«I cittadini devono essere pronti a sostenere l’ospedale»

Il parere del professor Albero Onetti, docente di economia all’Università dell’Insubria

Professor Onetti cosa pensa dell’ipotesi di trasformare in fondazione un’azienda ospedaliera?
Innanzitutto vorrei contestualizzare il fenomeno. La trasformazione delle aziende in fondazioni costituisce un aspetto all’interno della più ampia politica regionale lombarda e in particolare del piano sanitario 2002-2004. Le linee guida di tale politica toccano vari aspetti che vanno dalla riorganizzazione della rete ospedaliera alla redifinizione della governance del sistema, dal governo della domanda fino al reperimento di risorse finanziarie. I punti centrali e qualificanti della politica lombarda sono però, da un lato, la separazione tra funzioni di regolamentazione e proprietà delle strutture sanitarie, dall’altro, l’assoluta parità tra pubblico e privato nella erogazione delle cure. Di qui l’esigenza per la Regione di passare da proprietario di parte della rete ospedaliera (ad oggi la regione può essere definita come una sorta di holding degli ospedali pubblici) a regolatore e garante della rete, composta da soggetti sia privati che pubblici. Tale cambiamento può avvenire in diversi modi: si parla di trasformare le aziende ospedaliere in fondazioni o di darle in gestione a soggetti privati. A Suzzara, nel mantovano, è in fase avanzata la sperimentazione della fondazione, mentre a Volta Mantovana un soggetto esterno si occuperà del nosocomio per trent’anni. In particolare, il piano regionale prevede l’ipotesi di trasformare in fondazioni gli IRCCS e le aziende sanitarie passibili di chiusura.

Cosa cambierà per il cittadino?
In linea teorica nulla. La Regione Lombardia ha adottato la linea dell’accreditamento del pubblico e del privato: la natura giuridica del soggetto erogatore non conta, prevale il rispetto di determinati standard qualitativi. Il prezzo delle prestazioni erogate all’interno del sistema sanitario nazionale è definito (tramite i DRG). All’interno di questi parametri, per il paziente è quindi indifferente che il soggetto erogatore della prestazione sia privato o pubblico. Va ribadito come a livello teorico la proprietà delle strutture sanitarie non intacchi la connotazione solidaristica di un sistema sanitario: è invece la privatizzazione del finanziamento (assicurazione sanitaria) che può al limite avere delle ripercussioni in tal senso.

E ci sono rischi sul passaggio da una assicurazione sanitaria pubblica ad una privata?
Sta già succedendo, da tempo, anche se in modo parziale: nel momento in cui si riduce lo spettro delle prestazioni garantite dal nostro sistema sanitario o si aumentano le quote di compartecipazione alla spesa dei pazienti (ticket) stiamo parlando di forme di finanziamento privato. Man mano che questi fenomeni si intensificano, la sottoscrizione di polizze sanitarie private da fenomeno marginale diventerà una esigenza diffusa. Segnalo che questo trend è imposto dalla crisi della finanza pubblica ed è un fenomeno europeo, non solo italiano.

A quale situazione si va incontro con la trasformazione degli ospedali in fondazioni?
Ci sono aspetti positivi: innanzitutto si avrebbe una maggior "democraticità" di governo. Attualmente gli ospedali sono organi monocratici dove il potere decisionale si concentra nelle mani di una sola persona, il direttore generale, nominato dalla Regione. Nelle fondazioni sarebbe presente un consiglio di amministrazione, che garantirebbe un ampliamento dell’organo di governo. Inoltre la fondazione potrebbe essere uno strumento utile per fare partecipare il territorio alla gestione delle strutture, nel caso al suo capitale partecipino enti locali ovvero soggetti anche privati, quali ad esempio alcune fondazioni bancarie con una particolare vocazione territoriale.

Ma nel caso i fondi a disposizione finissero, la fondazione sarebbe costretta a chiudere?
Intendiamoci, se la fondazione neo costituita ha un deficit è perché lo ha ereditato o perché la sua gestione non è strutturalmente in grado di garantire situazioni di sussistenza economica. Non è che cambiando la veste giuridica si modifica la sostanza delle cose. Il fatto che l’azienda da pubblica sia diventata una fondazione offre a livello teorico una possibilità aggiuntiva: che la comunità, che senta l’esigenza di mantenere sul proprio territorio una struttura ospedaliera, si mobiliti per coprirne il deficit, attraverso, ad esempio, ticket o tasse aggiuntive.

I cittadini sarebbero, quindi, chiamati a sostenere esborsi aggiuntivi pena la perdita del proprio ospedale?
Tutto ha un costo. Dobbiamo renderci conto che è finito il tempo delle "vacche grasse" in sanità. Si va verso una razionalizzazione perché le risorse sono limitate. Ancora una volta, il problema non è solo italiano, ma è comune a tutti i paesi europei ed occidentali.

Quindi lei non vede molte alternative alla via della "sanità a pagamento"?
Fino ad oggi si sono fatti grandi sforzi per razionalizzare il sistema. Il percorso è lungo, altri passi in termini di efficienza e riduzione degli sprechi possono essere compiuti ma non esistono infiniti spazi di miglioramento. Grandi possibilità di miglioramento passano attraverso la riorganizzazione della rete ospedaliera. La nostra rete è stata realizzata in una certa fase storica, dove le esigenze erano differenti (anche sotto il profilo demografico ed epidemiologico) e le risorse erano altre. L’efficacia complessiva del sistema può richiedere una diversa distribuzione geografica delle strutture, con una concentrazione dei centri ove erogare prestazioni specialistiche. Studi statunitensi dimostrano che se il numero delle prestazioni erogate non raggiunge valori minimi, si faticano a raggiungere livelli qualitativi di eccellenza.

Ma che figura sarebbe quella della fondazione ospedaliera?
La fondazione di per sé è un "contenitore" giuridico, uno strumento. Ci sono svariati modelli. Gli strumenti di per sé non hanno valenze, dipende dall’uso che ne viene fatto, ma allo stato attuale non abbiamo evidenze empiriche significative per trarre delle valutazioni in quanto il progetto fondazioni è appena all’avvio e è limitato a categorie specifiche di istituti (IRCCS e In prospettiva aziende che non soddisfino requisiti fissati).

 

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Pubblicato il 03 Novembre 2004
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