Samarate si ferma per salutare Stefania e Giulia: è la giornata del dolore
Autorità, istituzioni e tanti amici e cittadini si sono presentati nella chiesa della Santissima Trinità per esprimere il cordoglio per una morte difficile da comprendere. Il parroco, Don Nicola, si fa interprete dell'angoscia collettiva: "Perché la vita è sfregiata dal male?"
Per Samarate oggi, sabato 14 maggio, è il giorno del dolore: la famiglia, gli amici e la comunità hanno salutato per l’ultima volta Stefania Pivetta e Giulia Maja, uccise da Alessandro Maja (marito e padre) lo scorso 4 maggio.
Presenti alla cerimonia nella chiesa della Santissima Trinità di piazza Italia il sindaco di Samarate Enrico Puricelli, la vicesindaca e assessora ai Servici Sociali, Nicoletta Alampi, e la presidente del consiglio comunale Rosella Caligiuri. In rappresentanza di Regione Lombardia la vicepresidente Francesca Brianza, mentre Emanuele Antonelli ha dimostrato la vicinanza della Provincia; c’erano anche i sindaci di Ferno, Filippo Gesualdi, e di Cassano Magnago, Nicola Poliseno.
«Oggi è una giornata molto triste – ha dichiarato Francesca Brianza prima di entrare in chiesa – io sono qui per rappresentare la Regione e dimostrare la vicinanza alla famiglia e alla comunità scosse. Non ci sono giustificazioni che tengano. Sono cose che non hanno spiegazione, bisognerebbe trovare il modo di intervenire prima».
Puricelli, in fascia tricolore, ha espresso il cordoglio ma anche lo sconcerto per una situazione che si fa ancora fatica a comprendere: «Oggi è giorno di lutto cittadino, è devastante. Ieri c’era il dolore, mentre oggi c’è la rabbia per quello che è successo soprattutto dopo le dichiarazioni dell’assassino che chiede di suo figlio e si mette a piangere. Stefania e Giulia andranno in paradiso, mentre Nicolò sta migliorando. Che Dio ce la mandi buona perché ha bisogno delle preghiere di tutti noi».
I sindaci Gesualdi, Poliseno, Puricelli con Emanuele Antonelli e Francesca Brianza
“Non abbiamo risposte”
Nel corso della cerimonia religiosa, dopo aver letto l’episodio di Lazzaro dal vangelo di Giovanni, il parroco don Nicola Ippolito si è concentrato sull’incredulità e sulle domande che amici e famigliari si stanno ponendo in questi giorni senza trovare risposta: «Non possiamo fare finta di niente, come può accadere una cosa simile? Noi siamo abituati a sentire certe notizie alla tv e ci sembrano lontane, ma quando capitano a casa nostra fa più male. Perché esiste il male e si annida nei rapporti famigliari fino ad arrivare a punti inarrivabili? Noi non lo sappiamo e qualunque risposta non allevierebbe il nostro dolore e la nostra fatica. Perché la vita è sfregiata dal male? E ci si può chiedere: Signore, perché non c’eri?». Riprendendo la domanda di Marta, sorella di Lazzaro ha poi affermato:«La fede non può non farci porre questa domanda quando pensiamo alle vittime innocenti».
Noi siamo aggrappati alla croce e non abbiamo risposte: non sappiamo perché è accaduto ma possiamo rispondere alla domanda dov’era Gesù. Era sulla croce, accanto a Stefania, Giulia e Nicolò: lui per primo porta le nostre sofferenze, non delega la sofferenza a qualcun altro. Il signore è accanto alla nostra sofferenza. Guardare la croce significa riconoscere la grandezza dell’amore di Dio che non si tira indietro e soffre insieme a noi. Sappiamo che Stefania e Giulia stanno già vedendo Gesù che scende dalla croce e che non ha revocato un progetto di gioia per loro. E allora noi rimaniamo aggrappati a questa forte speranza, anche se annebbiata e poco chiara, ma reale come è reale la croce. Siamo sicuri di potere incontrare Stefania e Giulia splendide come le ha pensare il giorno della creazione».
“Tre coltellate nel petto”
«Tutto ciò che ci è successo ci è caduto addosso come un macigno», ha affermato Giulio Pivetta, padre di Stefania e nonno di Giulia, con le lacrime agli occhi, «abbiamo sentito tre coltellate nel petto: una per Stefi, una per Giulia e quella più dolorosa per Nicolò. Speriamo che dall’alto lo proteggano e gli diano la forza di andare avanti. Stefania era una figlia generosa, con entusiasmo per la vita, tanti interessi e passione. Giulia, il mio angelo, era una ragazza dolce e semplice, con una sensibilità fuori dal comune».
Dopo aver ringraziato le autorità locali, ha rivolto una preghiera a tutti i presenti: «Pregate affinché Nicolò possa rimettersi al più presto. Le mie lacrime sono quasi finite e spero che possano essere di gioia per il ritorno a casa di mio nipote».
L’amore è più forte del male
I compagni di classe e le insegnanti di Giulia dei licei di Viale dei Tigli di Gallarate hanno letto una lettera a cui, purtroppo, la sedicenne non potrà mai rispondere: «È strano parlare di te al passato quando invece sei una parte del nostro presente: noi non ti ricorderemo come una vittima. Per noi sei la ragazza con cui ridevamo, con cui ci lamentavamo della nostra vita monotona e che oggi vorremmo tanto riavere pur di stare di nuovo con te. Avevamo un futuro insieme ma all’improvviso sei sparita lasciandoci increduli».
Ma i ragazzi della 2G rispondono alla violenza che l’ha strappata alla vita con la forza dell’amore e dell’amicizia, aggrappandosi al legame con Giulia: «Sarai sempre con noi: ci basterà chiudere gli occhi per rivederti sorridente, perché le persone che ci vogliono bene non ci lasciano mai davvero. ti ricordiamo come compagna di classe e amica perché il bene che ti abbiamo voluto è più forte della violenza che ti ha portato via».
Alla fine della cerimonia le amiche hanno lanciato dei palloncini in aria, tra le lacrime e gli applausi della folla, per raggiungere anche solo con un piccolo gesto le due donne, che ora riposano in cielo.
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