Un clown a Mosul, tra le macerie della guerra
Marco Rodari ha trascorso il periodo natalizio in Medio Oriente. Ha raggiunto Mosul, liberata dall'occupazione islamista nel luglio del 2017
È appena rientrato da Mosul. Una città sventrata, distrutta dalla battaglia feroce condotta per liberare la città irachena dal giogo dell’estremismo islamico dell’Isis. Una guerra devastante che si è conclusa nel luglio del 2017.
Marco Rodari, in arte Claun Pimpa, racconta la sue esperienza, l’ennesima in queste zone martoriate dalla guerra
Marco, cosa hai portato lì?
Come sempre ho portato con me la mia valigia di cartone piena zeppa di meraviglia, ma soprattutto ho portato con me una grandissima voglia di stare con questi bimbi. Perché ero consapevole che avrei incontrato Bimbi che avevano alle spalle un vissuto pazzesco in una delle zone più dure del pianeta: l’oramai ex “autoproclamato stato islamico”.
Il primo desiderio che mi anima è sempre quello di poter arrivare dai bimbi, perché se il clown può arrivare, e soprattutto se può esprimere la sua arte con i bimbi, è segno che le cose vanno a migliorare.
E che clima hai trovato a Mosul?
C’è grande voglia di ritornare a vivere, ripartendo dalle cose più
semplici. Dalle relazioni umane basilari che ogni forma di guerra nega.
Riscoprire la libertà di poter bere del tè o del caffè tutti insieme intorno ad un fuoco. Avere la possibilità di potersi di nuovo dimostrare ospitali nei confronti di uno straniero.
La distruzione perpetrata dall’ISIS è evidente in città dalle foto che
sono state diffuse. Ci sono zone completamente rase al suolo, e altre lievemente danneggiate, ma come sempre non è questo tipo di distruzione che mi preoccupa maggiormente. La cosa più difficile è “ricostruire” le persone.
I bambini portano su di sé segni del dramma trascorso?
Questo è chiarissimo e l’ho notato prima di ogni spettacolo, il silenzio che regnava nelle varie sale era assordante. L’atmosfera era priva di quell’entusiasmo, di quel vociare che solitamente caratterizza l’attesa dei bambini. I visi dei bimbi si scrutavano perplessi e si chiedevano cosa stesse accadendo, perché solitamente quando venivano radunati tutti insieme non era mai per un buon motivo.
In molti, troppi casi, l’incontro con i bimbi della guerra mi fa scontrare con la dura realtà che questi bimbi non sono più bimbi. Poi fortunatamente basta una piccola magia e si torna tutti (ognuno con i propri tempi) ad essere bambini.
C’è stato qualche episodio che ha caratterizzato queste tue giornate irachene?
Le mie giornate irachene sono state caratterizzate da tanti, tantissimi episodi di una ritrovata “normale” vita quotidiana. Quello che va oltre gli episodi e che è difficile da descrivere è l’incredibile stupore del primo incontro dei bimbi con un clown.
E qualche parola che ti è rimasta particolarmente impressa?
Sono centinaia di migliaia di shukran (“grazie”) espresse con
commozione vera da grandi e piccini.
Quali saranno i fortunati bambini che potranno partecipare ai tuoi spettacoli nelle prossime settimane?
Lasciata la piana di Ninive continuerò il mio girovagare tra le scuole di Bagdad.
Marco, sono anni che vai in giro per il mondo a fare ridere i bambini italiani e quelli di Paesi che escono da guerre e periodi difficili: da quando hai cominciato come è cambiata la tua motivazione, il tuo approccio agli spettacoli?
Per ora riesco ancora a meravigliarmi come se fosse il primo giorno.
Chiudiamo con uno sguardo sul cambio di anno: dicci la sorpresa inaspettata del 2018 e un proposito per il 2019.
La sorpresa inaspettata del 2018 è stata proprio quella di poter arrivare in quel di Mosul. Per il 2019 spero di poter arrivare in tantissimi nuovi luoghi, segno che anche lì la guerra va a finire.
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