Altro che prete azzardo. Il tapiro lo merita Striscia

I parrocchiani difendono don Carlo Colombo. Tre pubblicazioni "artigianali" dimostrano che il parroco stava "studiando" gli effetti del gioco con le slot machine

Stavolta è Striscia la Notizia che merita il Tapiro. La storia del “prete azzardo”, lanciata in prima serata da un quanto meno curioso Max Laudadio travestito da “Grillo Parlante”, ha creato scalpore soprattutto nel fantomatico paesino del Varesotto di cui non viene fatto il nome nel servizio. Si tratta di Bodio Lomnago e il parroco in questione è don Carlo Colombo, tanto per sgombrare il campo da inutili dubbi. Il problema è che l’accusa di giocare d’azzardo, con l’allusione della spesa dei soldi dei parrocchiani per scopi non esattamente in linea con la missione del prete, non corrisponderebbe alla realtà delle cose.
 
Don Carlo infatti sta portando avanti uno “studio” sul gioco d’azzardo, particolare quanto si vuole, non basato sulla scienza ma su iniziativa personale, ma lontano da sindromi compulsive ventilate nel servizio. Il parroco ha infatti pubblicato tre libretti artigianali intitolati “Giocomania”, “Io gioco e tu?” e “Divagazioni”, datati rispettivamente 1 febbraio 2011, marzo 2011 e 20 dicembre 2011, quindi fresco fresco di stampa, diffuso in paese una settimana dopo l’incursione di Striscia. Testi nei quali don Carlo cerca di analizzare il senso del gioco, il suo impatto sulla mente umana e il suo rapporto con la religione e la sua pericolosità, provando a sfatare i luoghi comuni che si creano intorno a chi sbaglia e resta prigioniero di un vizio. In sostanza, don Carlo ha deciso di studiare da vicino il fenomeno delle slot machine, provando a conoscere in prima persona il fenomeno. Così, dopo aver visto al bar la gente giocare, ha cominciato a parlare con queste persone e a giocare lui stesso: «Da anni mi occupo di disagio – spiega il prete, 76 anni, da 27 a Bodio Lomnago -. Ho voluto io stesso provare cosa vuol dire giocare e ho capito che lo si fa non per motivi economici, ma per fattori psichici profondi. Nei miei libretti, consegnati a chi ne ha fatto richiesta nel tempo, cerco di analizzare tutto ciò: non ho una laurea né basi scientifiche, è una mia iniziativa con la quale cerco di dare una mano a chi a bisogno e contemporaneamente di aiutare tutti a superare pregiudizi e preconcetti su chi è vittima dei vizi in generale. Non bisogna demonizzare, ma aiutare». L’accusa, velata e non dichiarata nel servizio di Striscia, è per giocare il parroco abbia usato le monetine delle elemosine e che abbia sottratto tempo, attenzioni e risorse a chi veramente ha bisogno di aiuto: «Non ho perso né guadagnato nulla e di certo non ho rubato mai niente – spiega il prete -. Chi mi conosce sa quanto mi prodigo per il prossimo, da chi bussa alla mia porta a chi è più lontano».
 
A mettere una mano sul fuoco sulla buona fede di don Carlo Colombo è Francesco Daverio, proprietario del bar “L’Incontro”, dove il parroco ha “testato” le slot machine e dove sono piombate le telecamere di Striscia la Notizia: «Mi ha chiesto a gennaio dell’anno scorso se dava fastidio un prete nel locale a giocare – spiega -. Io gli ho detto che non mi sembrava un’ottima idea, perché un prete avrebbe altri compiti da svolgere, ma lui mi ha spiegato il suo progetto, come per altro ha fatto con tutti coloro i quali gli hanno chiesto conto della cosa. Don Carlo aiuta chi ha bisogno da sempre, c’è la fila fuori dalla chiesa e lui cerca di dare una mano per come può. Dopo il servizio di Striscia non è più tornato, probabilmente perché il suo lavoro era finito e ne è prova l’ultimo libretto pubblicato il 20 dicembre. A novembre con l’associazione “Il Melo” ha dato un enorme contributo per donare 10 mila euro alla Diocesi di Rulenge-Ngara in Tanzania, di certo uno che fa queste cose non è un “drogato di gioco”. E non è vero che veniva solo alle 5.30 di mattina, ma anzi: spesso passava di pomeriggio per incontrare chi gioca e scambiare opinioni e farsi un’idea del fenomeno».
 
Per chiudere, l’amarezza di don Carlo Colombo: «Il servizio di Striscia mi ha molto amareggiato – spiega il 76enne -. Dopo la chiacchierata mandata in onda ho anche invitato tutti in parrocchia e ho consegnato loro i libretti che ho scritto, ma evidentemente non li hanno nemmeno aperti perché il loro obiettivo era un altro».     

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 22 Dicembre 2011
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