorismo di alcuni potentati economici e politici. In anni di grandi fermenti dovevamo salvare l’interesse dei lettori e fare quadrato attorno al direttore. Abbiano ottenuto eccellenti risultati: ricorrendo a umorismo, ironia e a volte alla durezza della satira abbiamo conquistato spazio prezioso di agibilità e molti consensi: l’aiuto e la scuola di Morgione ci avevano trasformati in temute zanzare; sconfiggendo poi un nuovo quotidiano apparso sul mercato locale decollammo verso il raddoppio delle vendite, ma senza montarci la testa, continuando a lavorare bene avendo la consapevolezza che dal punto di vista professionale noi si stesse vivendo i migliori anni della nostra vita. Tutto finì quando Mario Lodi lasciò la direzione: il giornale sarebbe ritornato alla normalità di 24 anni prima, una normalità presente da sempre nelle altre testate, grandi e piccole, che si manifesta in modi diversi. L’impatto iniziale per noi del team lasciato da Mario Lodi non fu una sorpresa, già sapevamo che la nostra vicenda rappresentava un’eccezione. E tale era stata anche nel rapporto con i proprietari, che ci avevano subito apprezzati.
Una sera a "Rete 55" a un dibattito presente Cicciolina, regina dell’amore, partecipò anche un deputato che si impegnò in un tentativo-frana di conversione dell’ospite. Il commento alla serata apparso sulla Prealpina terminava così: «Abbiamo avuto la conferma che si tratta di un onorevole dc. Di Cicciolina.»
Il giorno successivo, alle 8, il, presidente del giornale, Stefano Ferrario, mi ribalta con una telefonata di fuoco ricordandomi il suo amore per Busto Arsizio, il dovuto rispetto per i bustesi al servizio della città e via di questo passo. Non avevo smaltito gli effetti del ciclone quando suonò di nuovo il telefono: «Sono ancora il presidente, avrà capito che c’era qui con me l’onorevole, mi raccomando, continui così, continui così!»
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