Compra una pagina del Corriere: “Caro presidente, Agenzia delle Entrate mi perseguita”
L'imprenditore bustocco Flavio Caravati ha fatto pubblicare a pagamento una lunga lettera indirizzata al Capo dello Stato e al presidente del Consiglio per chiedere un intervento nei confronti dell'ente di riscossione delle tasse
Inizia così la lettera scritta da Flavio Caravati, imprenditore bustocco e patron della Virca spa, azienda attiva nell’ambito del commercio all’ingrosso di articoli di carto-cancelleria, gadgets, articoli da regalo e simili che ha sede in via per Cassano. La particolarità di questa missiva è che è stata pubblicata a tutta pagina sul Corriere della Sera come avviso a pagamento per volontà dello stesso Caravati. Un’iniziativa non nuova ma che svela tutte le difficoltà che stanno vivendo gli imprenditori italiani di fronte ad una crisi dalla quale sembra non si riesca ad uscire, nonostante l’ottimismo a piene mani che viene sparso da diversi esponenti del governo e da alcuni economisti.
La realtà descritta da Caravati è ben diversa e parla di una vessazione da parte dei funzionari dell’Agenzia delle Entrate anche se non entra nello specifico. Sostiene che, forse, sarebbe stato meglio fuggire all’estero e si paragona agli ebrei che, intuendo quello che stava per succedere negli anni precedenti alla Seconda Guerra Mondiale, fuggirono dall’Italia per trovare rifugio in altri Paesi. Caravati dice di non aver voluto seguire il loro esempio e di essere rimasto in Italia nonostante la "persecuzione" alla quale è sottoposto in quanto imprenditore. Parole di fuoco le riserva anche nei confronti dei dipendenti pubblici che definisce "incapaci di capire cosa sia la disoccupazione" oltre che "arroganti e sprezzanti verso intere categorie che hanno la sfortuna di incappare nelle maglie della burocrazia che reputano di presiedere".
Una lettera disperata che racconta una nuova umanità dolente che non è più il sottoproletariato o il proletariato ma la classe medio-borghese che non ce la fa più a reggere sulle proprie spalle la pesantezza della macchina statale con tutti i suoi bisogni e chiede, in fondo, solo la libertà di fare impresa in un Paese normale.
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