Iannece condannato a trent’anni

Si è chiuso con la condanna dell'imprenditore il processo di primo grado per la morte di Ion Cazacu. Riconosciuto alle figlie un risarcimento di 400 milioni ciascuna

Cosimo Iannece è stato condannato a trent’anni. Si è chiuso, così, con il rito abbreviato il procedimento a carico dell’imprenditore accusato di aver ucciso il lavoratore romeno Ion Cazacu. (a fianco la moglie)
Il giudice Olimpia Bossi  ha  accolto le richieste dell’accusa confermando la tesi dell’omicidio premeditato. Respinta, solamente, l’aggravante della violazione delle leggi sul lavoro. La negazione del nesso teleologico del reato con l’aggravante di cui sopra, ha portato al rigetto delle richieste dei sindacati, i quali avevano domandato un risarcimento di 28 milioni.
Il giudice ha inoltre accolto le richieste di risarcimento delle figlie di Cazacu: 400 i milioni che ciascuna ragazza potrà disporre immediatamente, visto che è stata riconosciuta la provvisoria esecutività.
Nel corso dell’udienza, che si è svolta a porte chiuse, Iannece avrebbe chiesto perdono alla moglie e alle figlie di Cazacu.
Il giudice non ha considerato valide le argomentazioni dell’avvocato della difesa Cesare Dal Maso, secondo cui si sarebbe trattato di omicidio preterintenzionale. In mattinata, durante l’arringa, Dal Maso aveva chiesto la derubricazione del reato.
Subito dopo la lettura della sentenza, i legali della difesa hanno annunciato ricorso in appello, mentre soddisfazione è stata espressa sia dal pm Giuseppe Battarino sia da Nicoleta Cazacu, che si è sempre detta fiduciosa nella giustizia italiana. Anche Luigi Michele Mariani, avvocato rappresentante di Cgil e Cisl, si è dichiarato soddisfatto, nonostante il mancato risarcimento.
Tensione, infine, al termine del processo tra l’avvocato della difesa, Carmelo Monaco, e l’avvocato Ugo Gianangeli, rappresentante delle figlie di Cazacu. L’avvocato di parte civile chiedeva il deposito immediato dell’assegno di 28 milioni, a titolo di acconto sulla cifra riconosciuta alle figlie, come annunciato dalla difesa in udienza e di fronte al giudice. «L’emissione banco judicis – ha detto Gianangeli – è una formalità che va rispettata. Depositare nelle mani del giudice quell’assegno era un atto dovuto e riconosciuto dal codice. Non dimentichiamo che difficilmente la famiglia Cazacu avrà quegli 800milioni. Questi 28 milioni sono importanti per loro, per di più se sono immediatamente disponibili».

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 19 Marzo 2001
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