Telelavoro per i frontalieri, i Comuni di frontiera sollecitano Meloni e Giorgetti
Massimo Mastromarino, sindaco di Lavena Ponte Tresa e presidente dell'associazione dei Comuni di frontiera, ha scritto a presidente del Consiglio e ministro dell'Economia per chiedere che si arrivi a una soluzione, anche "copiando" l'accordo con la Francia
La questione dello smart working per i lavoratori frontalieri è ancora in sospeso, dopo che lo scorso 31 gennaio è scaduto l’accordo tra Italia e Svizzera su questa materia.
Oggi una nuova iniziativa dal territorio per sollecitare il Governo a rinnovare l’accordo e a sbloccare la questione. Il presidente dei Comuni di frontiera, il sindaco di Lavena Ponte Tresa Massimo Mastromarino, ha scritto alla presidente Giorgia Meloni e al ministro dell’Economia e delle finanze Giancarlo Giorgetti.
«In qualità di Presidente dei Comuni di Frontiera ho sollecitato il Governo a definire le modalità di lavoro agile a favore dei lavoratori frontalieri e delle aziende di confine – spiega Massimo Mastromarino – La pandemia ha introdotto questo modo di lavorare che nel tempo è diventato strutturale tanto per i lavoratori quanto per diverse aziende. Per i frontalieri è un vantaggio, soprattutto per le donne alle quali permette di organizzare meglio il proprio tempo, ma ci sono vantaggi anche in termini di ottimizzazione dei tempi, riduzione del traffico sulle strade, Anche molte aziende hanno riorganizzato i propri spazi lavorativi, riducendo in generale i costi. Questa cosa nata per necessità è diventata una nuova forma strutturale di organizzazione del lavoro. Come avviene in tante aziende italiane, anche grandi aziende come Vodafone, Tim o importantanti studi di consulenza, questa nuova forma di lavoro riguarda anche molti frontalieri, e dunque non possiamo essere ancorati alla vecchia formula del frontaliere che attraversa tutte le mattine la frontiera. Va adottato come scelta di una nuova forma del lavoro».
A un mese dalla scadenza dell’accordo non si è ancora arrivati a una soluzione tra Italia e Svizzera, ma non sembrano esserci ostacoli effettivi, al di là dei tempi della politica: «Intanto l’Italia non avrebbe dovuto far scadere unilateralmente l’accordo amichevole in vigore ma rinnovarlo fino a giugno come avevamo chiesto – aggiunge Mastromarino – Però se il problema è quello di codificarlo in un altro modo rispetto al telelavoro libero che era oggetto dell’accordo, abbiamo un accordo fatto con la Francia, che prevede il 40% di telelavoro, cioè due giorni su 5, basta copiare quello. Il Governo ad oggi non ha ancora messo mano alla questione, anche se Giorgetti è di Varese e dunque conosce bene la realtà di questi territori; ci sono stati un ordine del giorno e un question time ma ancora nessuan decisione. L’iniziativa odierna ha lo scopo di sollecitare una decisione che possa sbloccare la situazione».
Perché dall’1 febbraio i frontalieri non potranno più lavorare da casa
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