Ieri rifugiati, oggi agricoltori: merito di Laerte, l’agronomo educatore
Un giovane dipendente della cooperativa ha fatto dei richiedenti asilo provetti coltivatori di ortaggi. Ecco come
Ha il nome di un re, e il suo regno lo ammira ogni giorno con gli occhi verdi che tengono sotto tiro le erbacce fra i finocchi e mettono a fuoco il colore dei peperoncini piccanti, che con l’ultimo sole di settembre sono quasi maturi.
Laerte Gamberoni, agronomo, dipendente della Cooperativa Agrisol, è, a modo suo, un educatore. Più che l’italiano, insegna ai richiedenti asilo di Caravate la lingua della natura, delle stagioni e dei germogli.
«Quando abbiamo cominciato con questo progetto, il campo che si vede qui sotto era una foresta di rovi. Sono alto un metro e 75: le more erano alte due metri. Ora ci coltiviamo l’insalata» spiega Laerte, quasi alla fine di una giornata di lavoro sui campi.
Gli ortaggi sono quelli che lasciano l’estate e accompagnano verso la stagione fredda: i pomodori non ce la fanno più e allora arrivano le verze, i cavoli e i finocchi.
Ma questi giovani che stanno imparando un mestiere, cosa facevano a casa loro? «Pensiamo all’Africa come un posto dove si vive di agricoltura e del lavoro nei campi – spiega Laerte – . Ma tantissimi ragazzi con cui ho avito a che fare arrivano dalle città e sono in grado di svolgere lavori come l’idraulico, o l’elettricista e non hanno mai preso in mano una vanga. Allora devi partire dall’abc. Durante il corso vengono trattati diversi argomenti come la morfologia della pianta, la preparazione del terreno, la semina e la cura dell’ortaggio durante la crescita».
Questi corsi e le relative applicazioni pratiche sono stati messi in piedi anche nelle altre realtà dell’Alto Varesotto dove sono presenti richiedenti asilo come a Dumenza e a Colmegna. In questo caso gli ortaggi sono stati regalati alle comunità locali e se venduti, il ricavato è stato destinato ad attività sociali a vantaggio delle associazioni del posto.
«I nostri ragazzi devono imparare anche il valore della gratuità, e del dono».
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