Stefano Albertoli, da Ponte Tresa alla Grecia al fianco di Beppe Sannino
Seconda avventura al Levadiakos per l'ex mister del Varese, affiancato dal suo collaboratore, cresciuto sui campi del Varesotto e con un sogno biancorosso nel cassetto
Da una settimana Giuseppe Sannino e il suo fido scudiero Stefano Albertoli sono tornati in sella in Grecia, al Levadiakos, squadra della città di Livadeia, nella Grecia Centrale, che milita nel campionato di serie B del Paese ellenico.
Se del mister di Ottaviano sappiamo più o meno tutto, il suo collaboratore ha una storia da raccontare che parte da Lavena Ponte Tresa e arriva in Grecia, passando per l’Ungheria, per la Svizzera e per i campi sconnessi della provincia.
Quarantesette anni da compiere a giugno, Albertoli ha un passato da calciatore coi piedi buoni, ma la testa non ancora sintonizzata sulle frequenze giuste: «Ero un po’ un ribelle, diciamo – spiega dopo la vittoria per 4-0 ottenuta contro il Karaiskakis, secondo successo su due dopo il ritorno in Grecia affianco a mister Sannino -. Ho giocato nella Pro Patria in Interregionale, poi su e giù per la Svizzera: lavoravo e giocavo, non ho mai fatto il passo più lungo della gamba».
Presto ha cominciato ad allenare e lo ha fatto partendo dal basso, dalla Terza Categoria e dai ragazzini: «Ho fatto tutte le categorie prima di incrociare la strada con quella del mister. Ho ricordi bellissimi degli anni passati alla Cassiopea, al Luino, a Novazzano solo per citare alcune esperienze – dice Albertoli -. Quella di Luino è stata una vera e propria impresa, a fine girone di andata avevamo 1 punto in classifica e ci siamo salvati, una cosa impensabile. Anche a Novazzano, in Svizzera, un’esperienza magnifica, senza mai perdere dopo la prima giornata. Ci sono un sacco di ragazzi che ricordo con affetto, quelli della Cassiopea, gente che si allenava dopo 12 ore di lavoro, Caiola, Della Moretta, Rainer. Chi avrebbe potuto fare di più? Candeliere, ora a Gavirate, per me fortissimo anche come persona, e Gjoka e Bottini, che ho avuto la fortuna di allenare, persone splendide anche fuori dal campo. Ma anche il gruppo storico di quel Luino, ragazzi fantastici. E Righi, che ha cominciato ad allenare, un bravo ragazzo davvero, oltre che un ottimo portiere».
L’incontro con Beppe Sannino? È avvenuto per caso e il calcio c’entra solo di riflesso: «Ci ha messo in contatto Silvio Papini, quando il mister abitava in zona Varese – racconta Albertoli -. Io facevo l’idraulico e Sannino aveva bisogno, diceva che gli mancava l’acqua e non capiva perchè. Sono andato a vedere e ho scoperto che gli avevano portato via il contatore…Da lì ci siamo conosciuti, abbiamo cominciato a parlare di calcio, mi ha seguito finchè è nata l’occasione di lavorare insieme. L’ho accompagnato nelle avventure in Grecia, a Novara e in Ungheria, all’Honved, dove stavamo facendo davvero bene. Io sono il suo collaboratore più stretto sul campo, nelle altre avventure c’era con noi anche Giovanni Cusatis. Io e il mister abbiamo due caratteri forti entrambi, discutiamo, ma sempre per il bene della squadra: io, se me la chiede, do la mia opinione, ma è sempre lui che prende la decisione finale. Sannino è quello di Varese, il tempo passa anche per lui, ma per come sta fisicamente e per come è in campo sembra abbia ancora 40 anni: ha la stessa forza, verve voglia, è un trascinatore. La sua vita è il campo. Ora l’obiettivo è far bene qui, poi si vedrà. Siamo stati fermi 10 mesi, è stata durissima e anche inaspettata dopo quanto di buono avevamo fatto in Ungheria e dopo i risultati che il mister ha ottenuto nella sua carriera. Da qui siamo andati via, la squadra è scesa in serie B, ha fatto un anno di attesa ed ora la società vuole risalire e ci hanno richiamato, segno che abbiamo lasciato un buon ricordo: la squadra è valida, c’è un buon mix e un ambiente sano. Siamo secondi a due punti dalla prima, speriamo vada tutto bene».
Albertoli in divisa LevadiakosLa situazione Covid anche in Grecia si fa sentire e complica non poco le cose: «Da domani parte un nuovo lockdown, coprifuoco, muoversi sarà complicato. Facciamo i tamponi prima di tutte le partite, con esito il giorno dopo. È difficile, fortunatamente per ora non abbiamo avuto casi da quando siamo qui – prosegue Albertoli -. Penso anche all’Italia, ai dilettanti, è dura in ogni categoria, i costi sono elevatissimi, la gestione complessa. Ma credo anche che bisogna imparare a conviverci con questa cosa, per forza, se si vuole recuperare un po’ di serenità».
È appena cominciata questa seconda esperienza in terra ellenica, ma l’allenatore di Ponte Tresa mantiene forte il legame con il Varesotto, con un sogno nel cassetto colorato di biancorosso: «A casa c’è mia moglie, le mie figlie e mio papà. Quando eravamo in Ungheria è stato male e sono tornato a casa per dieci giorni, spero stiano tutti bene, li sento tutti i giorni – conclude Albertoli -. Seguo sempre il Varese, il Città di Varese: sono legato ai colori, è la squadra del cuore e il sogno è quello un giorno di allenare al Franco Ossola, sarebbe bellissimo».
Albertoli sul campo d’allenamento con l’HonvedTAG ARTICOLO
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