“Mia figlia Tania è morta un mese fa e vi spiego perché mi ha cambiato la vita“
Aldo Grassini ha perso la figlia che fino all’ultimo ha lottato dopo una vita di enormi difficoltà. “Al funerale non sono riuscito a parlare, io che vengo da un paese dove la vita si racconta in rime”
«Al funerale di mia figlia non sono riuscito a parlare, non mi uscivano le parole di bocca, proprio a me, che arrivo da un paese dove la vita si racconta in rime. Vorrei dire qualcosa ora, spiegare chi era e perché nonostante da fuori possa sembrare strano questa bambina, poi diventata donna, sia riuscita ad insegnarmi giorno dopo giorno come affrontare la vita».
Ci sono storie difficili da inquadrare perché nascondono qualcosa a prima vista invisibile, ma che alla fine viene fuori con le parole. Storie che sembrano come tante e che invece, come tutte, sono differenti le une dalle altre. E quest’uomo di 77 anni che vive con la sua famiglia in un piccolo paese della Valcuvia ha chiesto di poter affrontare qualcosa che sembra l’elaborazione di un lutto e invece rappresenta l’ultimo saluto alla figlia passato attraverso il racconto di una vita.
«Tania è morta a 47 anni all’hospice di Laveno Mombello il 30 dicembre, non ha voluto vedere il nuovo anno», racconta Aldo durante una lunghissima camminata nei boschi fra Orino e Cerro, nel sentiero che passa fra enormi castagni che ospitano le casette dei pipistrelli messe lì apposta per la tranquillità offerta da questi luoghi attraversati al massimo da qualche biker o amante della corsa in solitaria. «Quella notte mi chiamarono alle 2.30. Io soffro d’insonnia, e in quel frangente ero sveglio. Ho visto il numero. E ho capito che era finita. Mia figlia era morta, dopo un ultimo periodo in cui ha sofferto e vita difficile che secondo i medici sarebbe dovuta finire poco dopo essere venuta alla luce: era affetta da una gravissima insufficienza epatica, e più avanti abbiamo scoperto che soffriva anche di un lieve ritardo mentale, la “sindrome Kabuki“, così chiamata perché chi ne soffre presenta tratti somatici che possono ricordare la famosa espressione facciale del teatro giapponese kabuki. Una condizione che non le ha però impedito di avere una memoria incredibile per ricordare nomi, fatti, episodi e poesie che recitava per tutti».
Nella piccola comunità di Orino, Tania era conosciuta, e spesso la si vedeva alla biblioteca pubblica, ente che ha devoluto una donazione a Save the Children; da Roma, con una lettera, il ringraziamento per questo gesto, una donazione alla memoria, ricordata in una lettera che Aldo tiene fra le mani e lo commuove per le parole che vi sono scritte, «in ricordo di Tania che si è sempre preoccupata degli altri dimenticando le sue sofferenze». Per questo la sua scomparsa ha generato numerose manifestazioni di affetto arrivate fino a pochi giorni fa alla famiglia. Ce n’è una in particolare che dice: «Tania era la persona più felice sulla terra». Infatti questa famiglia, che più di altre ha dovuto affrontare le asperità della vita, è riuscita a contornare l’esistenza di questa ragazza da una sorta di rete di protezione fatta di affetti e di un ambiente in cui vivere sgombro da difficoltà. «Molti hanno ritenuto questa eccessiva protezione sostenuta in questi anni come un errore, ma noi abbiamo scelto di seguire questa strada per cercare di donare a Tania un’esistenza ricca di amore. Le persone che hanno avuto a che fare con lei, l’hanno apprezzata per quello che era e per ciò che riusciva a trasmettere», racconta Aldo, che ha diviso l’affetto per Tania «con l’amore incondizionato per tutti gli altri miei familiari».
È difficile per un padre sopravvivere alla vita di un figlio sebbene questa poggiasse su di una condizione di grave infermità, con un doppio trapianto di fegato (dovuto cioè ad una fase di rigetto) avvenuto nel 1996, le cure cliniche, la necessità di una costante vicinanza. «Non ho ancora superato la fase del dolore. Ma posso dire che sono riuscito fino ad oggi ad andare avanti grazie a quello che Tania mi ha insegnato nella vita, alla forza d’animo e alla sua infinita bontà. Io provengo dalla Toscana, da un paese, Ponte Buriano, Arezzo, dove esiste una fortissima cultura legata alla natura e i contadini vivono un indissolubile legame con la parola, e dove la vita si declina in “ottava rima” e la Divina Commedia viene tenuta a memoria. A me questo mi ha salvato: il fortissimo contatto avuto fin da bambino con la natura, coi campi. La semplicità offerta dalla natura. E la poesia del bosco, che ancora oggi mi parla, e mi fa ricordare di Tania».
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