La scoperta delle onde gravitazionali di Einstein

Fabrizio Toia, fisico e socio della Società Astronomica Schiaparelli, spiega i dettagli di un importante passo avanti in ambito astronomico-cosmologico, effettuata da un'Università americana

Il 17 Marzo sarà considerata dalla comunità dei fisici una data storica: le misure della radiazione cosmica di fondo effettuate dal radiotelescopio BICEP 2 (situato nella base americana del polo Sud) e annunciate all’Università di Harvard (Stati Uniti) confermano in modo diretto la teoria dell’inflazione cosmica di Alan Guth e in modo indiretto l’esistenza delle famose onde gravitazionali previste dalla teoria della relatività generale di Albert Einstein. Per capire meglio la portata di questa scoperta, e come ci si è arrivati, è necessario fare qualche passo indietro, perché tutte le scoperte della fisica e della cosmologia non nascono dal caso, ma sono il frutto di continue ricerche e sforzi mentali di grandi uomini che con intelligenza e volontà sono riusciti, passo dopo passo, a svelare i misteri dell’Universo in cui viviamo. Tutto iniziò nel 1916 quando il 37enne Albert Einstein pubblica l’articolo che rivoluzionerà la fisica: la “Teoria della Relatività Generale”, dove il concetto di spazio-tempo è visto come qualcosa di flessibile e deformabile, al contrario di quanto credeva Sir Isaac Newton. Nelle equazioni di Einstein si cela qualcosa di inatteso: l’Universo non è statico ma in continua espansione. Lo spazio-tempo è paragonabile ad uno specchio d’acqua, nel quale stelle e galassie giocano il ruolo di sassi: come questi ultimi se gettati in uno stagno producono onde d’acqua, cosi stelle e galassie possono perturbare lo “spazio-tempo” e creare onde gravitazionali.

A quel tempo Einstein non confidava nell’espansione dell’Universo, ma si dovette ricredere quando Edwin Hubble, nel 1929, portò le prime prove dirette di questa espansione. Se l’Universo si espande, automaticamente dobbiamo accettare che più si va indietro nel tempo più tutto era concentrato in un volume sempre più piccolo; si iniziò dunque a considerare valida l’idea del presbitero e fisico belga Georges Lemaître che, nel 1927, studiando le strane equazioni di Einstein propose l’idea della continua espansione dell’Universo, ribattezzata successivamente “la teoria del Big Bang”. Ipotesi che venne ulteriormente rafforzata quando ci si accorse che lo strano disturbo che affliggeva le misure fatte nel 1964 da Arno Penzias e Robert Woodrow Wilson con una grande radio- antenna presso i Bell Laboratory (USA) altro non era che l’impronta elettromagnetica del Big Bang ovvero, la “luce primordiale”, apparsa 300 mila anni dopo la “grande esplosione”, quando luce e materia si separarono e l’Universo divenne trasparente. Esperimenti sempre più raffinati e precisi dimostrarono che questa radiazione fossile, battezzata “radiazione cosmica di fondo”, è decisamente uniforme e non presentava disomogeneità.

Ed ecco che per spiegare tutta questa regolarità, nel 1979 il già citato Alan Guth ipotizzò che subito dopo il Big Bang l’Universo subì una forte accelerazione che spianò ogni irregolarità e portò ad un universo omogeneo. Se la teoria di Guth e le onde gravitazionali previste ed ipotizzate da Einstein fossero corrette, allora la radiazione cosmica di fondo apparirebbe polarizzata ovvero vibrerebbe in una direzione preferenziale, come succede per esempio alla luce riflessa dalla neve, dalla quale ci difendiamo appunto con occhiali polarizzati, che lasciano passare soltanto la luce che “vibra” in una ben precisa direzione.

I dati dell’esperimento BICEP 2 annunciati il 17 Marzo 2013 dall’università di Harvard dichiarano la polarizzazione della radiazione cosmica, confermando così in modo diretto l’ipotesi inflazionistica di Guth e, indirettamente, l’esistenza delle onde gravitazionali di Einstein, già confermate indirettamente anche da altri esperimenti. Gustiamoci dunque l’ennesimo passo dell’uomo verso la conoscenza dell’Universo e di tutto il Creato. 

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Pubblicato il 27 Marzo 2014
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