BTicino punta su Internet delle cose
L'azienda capofila del gruppo francese Legrand in Italia ha presentato a Milano la sua strategia in tema di oggetti connessi. L'amministratore delegato Franco Villani: «Siamo abituati a fare cose nuove perché il nostro dna è tecnologico»
All’ottavo piano del Boscolo Hotels di Milano per un giorno hanno convissuto due visioni, quella immanente del Duomo e della Madonnina e quella di Eliot, il nuovo brand del gruppo Bticino-Legrand legato allo sviluppo di Internet delle cose, definizione che indica la tecnologia che rende gli oggetti un dispositivo collegato ad internet quindi con tutte le caratteristiche che hanno gli oggetti nati per utilizzare la rete, in particolare monitoraggio e controllo a distanza. Qualche esempio: videocitofoni che interagiscono con tablet e smartphone, salvavita gestibili da remoto, cronotermostati programmabile mediante un’app, telecamere con sensore, gestione dell’illuminazione a distanza e visualizzazione dei consumi energetici.
«Eliot – ha spiegato Luigi Caricato, direttore comunicazione Bticino – è una parola che racchiude sia la radice electricity sia l’acronimo Iot, cioè internet of things». Tradizione e innovazione che si incrociano. Un passaggio quasi naturale per un gruppo industriale noto per la produzione di interruttori, quadri elettrici e dispositivi di domotica.
La scelta della casa madre francese di presentare a Milano, subito dopo Parigi, le scelte sulla connettività degli oggetti e i nuovi prodotti è un segnale importante perché conferma l’immagine di eccellenza e quindi il peso che ha l’Italia nelle strategie del gruppo. «In BTicino – sottolinea l’amministratore delegato Franco Villani – siamo abituati a fare cose nuove perché il nostro dna è tecnologico. L’arrivo a Eliot è un percorso iniziato negli anni 80 quando ci fu la svolta con Living una linea di interruttori che ha rotto gli schemi. Quello che ci interessa è far evolvere il mercato in modo continuativo».
Il mercato potenziale di Eliot è enorme come confermano alcune recenti ricerche secondo cui nel 2020 gli oggetti connessi nel mondo saranno 50 miliardi. Tutto questo vuole dire crescita di fatturato e anche nuova occupazione per un gruppo che esprime già numeri importanti: 720 milioni di euro di ricavi, di cui il 64 % sul mercato italiano, 2.800 collaboratori impiegati negli 11 siti produttivi sparsi per la Penisola. «Ogni anno Bticino – spiega Paolo Perino, presidente e il direttore business Unit del Gruppo Legrand – investe il 4,5 per cento del fatturato in ricerca e sviluppo. Acquisiamo quattro, cinque marchi all’anno e almeno 450 dei nostri progettisti lavorano in Italia».
Internet delle cose rivoluziona il modo di vivere la nostra quotidianità in molti settori, dalla salute ai trasporti, passando per la gestione della casa. La connessione dei vari oggetti permette tramite un’app di controllare ovunque ci si trovi e in qualsiasi momento della giornata: luci, tapparelle, allarmi, riscaldamento, sottofondo musicale, elettrodomestici e relativi consumi. Un cambiamento possibile fin da subito che necessita però di maggiore consapevolezza da parte delle persone, spesso ignare di usare strumenti già connessi e quindi incapaci di sfruttarne la reale potenzialità. «L’oggetto connesso è semplice, democratico, personalizzato e facile per quanto riguarda la manutenzione – conclude Davide Colombo, responsabile marketing domotica e terziario di Bticino – e dà un valore aggiunto all’utilizzatore. Anche Cristoforo Colombo quando arrivò in America pensò di vedere solo un’isola delle Bahamas, ignorando però tutto quello che stava dietro».
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che brutta definizione “internet delle cose”… preferisco “internet of things” ha un senso diverso!