Jon Coda e la sua “Madre del nulla”
"Il protagonista è Aiace, personaggio che riflette il disagio psicologico dell’uomo, in un contesto di distorsione spazio- temporale con un sottofondo di paura, che spesso è legata all’ignoto", la recensione di Emiliano Pedroni
Leggendo Madre del Nulla mi è sembrato di contemplare i dipinti surrealisti di Salvador Dalì e in particolare “Sogno causato dal volo di un’ape intorno a una melagrana un attimo prima del risveglio” Un melograno da cui fuoriesce un pesce che “genera” due tigri dietro a una baionetta – rappresenta il violento e sgravato risveglio della donna dai suoi sogni tranquilli. Sullo sfondo un elefante dalle zampe di ragno traversa tranquillamente la scena portando sul suo groppo un obelisco di pietra. Le immagini evocano sensazioni del subcosciente al di fuori di ogni controllo esercitato dalla ragione, fuori da ogni preoccupazione morale proiettati al di fuori della coscienza. È surreale tutto ciò che non sia spiegabile con le conoscenze attuali della realtà. Il surrealismo di Dalì viene trasferito con le stesse peculiarità nel libro di Jon Coda in cui il protagonista Aiace, personaggio che riflette il disagio psicologico dell’uomo, in un contesto di distorsione spazio- temporale con un sottofondo di paura, che spesso è legata all’ignoto.
La realtà in Madre del Nulla è totalmente stravolta. Il protagonista sogna oppure le sue visioni sono frutto di una mente alterata? La conduzione e lo stile rispecchiano i racconti surrealistici che hanno avuto grande successo nel Novecento, sulla scia di Franz Kafka e Jorge Luis Borges. Un libro che rispecchia tanta vita, si sente già dalle prime pagine. Riflette la vita non nei suoi lati più evidenti ma nei suoi lati più nascosti. Sigmund Freud avrebbe parlato di inconscio. Il libro fa leva, perciò, sull’ignoto per organizzare una storia che potrebbe avere, alla fine, anche una conclusione che spiegherebbe il tutto. Leggendo l’opera vi troverete situazioni difficili da comprendere. Un enorme pianta di glicine sembra turbare l’animo di Aiace, ma perché? Jon Coda in questa opera descrive la realtà concreta come un qualcosa di inconcepibile, assurdo, artificioso in cui si avverte l’eco del genere narrativo del fantastico, grottesco e fiabesco di Ernst Theodor Hoffmann.
Complimenti all’autore per aver scritto con abile maestria un’opera complessa nel suo genere in cui solo un attento lettore sarà in grado, con pazienza, di posizionare i pezzi del puzzle per completare e ammirare alla fine il quadro finale.
TRAMA: Aiace è solo, esiliato. La sua memoria non funziona più. Vive in una sorta di limbo in una cascina abbandonata. Oltre le sue mura sembra che niente possa esistere. Per questo l’ha battezzata Madre del Nulla. Il suo mentore Lightblue, fra le poche persone di cui si ricordi, spezza l’isolamento e lo mette sulle tracce di un misterioso manoscritto. Aiace non ricorda nulla ma inizia una ricerca che coinvolge due vecchi amici e che lo porterà a viaggiare su un mezzo improbabile, a propulsione filosofica, fra i limiti della sua memoria. Un processo grottesco inizia a far luce sul passato del protagonista, e suggerisce un dramma con il quale Aiace dovrà misurarsi. Nel frattempo Lightblue, per aiutarlo, è stato imprigionato in un dipinto.
La postfazione è di Silvio Raffo.
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