Varese nel gotha internazionale della ginecologia
La clinica ostetrica e ginecologica dell'Insubria è tra le prime dieci in Italia. Ricerca e cura sono i punti di forza dell'equipe diretta da Pierfrancesco Bolis
Quaranta pubblicazioni in tre anni. Un corso di aggiornamento ad alto livello sulla "laparoscopia operativa ginecologica". Una ricerca che racchiude la maggiore casistica al mondo sul carcinoma all’utero ( nella foto il direttore Bolis e il professor Ghezzi).
Queste sono solo alcune delle credenziali della clinica ostetrica e ginecologica dell’azienda ospedaliera varesina diretta dal professor Pierfrancesco Bolis. Riconoscimenti e apprezzamenti internazionali che valgono oro per la comunità varesina: «Investire nella ricerca significa rimanere sempre al passo con i progressi della medicina – spiega il professor Fabio Ghezzi, professore associato della clinica al Del Ponte – Vuol dire confrontarsi con le realtà più preparate e competenti a livello mondiale, vuol dire migliorare costantemente la tecnica di diagnosi e di terapia».
Il progresso scientifico ha permesso di fare passi da gigante nella cura di determinate patologie, soprattutto in campo oncologico: «Oggi si riesce ad effettuare un gran numero di interventi con la tecnica "laparoscopica" – spiega ancora Ghezzi – si tratta di interventi che richiedono incisioni di tre o cinque millimetri. Tre fori che implicano minor dolore per il paziente, un recupero più veloce e un danno estetico ridotto».
Il valore dell’operato della clinica del Circolo ha ottenuto anche un riconoscimento ufficiale, risultando la decima miglior clinica ginecologica in Italia nella classifica stilata dal Corriere della Sera, alle spalle di nomi prestigiosi come la Mangiagalli di Milano, il Gemelli di Roma o il Malpighi di Bologna.
Al Del Ponte, gli universitari dell’Insubria hanno trovato la sede ideale per sviluppare e implementare il filone della ricerca, nonostante le grandi difficoltà in cui si muove l’attività culturale universitaria: «I finanziamenti sono ridotti all’osso. Puntiamo sulla buona volontà dei singoli, confrontandoci con realtà sicuramente più supportate, come negli Stati Uniti. Ci siamo guadagnati stima e apprezzamento nel mondo scientifico e siamo fieri di aver costruito tutto ciò a Varese».
La clinica universitaria effettua annualmente qualcosa come 23.000 prestazioni in Servizio Sanitario Nazionale: «Il nostro obiettivo è quello di conquistare la fiducia della gente. Vincere lo scetticismo provinciale di chi preferisce le strutture della grandi città giudicandole qualitativamente all’avanguardia. L’operato di un’equipe si giudica anche dal prestigio internazionale che riesce ad ottenere sul piano culturale, che poi si traduce in un perfezionamento delle tecniche di diagnosi e cura».
L’appuntamento del 7 ottobre scorso rientrava tra quegli sforzi organizzativi propri dello spirito universitario: «La nostra clinica non ha nulla da invidiare agli ospedali europei. Siamo esattamente negli standard medio-alti. Il medico italiano, è inutile nasconderlo, non gode di un’ottima fama all’estero, a causa di un retaggio che ci portiamo dietro per scelte sbagliate prese decenni fa nel campo della formazione. Oggi la facoltà di medicina ha maggiori restrizioni e il lavoro accademico ha assunto un altro valore. Cominciamo a raccogliere i frutti di questo impegno, ma la strada è lunga e impegnativa, anche nei confronti dei nostri naturali pazienti».
I dati, comunque, disegnano una realtà più che positiva: la clinica varesina effettua un numero di prestazioni che non ha eguali in provincia e già questo è un segno di apprezzamento.
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