La conta di morti e feriti

Cè una bella differenza tra dare i numeri o i dati. Ats comunica una serie di informazioni senza fare cenno alcuno ai problemi di questi terribili periodi

coronavirus foto generiche vario varie

All’inizio dell’epidemia avevamo scritto un editoriale con un titolo che si prestava a diverse letture: “Non diamo i numeri”. Mettevamo in guardia dal prestare attenzione alle continue voci e indiscrezioni sulla diffusione dei contagi.

Era una pia illusione, perché da quel lontano inizio di marzo i numeri sono diventati protagonisti della nostra vita giorno dopo giorno. Attenzione alle parole però. I numeri e non i dati perché c’è una bella differenza. I dati hanno un carattere scientifico, dichiarano non solo la provenienza, ma seguono una vera scienza come la statistica. I numeri li può dare chiunque, troppo spesso anche un po’ come capita.

I numeri in queste settimane sono stati diffusi come fossero un balletto senza sinfonia. Ognuno si muoveva come meglio credeva perché non potevi sapere se fosse un tango, una mazurca, un lento o un valzer. Sappiamo solo che a menare le danze è stato l’assessore Gallera fino a quando qualche maggiorente politico gli ha fatto capire che era meglio lasciar stare e passare il testimone a un collega.

Nel frattempo abbiamo faticato non poco ad avere udienza in Ats, altro protagonista dell’eccellenza della sanità lombarda. Abbiamo scritto un altro editoriale in cui si chiedeva conto di diverse cose spiegando che non andava tanto bene esser minacciati di querela proprio dall’agenzia di tutela della salute.

Cosa era successo? Era scoppiata la tragedia delle Rsa e Rsd. Diversi direttori delle strutture non hanno usato mezzi termini affermando che ci trovavamo di fronte a una vera strage. Siamo entrati al Molina, abbiamo parlato con tante realtà e il quadro che è uscito è stato terribile. Per dieci giorni questo tema è salito alla ribalta mentre la Magistratura entrava al Pio Albergo Trivulzio a Milano e in altre strutture in Lombardia.

Di fronte a tutto questo da Ats arrivavano le rassicurazioni sul fatto che fosse tutto sotto controllo fino al documento odierno dove si fa una conta di morti e contagi. Un comunicato in cui non si trova una parola di cura, di attenzione, di solidarietà nemmeno a cercarla con una lente di ingrandimento speciale. Non una parola di dubbi, di autocritica,. di riflessione. Una fredda conta di numeri. Attenzione bene: numeri non dati.

Perché quel documento non racconta tutto quello che è successo. Non racconta le tante persone decedute di cui non sapremo mai la vera diagnosi perché i tamponi nelle Rsa e Rsd si sono iniziati a fare ad aprile. Non si racconta quali siano state le procedure con cui sono stati trasferiti malati dagli ospedali senza che questi prima fossero sottoposti a tamponi. Solo al Molina sono stati venti. Certo, esisteva già un accordo, ma gli operatori della casa di riposo varesina non potevano sapere quali sarebbero stati i rischi. E infatti si sono infettati interi reparti.

I numeri che oggi dà Ats non raccontano quale sia il tasso di crescita della mortalità in quelle realtà rispetto allo scorso anno o alla media degli ultimi cinque anni.

Questo per stare ai dati. Poi c’è tutto il tema dell’essere stati lasciati soli. Appena abbiamo pubblicato l’intervista ai vertici di Ats siamo stati sommersi da chiamate, email, messaggi da parte di sindaci, operatori sanitari e famigliari. Una valanga di proteste.

La direzione di Ats ha spiegato bene il perché del lungo silenzio rotto per la seconda volta solo oggi: era un ordine della Regione. La comunicazione era tutta centralizzata e gestita in modo diretto dall’assessore Gallera. Da settimana scorsa si è cambiata linea, ma non sostanza. Infatti si prosegue nel dare numeri e non dati.

Abbiamo pubblicato un lungo articolo costruito da colleghi esperti di gestione dei dati. È stato possibile per una falla del sistema informatico della Regione che ha permesso di attingere a un database con tutti i dati (senza informazioni sensibili) di tutti i tamponi effettuati. Quelli sono dati perché da lì si possono scoprire molte informazioni. Le informazioni sono i mattoni per costruire ogni ipotesi di lavoro serio per convivere con il virus. Allora nasce spontanea una domanda: perché non si lasciano liberi? Perché non si condividono facendoci lavorare anche esperti?

Alcuni giornalisti con Il sole 24ore in testa stanno chiedendo in tutte le forme possibili di avere accesso ai dati. Solo così si può organizzare una fotografia seria, che da un parte sia trasparente e dall’altra permetta a tutti i cittadini di capire quali passi andranno imparati per riprendere a uscire di casa.

Non farlo significa ancora una volta dare i numeri e fare una triste e squallida conta dei morti. Ricordiamoci che sono persone e non decessi.

Marco Giovannelli
marco@varesenews.it

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Pubblicato il 20 Aprile 2020
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Commenti

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  1. Avatar
    Scritto da Laura Branchini

    Grazie per questa serietà e perseveranza nell’approccio. Ne abbiamo un gran bisogno.

  2. Avatar
    Scritto da Felice

    Posso aggiungere che Fontana in tutta questa vicenda mi è sembrato un pò troppo trascinato dagli eventi e quando messo sotto pressione dai giornalisti ha incominciato radicalmente a cambiare tono ed atteggiamento instaurando una comunicazione più Salviniana …ovverosia rispondendo infastidito (o sarebbe meglio dire non rispondendo alle domande) ed innescando polemiche ad oltranza con il governo centrale. I cittadini lombardi soprattuto di Bergamo e Brescia con quello che hanno passato avrebbero anche rinunciato a questo continuo teatrino di battibecchi.
    Se anche la Federazione Regionale degli Ordini dei Medici Chirurghi ha firmato una lettera dove si evidenziano i macro-errori della regione Lombardia forse un minimo di autocritica questa giunta se la deve fare…ma invece no…loro vanno avanti spediti con la loro linea di autodifesa convinti che tutti i chirughi lombardi votino strenuamente PD.
    Poveri noi….ottusi ed arroganti.

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