Quei “cinesi” orgogliosi della loro chiesa
Il palio dei rioni ha riportato alla luce una vecchia storia risalente a prima della guerra, custodita in un graffito d’epoca
“Viva la Cina battagliera e ardita”. Questa frase, che sa di altri tempi, venne scritta sul muro laterale del Convento di Azzio (foto) ancora prima dell’ultima guerra, come raccontano in paese le persone che sono riuscite a custodire la storia raccontata dai vecchi. È per questo che nel piccolo centro della Valcuvia, in questi giorni si celebra il palio dove, con tanto di scritta gialla in campo bianco e maschere orientali (nella foto in basso), è schierato il rione “Cina”.
Ma basta una scritta, e un graffito orientaleggiante, datato grosso modo anni ’30, per dare il nome del Celeste Impero a questa località che saluta chi arriva da Gemonio percorrendo la provinciale? No.
Anzi, non proprio.
Il sindaco del paese, Eugenio Piotto, raccoglie qualche informazione e ci mette sulla buona strada per avere maggiori ragguagli sull’origine del nome di questo quartiere azziese. Infatti con un sorriso pronunciato per telefono, Carlo Alberto Castelletti detto Ciccio, dalla sua casa praticamente dentro al convento di Azzio, conferma: «Si è così, è una storia che risale ancor prima della Guerra. In pratica il parroco di allora era solito officiare le messe nella chiesa parrocchiale, che si trova nella parte alta del paese. Ma ai fedeli che abitavano più in basso, vicino al cimitero, questa scelta non andava giù: era presente già una chiesa, quella del convento: perché andare a messa e farsi tutta la salita?».
Quindi i fedeli della “bassa”, una domenica dopo l’altra, in chiesa erano sempre meno. Tanto che il curato, non riuscendo a trattenersi, nel corso di un’omelia avrebbe pronunciato la frase incriminata, in dialetto per giunta: “Quei cines là…che vègnen ‘nanca su”, che più o meno vuol significare che “Quei cinesi (quindi comunisti, che caldeggiavano l’ateismo nda) non vengono su, a messa”.
Una frase che, in un paesino e per giunta in quel periodo, suonò più o meno come un petardo durante la prima della Scala.
Ecco perché qualcuno, forse preso da reali simpatie politiche non proprio fasciste, fece quel graffito ante litteram che da decenni oramai è visibile a poca distanza dai gradini che conducono alla porta dell’antico campanile.
Secondo Ciccio Castelletti, però, gli abitanti del quartiere avevano, in quel periodo, la propensione ai litigi per questioni di terra, confini, passaggi e consuetudini, tanto da essere sempre dall’avvocato o all’osteria per alzare la voce e far valere i propri diritti. «Si dice che stessero sempre a litigare – conclude Castelletti – proprio come i cinesi di quegli anni (nel corso degli anni ’30, infatti, vi fu una sanguinosissima guerra civile fra i nazionalisti di Chiang Kai-shek e i comunisti di Mao Tze-tung nda)».
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