La malattia di Magatti consegnò alla storia Baroffio
Un documento ritrovato nell'archivio della parrocchia svela il mistero dell'incarico per la decorazione della chiesa di sant'Antonio Abate alla Motta a un pittore di secondo piano. I due avevano una società di fatto
«Joseph Barofius pinxit». Così recita la scritta alla destra del coro della chiesa di Sant’Antonio alla Motta di Varese. Giuseppe Baroffio dipinse «il tempio» su incarico della curia, lo dimostra un contratto ritrovato negli archivi della parrocchia, datato 1748. I due affreschi principali, quello della navata e quello del coro, sono invece di Giovan Battista Ronchelli.
La prima stranezza è che le autorità ecclesiastiche in genere facevano i contratti con i pittori di grido, in questo caso l’esecutore degli affreschi, mentre Baroffio era solo un quadraturista. «La ragione – spiega Fulvio Baratelli, curatore del restauro dei dipinti della Motta – sta nel fatto che Baroffio in genere lavorava con Magatti che era il pittore più celebre del momento. Probabilmente in quel periodo il Magatti era malato, aveva problemi seri con la vista. E così, in nome di quella società di fatto, il contratto lo ha firmaro il Baroffio».
«Baroffio – continua Baratelli – aveva il compito di preparare l’intonaco. Dipingeva a tempera su calce le parti di contorno, lasciando libero lo spazio per i due affreschi principali. Quando arrivava il pittore di grido, si rompeva l’intonaco negli spazi bianchi e venivano realizzati gli affreschi».
Sarà però Giovan Battista Ronchelli, che non era il pittore del momento, a firmare i due affreschi della chiesa della Motta: «La gloria di sant’Antonio» e «L’esaltazione della croce». (Foto sopra: Fulvio Baratelli)
«È vero – conclude Baratelli – ma Ronchelli lavorava nella bottega del Magatti e quindi era naturale che andasse lui a sostituirlo».
Baroffio stipula il contratto nel 1748 con l’obbligo di consegna dell’opera nel 1752. Una scritta alla sinistra del coro ligneo riporta «Anno domini MDCCLVI». Quattro anni di ritardo nella consegna dell’opera. Non risulta, però, il pagamento di alcuna penale.
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