Aziende e ristoranti spremuti come limoni da Caronno a Gerenzano, così la ‘ndrangheta comandava
A Gerenzano sono riusciti a farsi consegnare 500 mila euro da un imprenditore mentre a Caronno Pertusella se la sono presa con un ristoratore che ha consegnato oltre 70 mila euro
La famiglia Ficarra (Domenico classe ’84 e Domenico classe ’85, Massimiliano, Daniele, Antonio, Rocco), legata alla locale di ‘ndrangheta di Fino Mornasco sgominata nell’operazione di martedì, era molto attiva sull’asse della Saronnese. Alcuni di loro vivevano in provincia di Varese, altri in provincia di Como e insieme stringevano in una morsa il territorio tra il comasco e il varesotto, spremendo aziende e privati con continue richieste di soldi.
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Non si fermavano nemmeno durante il lockdown
Tra queste ce n’è una molto nota che si occupa di riciclo di materiali a Gerenzano. Il titolare ha consegnato, solo tra il 2019 e il 2020, oltre 500 mila euro a Domenico Ficarra e ad altri componenti del gruppo.
Il proprietario dell’azienda, uomo molto noto nel Saronnese e non solo, è stato anche portato all’interno dell’abitazione di Angelo Salerni (anche lui arrestato nell’operazione di martedì insieme ad altri componenti della sua famiglia, ndr) sita a Gerenzano dove gli era stato mostrato un fucile che era attaccato alla parete e riferito che il padrone di casa era un latitante che aveva già commesso degli omicidi.
Così parlò l’imprenditore durante l’interrogatorio che rese a maggio del 2020, quando finalmente ha deciso di denunciare le estorsioni nei suoi confronti: «Voglio essere chiaro: la prima volta non ho ricevuto minacce espresse da Daniele Ficarra ma lo stesso mi disse che il fratello era stato arrestato e che aveva bisogno di aiuto facendomi capire con toni intimidatori che quei soldi dovevo darglieli. Io, trattandosi di soggetti calabresi di Gioia Tauro, ho avuto paura di ritorsioni a me o all’azienda, come in effetti è accaduto nel prosieguo della vicenda, in quel momento, speravo in cuor mio che dandogli 5.0000 euro non li avrei più rivisiti, ma mi sono sbagliato di grosso»
In un altro passaggio: «Avevo paura. Le richieste di Daniele Ficarra erano delle intimidazioni con ciò intendo dire che quei soldi mi intimava di darglieli. Mi disse che, il fatturato della sua società di trasporti (con la quale aveva da poco chiuso i rapporti, ndr) era di 60.000 euro al mese e per tale ragione riteneva il suo “utile” pari a tale somma. Io ho accettato di pagare sperando che si accontentasse».
Dal recupero crediti all’estorsione senza soluzione di continuità
Sono diversi i soggetti che, sotto la costante minaccia di far del male ai famigliari, hanno pagato somme che vanno dai 70 mila ai 90 mila euro. Uno di questi è un ristoratore di Caronno Pertusella che, a causa di una semplice conoscenza in comune con i Ficarra, si è trovato a scucire 76 mila euro: «Avevo parlato con loro di un tizio che mi doveva 70 mila euro e alla fine mi sono ritrovato a pagare di tasca mia svariate decine di migliaia di euro» – ha raccontato l’uomo agli inquirenti nel 2018.
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