Frode fiscale, condanna per i fratelli Chiaravalli
Per non pagare 7 milioni di euro di tasse avrebbero messo in piedi un piano di ristrutturazione aziendale con l'obiettivo di svuotare la società in debito col fisco
Alla fine sono arrivate le condanne in primo grado per i fratelli Chiaravalli, titolari dell’omonima azienda metalmeccanica multinazionale con sedi in diversi paesi europei e cuore a Cavaria con Premezzo. L’indagine risale al 2012 ed era stata condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria di Varese e dai militari della Guardia di Finanza in forza alla Polizia Giudiziaria
Secondo l’accusa, rappresentata dal pubblico ministero che aveva anche coordinato l’inchiesta Nadia Alessandra Calcaterra, gli imprenditori avevano tentato di smembrare l’azienda, attraverso la cessione del ramo d’azienda, svuotando di fatto la società di tutti i suoi beni per trasferirli ad altre quattro società gestite da prestanome con l’obiettivo di non pagare le tasse e le relative sanzioni per circa 27 milioni di euro in tutto, poi ridotta a 12 milioni (pagati interamente, ndr) in sede di contenzioso con l’Agenzia delle Entrate.
Utilizzando un’operazione formalmente legale, dunque, avrebbero cercato di non ottemperare ad un loro dovere svuotando la società iniziale. In questo modo sapevano che il fisco non avrebbe potuto mai pretendere il pagamento della cifra perchè non c’erano più beni da aggredire.
Il Tribunale di Busto Arsizio ha condannato per sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte i due fratelli ad un anno di reclusione ciascuno (l’accusa aveva chiesto due anni, ndr), 8 mesi alla madre dei fratelli Chiaravalli e 6 mesi per altre due persone coinvolte. E’ stata inoltre confiscata la somma di 3,5 milioni di euro.
Le difese, rappresentate dagli avvocati Cesare Cicorella e Stefano Bettinelli, hanno annunciato che ricorreranno in appello.
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