Il robot innamorato

L'ultimo romanzo di Ian McEwan racconta la relazione tra una coppia e Adam, un robot di ultima generazione con abilità notevoli. Sullo sfondo una Londra del 1982 avanti forse di 50 anni

Generico 2018

“Macchine come me” è un romanzo potente. Una storia costruita con una maestria incredibile. C’è dentro il tema dell’intelligenza artificiale, ma tanto altro ancora.
Racconta del trentaduenne Charlie che vive a Londra nel 1982, l’anno della guerra delle Falkland che nel romanzo vide la vittoria dell’Argentina con una Thatcher ormai al tramonto.

Charlie ha una vita molto particolare, esperto informatico, si guadagna da vivere con la Borsa. Con l’eredità lasciata da sua madre si compra un robot, Adam. È una versione molto sviluppata con grandi abilità sia fisiche che mentali.

Nel frattempo si innamora della sua giovanissima vicina Miranda. Con lei condivide la relazione con la macchina che ha acquistato.

“Davanti a noi sedeva l’ultimo balocco, il sogno di ogni epoca, il trionfo dell’umanità, o l’angelo che ne annunciava la morte”.

I personaggi del romanzo di McEwan sono pochi, ma esprimono molto di ciò che potrebbe rivelarci un futuro non troppo lontano. “Il futuro – si legge nel libro – non smetteva mai di arrivare. I nostri fiammanti giocattoli nuovi cominciavano ad arrugginire prima ancora che ce li portassimo a casa”.

L’autore si fa tante domande e suggerisce anche qualche proposta.
“Dire che il domani avrebbe inventato lavori di cui non si era mai sentito parlare era un luogo comune, oltre che una bugia… Non erano i posti di lavoro ciò che dovevamo proteggere, bensí la qualità della vita dei lavoratori. Investendo in infrastrutture, corsi di formazione, innalzamento dell’obbligo scolastico e reddito minimo garantito. Ben presto i robot avrebbero generato grande ricchezza economica. Occorreva tassarli. Ai lavoratori bisognava concedere una quota di capitale sui macchinari che compromettevano, per non dire azzeravano, il loro accesso a un impiego”.

La storia è ricca di avvenimenti che tengo il lettore attaccato al libro e non riguarda solo la relazione tra l’uomo e la macchina, anche se questa apre una serie di interrogativi profondi.

“Il nostro progresso tecnologico ci stava superando, come era da sempre destino che accadesse, lasciandoci spiaggiati sull’esigua lingua di sabbia della nostra intelligenza”.

E l’autore alla fine riflette sulla nostra condizione che non ha niente a che fare con la tecnologia. “Non conoscendo la nostra mente, come avremmo potuto progettare la loro e aspettare di vederli felici al nostro fianco?”

Un libro assolutamente da leggere. Per chi ama tutto quello che profuma di grande innovazione, ma anche per quelli che ne sono terrorizzati e vorrebbero tornare al 1982 quando ancora non esisteva il web e gli smartphone erano ancora fantascienza.

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 22 Ottobre 2019
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