Fatture false, 5 milioni evasi
La Finanza indaga su un imprenditore accusato di aver dato vita ad una “frode carosello”
Un giro di fatture false, vendite e acquisti a soggetti che poi spariscono con l’obiettivo di creare un polverone ed evadere il fisco.
Il risultato si traduce in quello che i finanzieri chiamano “truffa carosello”: si lucra così con l’IVA, imposta sul valore aggiunto che periodicamente viene rimborsata.
In pratica: fatture false che però producono effetti reali perché a smenarci è l’erario, quindi tutti noi.
La Guardia di Finanza di Busto Arsizio ha passato al setaccio una società con sede in città che si occupa di commercio all’ingrosso di materiali ferrosi: la verifica è partita incrociando le banche dati da cui sono emersi specifici “indicatori di pericolosità”.
Ecco com’è andata: questa è la ricostruzione dei finanzieri che hanno indagato sul sessantenne imprenditore bustese R.R., che “al fine di accaparrarsi le materie prime a prezzi ‘esponenzialmente’ inferiori rispetto al mercato ed affermarsi significativamente su di esso, a discapito delle normali regole di concorrenza, aveva deciso di far acquistare la merce da una società cartiera che, non assolvendo ad alcun obbligo tributario (evasore totale) e rivendeva, allo stesso, la merce a ‘prezzo stracciato’ per poi sparire e non essere attenzionata dal fisco”.
In effetti la società formalmente operava in maniera corretta, l’unico problema che le fatture di acquisto annotate in contabilità sono risultate relative ad operazioni soggettivamente inesistenti.
La merce, infatti, arrivava in azienda da una società diversa da quella che emetteva fatture (cartiera). Il meccanismo posto in essere dalla società, rientra nelle c.d. “frodi carosello”, definite così, proprio per gli attori che si interfacciano nella dinamica della frode. Tale schema fraudolento, ha come unica finalità, quella di “scomporre” il prezzo del bene dal primo all’ultimo passaggio della catena, così da eliminare, in sostanza l’IVA del costo finale del bene, con un risparmio minimo del 22%.
L’utilizzo di tale sistema di frode, collaudato nel settore siderurgico, crea effetti distorsivi sull’economia legale, sia a livello nazionale che a livello locale.
Le attività ispettive si sono concluse, in una prima fase, con la scoperta di un’evasione fiscale pari a circa 5.000.000 di euro mediante l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti da cui è conseguita un’indebita detrazione d’imposta per circa 1.000.000 di euro.
Nella seconda fase, al fine di tutelare e garantire la pretesa erariale, i militari operanti hanno proposto, alla locale Procura delle Repubblica presso il Tribunale di Busto Arsizio, il sequestro dell’immobile della società per un valore pari all’ammontare dell’imposta evasa, quantificata in un milione di euro.
Pertanto è stato disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari, su richiesta del Pubblico Ministero, il sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente per circa 1.000.000 di euro che si è concretizzato nel sequestro dell’intero stabile industriale di proprietà della società indagata.
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