COP27, party o funerale del clima?

Dichiarazioni discordanti dei leader sulla partecipazione alla conferenza sul clima a Sharm el-Sheikh in Egitto. E intanto il riscaldamento globale continua

Italia Mondo generiche

Svedese, non ama il caldo né le creme solari, anzi combatte per abbassare la temperatura del pianeta, e si scalda molto se non fai quello che dice. Inglese, naturalmente abbronzato, ama contare i soldi e preferisce i verdissimi campi da golf scozzesi alle dune del deserto. Per ragioni diverse, Greta Thunberg e Rushi Sunak hanno detto “Non ci vado”. Non parteciperanno al COP27 a Sharm el-Sheikh, in Egitto. La prima dice che è solo un’occasione per farsi belli dei grandi del pianeta che sono coalizzati in un approccio graduale e insufficiente al problema del secolo. Il secondo dice che deve occuparsi urgentemente dell’economia del Regno Unito, e ha ordinato anche a Carlo III di starsene a casa (anche da qui si conferma, se ce ne fosse bisogno, che i titoli non fanno le persone). (nella foto lo Sharm El-Sheikh International Convention Center, SHICC, uno dei centri congressi più grandi e innovativi del Medio Oriente e dell’Africa)

Ultime notizie: Sunak ha cambiato idea. Il Giorno dei Morti, il premier britannico è risorto dall’ignavia climatica e ha cambiato idea, annunciando che andrà al summit. Le motivazioni ufficiali sono state espresse su Twitter dal diretto interessato come segue: “Non c’è prosperità a lungo termine senza un’azione sul cambiamento climatico. Non c’è sicurezza energetica senza investire nelle rinnovabili. Ecco perché la prossima settimana parteciperò a COP27: per portare avanti l’eredità di Glasgow di costruire un futuro sicuro e sostenibile”. La dinamica decisionale è probabilmente l’esito dell’annuncio di Boris Johnson di partecipare. Il rivale avrebbe riguadagnato la scena globale, di fatto rappresentando il Regno Unito, se Sunak non fosse andato.

Esserci o non esserci, tutti usano la propria scelta per farsi vedere, mentre il riscaldamento globale non sta a guardare. Vediamo di capire coi dati a che punto siamo arrivati.

Il problema. L’anidride carbonica nell’atmosfera è passata da 300 a 420 parti per milione negli ultimi 70 anni.
Le cause. Bruciare fonti fossili produce ogni anno circa 36 miliardi di tonnellate di anidride carbonica, cui si aggiungono oltre 8 miliardi di tonnellate di metano, che provengono principalmente dall’allevamento del bestiame, dalla produzione petrolifera e dalle discariche. A questo si aggiunge la distruzione annuale di circa 4 milioni di ettari di foreste primarie, equivalenti a circa un terzo dell’Italia.
Le conseguenze. La temperatura media della terra è aumentata di quasi un grado rispetto agli anni ’60, con differenze regionali significative. Le temperature in Europa sono aumentate di oltre il doppio della media globale negli ultimi 30 anni. A causa dello scioglimento dei ghiacci, il livello medio dei mari è salito di 10 centimetri in 30 anni, il periodo durante il quale la superficie del ghiaccio artico galleggiante è diminuita del 30%, equivalente a oltre 6 volte quella del nostro paese.
La soluzione. Negli ultimi dieci anni la capacità installata globale per la produzione di energia da fonti rinnovabili, solare ed eolico in primis, ha quasi raggiunto quella dal carbone. La transizione elettrica sta accelerando grazie alla caduta verticale del costo delle batterie agli ioni di litio, che sono passate da 1200 euro per kilowattora prodotto a 100 euro.

Che cos’è la CO27P e come può essere d’aiuto?
Da tre decenni, i governi mondiali si incontrano ogni anno per forgiare una risposta globale all’emergenza climatica. In base alla Convenzione quadro delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici del 1992, ogni paese della terra è vincolato da un trattato a “evitare i pericolosi cambiamenti climatici” e a trovare modi per ridurre le emissioni di gas serra a livello globale in modo equo. COP sta per Conferenza delle Parti e gli incontri annuali sono oscillati tra il litigioso e il soporifero, intervallati da momenti di grande dramma e occasionali trionfi (l’accordo di Parigi nel 2015) e disastri (Copenaghen nel 2009). Quest’anno c’è la 27° edizione, a Sharm el-Sheikh, in Egitto. La conferenza è un’importante piattaforma per 200 nazioni per discutere e raggiungere un consenso su come proteggere il mondo. L’obiettivo generale di queste conferenze è costringere i leader mondiali a adottare misure attuabili per prevenire l’aumento globale delle temperature superiori a 1,5ºC. Il vertice COP di quest’anno, in particolare, è importante per i paesi in via di sviluppo poiché cercheranno di ottenere accordi di finanziamento essenziali per aiutarli a ridurre le loro emissioni nei prossimi anni.

Possiamo mettere tutte le nostre migliori energie nel sostituire le lampadine vecchie con quelle ad alta efficienza, far indossare i cappotti agli edifici, separare con meticolosità svizzera il tappo di plastica dal tetrapak del cartone del latte, ma se in Nigeria, Indonesia e Brasile non fanno lo stesso, non servirà a molto. Tutte le 26 COP precedenti non hanno “risolto” il problema, ma per ora non abbiamo altre “soluzioni” di governance disponibili. Non esserci in questo caso non è né un atto di coraggio né smart.

“Essere o non essere, questo è il problema. È forse più nobile soffrire, nell’intimo del proprio spirito, le pietre e i dardi scagliati dall’oltraggiosa fortuna, o imbracciar l’armi, invece, contro il mare delle afflizioni, e combattendo contro di esse metter loro una fine?” William Shakespeare.

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Pubblicato il 06 Novembre 2022
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