“È la passione che tiene unito il Distretto 51”

Dario cecchin, leader della Polverfolk racconta il suo rapporto con la band varesina che ha appena presentato il primo disco

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La passione per la musica e più ancora per lo stare insieme sono ingredienti comuni al Distretto 51 e alla Polverfolk. A questo si aggiunge il fatto poi che entrambi le realtà sono nate da trent’anni e hanno mantenuto la loro fisionomia originaria.   
Dario Cecchin, il cantante della Polverfolk conosce molto bene l’altra storica band varesina.  "La cosa che mi stupiva era la lunghezza del nome. La prima volta li ho visti all’oratorio di Giubiano e facevano musica rock. " Dario è da sempre legato al "Distretto 51" per le amicizie che si sono protratte nel tempo e la grande esperienza che la musica li ha portati a vivere in parallelo."In realtà io conoscevo le persone ma non il gruppo. Io e Johnny abbiamo lavorato insieme nei servizi sociali, abbiamo fatto partire i primi centri di accoglienza per immigrati a Varese ed è stato lui insieme a Peppo a farmi conoscere la loro band".

"La cosa che ricordo maggiormente era che quando ci incontravamo ci raccontavamo delle nostre avventure, delle trasferte per andare a suonare, dei retroscena che accompagnavano i concerti. Sai, eravamo "gente che suona nelle cantine"". Mondi paralleli che si incontrano. Nessuno aveva la pretesa di far soldi con la musica ma ciò da cui erano affascinati ero l’atmosfera che si creava nel gruppo e il far conoscere la propria musica."Li ho visti poi suonare per l’edizione dello Splash di Ville ponti qualche anno dopo, ora i contatti sono rimasti."

Voi come loro siete tra le band più vecchia della provincia e dove i componenti sono tutti di una certa età. Perché si animano ancora insieme?Voi siete tanti a suonare, dovete trovarvi e organizzarvi…

"Per noi la musica non solo una questione di passione, è lo stare insieme, fare team. Siamo nati in un periodo in cui si credeva molto nel gruppo,era nella cultura.Il fatto di essere in tanti è una ricchezza, ognuno porta la sua storia, le sue conoscenze,ha mondi diversi e questo è affascinante. E’ sicuramente più difficile,un gruppo così è attraversato dalle vicende personali, dai matrimoni, dalla nascita dei figli,dal lavoro. Come nel "Distretto 51" siamo gruppi dove ognuno nella vita è professionista nel suo campo ma è il ritrovarsi e lo stare insieme che fa andare avanti, oltre alla passione"

Voi e il "Distretto 51" siete 2 gruppi che nascono e crescono in parallelo, quanto fascino ha il ritrovare questa voglia di suonare?

"Noi come il Distretto 51 siamo rimasti attaccati nel fare musica che ha già avuto il suo periodo commerciale. E’ credere nell’essenza di quella musica li al di la degli schemi commerciali. Le nuove generazioni che si avvicinano a noi rimangono più affascinate dal gruppo che dalla musica e sarebbe bello trovare degli eredi che possano portare avanti il gruppo con la stessa passione.."

I generi musicale hanno fatto la differenza, quanto conta questa cosa?

"Noi ci siamo innamorati della musica celtica e bretone negli anni 70. Era stato Mario Polverarri a farcela ascoltare con la sua chitarra e quando abbiamo sentito suonare quelle note siamo rimasti tutti affascinati. La musica è sicuramente l’elemento essenziale ma è condividere tanta passione e tanta fatica a tener vivo il gruppo, sono le relazioni . La musica del popolo che riprende le tradizioni quotidiane e i canti popolari e la musica dello spirito che si innalza verso l’alto. E’ il condividere e il credere da anni in qualcosa nel quale investi parte di te senza pretendere nulla in cambio. E’ portare avanti un gruppo semplicemente per l’amore per quelle note che trasmettono tutta la loro forza espressiva della musica. Quando arrivi ad un disco è talmente tuo che è come fare un figlio."

Per l’uscita del loro primo disco i Distetto 51 hanno visto la collaborazione di Vince Tempera. Cosa ne pensi?

"Avere la supervisione di Tempera non è poco,è stata una presenza decisiva. Inutile nascondere l’invidia. Pur non essendo un grande cultore, il disco sembra buono, e mi piace ascoltarlo. Li c’è l’anima del soul, dei cori, i fiati. E’ una musica elevata verso l’alto, è molto spirituale. L’arrivare a fare un disco è lasciare un segno. L’eredità che lasci ai figli è il riconoscimento della tanta fatica che si fa."

La creazione del cd vede la collaborazione del Molina. Secondo te questo rapporto tra la musica e il territorio come è nato?

"

Hanno fatto Bingo. Sicuramente la collaborazione con il Molina è un mix giusto tra operazione commerciale e sociale. La bellezza di queste cose è che non lo facciamo per guadagnarci ma per passione."

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 17 Dicembre 2005
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