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Una serra in casa per coltivare marijuana
Nei guai un commerciante di 27 anni pizzicato dai carabinieri con 8 piante che ora dovranno venir analizzate per verificare la percentuale del principio attivo
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Per accudirle e coccolarle, destinanado loro amorevoli cure che impone la tecnica “indoor”, aveva ricavato all’interno della sua abitazione una piccola serra.
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Ma non stiamo parlando di un appassionato di bonsai, bensì di un coltivatore di marijuana: sempre piante sono, ma non si ammirano, le si coltivano per seccarne le infiorescenze e poi eventualmente fumarle assieme al tabacco.
Così nella serata di ieri, i carabinieri della stazione di Varese lo hanno denunciato a piede libero alla Procura della Repubblica di Varese.
Nei guai è finito un ventisettenne di Caravate, commerciante, poiché ritenuto responsabile del reato di produzione di sostanze stupefacenti.
In particolare i militari hanno eseguito una perquisizione presso l’abitazione del giovane trovando 8 piante di marijuana celata all’interno di una serra creata nell’abitazione.
Le piante sono state sequestrate. La sostanza è custodita in attesa di analisi e campionamento: coltivare canapa, difatti non è vietato dalla legge a patto che le sementi producano piante con un basso contenuto del principio attivo – il delta-9-tetraidrocannabinolo, più noto col termine di THC – e che invece contengono una percentuale variabile di CBD.
IL CASO DELLA CANNABIS LIGHT – Proprio questo principio, il THC, anche in percentuali trascurabili è stato al centro del discusso parere del Consiglio superiore della sanità che ha giudicato lo scorso 20 giugno di non poter escludere ”la pericolosità dei prodotti contenenti o costituiti da infiorescenze di canapa, in cui viene indicata in etichetta la presenza di ‘cannabis’ o ‘cannabis light‘ o ‘cannabis leggera’”.
CANNABIS LIGHT IL PARERE DEL CSS
Secondo il Css: “La biodisponibilità di Thc anche a basse concentrazioni (0,2%-0,6%, le percentuali consentite dalla legge) non è trascurabile, sulla base dei dati di letteratura; per le caratteristiche farmacocinetiche e chimico-fisiche, Thc e altri principi attivi inalati o assunti con le infiorescenze di cannabis sativa possono penetrare e accumularsi in alcuni tessuti, tra cui cervello e grasso, ben oltre le concentrazioni plasmatiche misurabili; tale consumo avviene al di fuori di ogni possibilità di monitoraggio e controllo della quantità effettivamente assunta e quindi degli effetti psicotropi che questa possa produrre, sia a breve che a lungo termine”.
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