Giuseppe Adamoli, l’errore di Mani Pulite: “L’arresto non mi ha impedito di tornare a fare politica in Regione”

È stato uno degli “arresti eccellenti” di Mani Pulite, e anche uno dei più grossi errori del pool: l’allora consigliere regionale - e assessore regionale ai lavori pubblici - varesino fu arrestato il 24 novembre del 1992

Giuseppe Adamoli

Giuseppe Adamoli, vedanese, classe 1941, è stato uno degli “arresti eccellenti” di Mani Pulite, e anche uno dei più grossi errori del pool: l’allora consigliere regionale – e assessore regionale ai lavori pubblici – varesino fu arrestato il 24 novembre del 1992 con l’accusa di aver favorito un’azienda, e restò a san Vittore 4 giorni, salvo poi essere assolto pienamente per non avere commesso il fatto, due anni dopo. Un arresto davanti a moglie e figli, che ha frenato la sua carriera politica in grande ascesa, ma che non ha spento la sua passione: rieletto in Regione nel 2000, ha ripreso per altre due legislature, firmando lo statuto della Lombardia. Il suo è stato l’unico caso, tra gli arrestati di Mani Pulite, di ritorno alla vita politica ad alti livelli.

Sono passati trent’anni da una ferita grande: per la politica, ma anche personale.
Come l’ha vissuta allora?

Le rispondo, e sento ancora la commozione, con alcune parole della lettera di dimissioni che immediatamente e irrevocabilmente scrissi con mano tremolante su un tavolaccio di San Vittore.

“Caro Presidente,
ti scrivo queste parole col nodo in gola. Mi dimetto dal Consiglio Regionale. E’ una scelta tremenda….
Voi avete, martedì, un Consiglio decisivo per uscire dalla crisi politica che può sfociare in crisi istituzionale….
Ho già lucidamente in testa, nella mia lugubre cella, che cosa avrei detto nel mio intervento. Avrei desiderato che fosse, fra tutti i miei, il più riuscito ed ascoltato….
E’ come se tutto mi sia cascato addosso. Ha senso tentare di schivare le macerie? La mia risposta è in questa povera lettera. Voi dovete continuare ad operare per la Regione a cui sono stato tanto affezionato”.

E come la vede ora?
Ovviamente non posso dimenticare che fino a qualche tempo prima il mio nome correva sui giornali come il probabile presidente della Regione ma l’assoluzione piena con le scuse informali di qualche famoso magistrato, ad esempio Di Pietro, e soprattutto il rispetto dei cittadini, allora del tutto insolito per chi era incappato in casi come il mio, mi sono stati di grande sollievo. Certo, se i magistrati avessero doverosamente agito molto tempo prima e col bisturi anziché usare il bazooka sotto la spinta della piazza sarebbe stato molto meglio.

Non ha mai smesso di fare politica, o anche solo di esprimere la sua opinione.
Perché? Non le è “passata la voglia” di stare in questo contesto?

Come avevo scritto nella lettera dal carcere che le ho citato all’inizio “E’ stata la mia una passione vera per la politica severa e pulita fin da ragazzo quando lavoravo in fabbrica”. Ed è stata anche il mio ascensore sociale, perché non riconoscerlo? Dal 2010, dopo il mio volontario ritiro dalla politica attiva, tengo un fortunato blog su Facebook. E’ un fatto di cuore, posso ben dirlo.

Lei è stato anche rieletto in consiglio regionale nel 2000, pur in rappresentanza di un piccolo partito.
Si, la mia elezione con le preferenze personali è stata una bella sorpresa poiché rappresentavo di fatto il PPI (Partito Popolare Italiano, una piccola costola della Democrazia Cristiana ormai dissolta, ndr) che qui aveva l’1,5%. Decisiva a presentarmi fu la spinta di Mino Martinazzoli, candidato presidente. Anche successivamente ho sempre preferito la sfida dei voti personali rinunciando nel 2006 ad una facile e sicurissima elezione in Parlamento come mi avevano proposto Marini, Rutelli, Castagnetti e Letta. Feci benissimo perché poco dopo fui votato all’unanimità presidente della Commissione speciale che, dopo due fallimenti, approvò finalmente lo “Statuto d’Autonomia della Lombardia”.

Come le sembra la politica di adesso? Secondo lei ha “imparato la lezione” di Mani Pulite?
Qualcosa è migliorato ma noto che continua una specie di distorto “giustizialismo contro garantismo” che è pericoloso perché frena un rapporto equilibrato fra Giustizia e le altre Istituzioni, come auspicato dal Presidente Mattarella. La politica è troppo debole ed autoprotettiva ma anche la Magistratura deve accettare di autoriformarsi perché la sua indipendenza ed autorevolezza sono un fulcro imprescindibile dello Stato democratico.

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 17 Febbraio 2022
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