Sbaglia i tempi per il Reddito di Cittadinanza: a giudizio ambulante di Cugliate Fabiasco

L'uomo, 39 anni, è accusato di aver presentato la domanda per il beneficio senza possederne i requisiti: è risultato essere residente in Italia da meno di 10 anni. La scoperta in un controllo a campione: rischia da 2 a 6 anni

tribunale Varese

«Dottore, non ce la faccio più ad andare avanti cosa mi consiglia di fare?».
«Chiedi il Reddito». E così è stato.

Peccato che la domanda non fosse completa sul piano temporale, e ora il commerciante di 39 anni rischia grosso dopo essere stato denunciato per le disposizioni nate apposta per sanzionare chi non ottempera alle rigide normative che consentono sì di ricevere il reddito di cittadinanza introdotto dal Governo Conte, a patto che vi siano i requisiti. E non importa se il soggetto ha già restituito tutto all’Inps – interessi compresi – : ignorantia legis non excusat.

I fatti riguardano quanto accaduto a un 39 enne marocchino con partita iva residente a Cugliate Fabiasco: un lavoro come ambulante, una professione che consentiva una vita onorevole fra i mercati dell’Alto Varesotto e della provincia.

Poi però, ci si mette di mezzo il covid. L’uomo viene travolto dai problemi economici, come avviene per migliaia di persone. Tuttavia c’è un «piano B». Il professionista che segue i conti del piccolo imprenditore consiglia di richiedere l’«Rdc». Così vengono compilate le carte e inviate all’Inps che eroga tre mensilità piene. Ma c’è un ma. Anzi due.

Primo: i documenti erano completi, ma mancava un requisito importante dal momento che l’uomo è nato in Marocco ma risiede in Italia da mano di 10 anni, requisito che è tassativamente necessario per accedere al beneficio. Secondo: arriva un controllo a campione. 

Siamo all’ottobre 2020, e parte la denuncia, come prevede la norma. «Le pene per l’inottemperanza a queste regole sono piuttosto elevate e si va da 2 a 6 anni di carcere», spiega l’avvocato varesino Gianluca Franchi, che difende l’ambulante, che ha risarcito l’Inps di circa 2 mila euro, già versati. «Stiamo cercando un accordo per un patteggiamento, per questo abbiamo ottenuto un rinvio a ottobre», spiega il legale, il quale specifica la presenza di recentissima giurisprudenza di Cassazione che ammorbidisce l’atteggiamento della Corte riguardo alle presentazioni incomplete della documentazione, anche se in questo caso siamo di fronte – se verrà accertato – alla carenza di un requisito sulla ammissibilità del procedimento.

La condanna da 2 a sei anni è pesante perché non ammetterebbe la messa alla prova (istituto giuridico mutuato dalla procedura penale del processo minorile che consiste, su richiesta dell’imputato, nella sospensione del procedimento penale nella fase decisoria di primo grado per reati di minore allarme sociale), che invece sarebbe possibile in caso di una pena su accordo della parti nel caso di una condanna attorno ai 10 mesi, strategia a cui tende la difesa.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 19 Aprile 2022
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Commenti

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  1. Avatar
    Scritto da lenny54

    Ma e’ il primo caso che viene fatta un udienza per questo reato? Perche’ nel resto dell’Italia non c’e’ notizia di questi procedimenti?

  2. carlo_colombo
    Scritto da carlo_colombo

    D’accordo che la legge è legge, ma in questo caso dovrebbe prevalere il buon senso. Il frutto dell’eventuale reato, circa 2mila euro sono stati restituiti, pensiamo a quelli che hanno rubato milioni e praticamente non hanno subito conseguenze, e addirittura si riprenderà il processo ad ottobre con quale finale? La faccenda, visto l’entità della cifra, peraltro restituita, avrebbe dovuto concludersi immediatamente mentre i soldi dei contribuenti verranno sprecati per imbastire un processo che farà perdere tempo e denaro a tutti, imputato, giudici, testimoni ecc. ecc.
    Possibile che appunto, in casi come questi non possa prevalere il buon senso piuttosto che una Giustizia incompleta?

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