«Vi racconto la storia del trio Lescano, le Spice Girls degli anni 30»

Giorgio Bozzo ha scritto e prodotto lo spettacolo delle Sorelle Marinetti pensando alla storia del trio Lescano, che sta ricostruendo tra rigattieri e archivi sonori . Con un appello: “chi sa, parli o mi scriva”

Ha cominciato con un faldone che gli ha proposto un rigattiere. Dentro c’erano i ricordi di tre sorelle dei primi del novecento, destinate a fare impazzire tutta l’italia dell’Epoca, e che, quasi un secolo dopo, erano confinate tra i ricordi nazionali più imbarazzanti: quelli della società del ventennio.

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Trio Lescano, la loro storia inedita 4 di 9

Eppure per Giorgio Bozzo, autore e produttore di trasmissioni di culto e personaggi trendy (Dispenser, Platinette, Costantino della Gherardesca, le Sorelle Marinetti), quella del trio Lescano è una storia di cui innamorarsi (“a volte, quando ci penso,  mi sembra di vederle” confessa) e soprattutto una storia misconosciuta, sepolta dietro gli imbarazzi di due decenni tra le guerre che le hanno viste dive e vittime allo stesso tempo. Tanto da scrivere uno spettacolo teatrale (“Non me ne importa niente” con le sorelle Marinetti, in scena ai Giardini Estensi di Varese il 14  luglio) ed essere al lavoro con una biografia, mentre raccoglie materiale inedito per un cofanetto di cinque CD.

«Le ragazze, malgrado quello che gli italiani credessero, erano tutte e tre nate in Olanda: si chiamavano Alexandrina, Iudith e Kitty (poi italianizzati in Alessandra, Giuditta e Caterinetta)  Leschan, cognome poi diventato Lescano per l’Eiar. E in Olanda sono vissute per tutta la gioventù – comincia a raccontare Bozzo, che da ormai due anni e mezzo sta raccogliendo materiale inedito su di loro, per ricostruirne la loro vita – La mamma, artista di varietà, decise di creare con loro una formazione di ballo acrobatico. A lei si unirono solo le due sorelle più grandi, Alessandra e Giuditta, sotto la guida del manager Enrico Portino: un maneggione, uno di quelli che fanno un po’ di tutto».

La carriera di due terzi del trio Lescano, dunque, nasce in un corpo di Ballo: «Si chiamavano “the Sunday Girls” e con il loro spettacolo girarono in Europa ma anche oltre, in paesi come Siria e Libano. Non arrivarono, però, mai in Italia: perchè, sembra, gli impresari italiani non rimborsavano il viaggio, che per loro era una voce di spesa importante».

Gran parte di questa storia Bozzo l’ha recuperata tra 150 documenti  che ha comprato ad un rigattiere di Torino da cui li ha trovati, dentro un faldone dove c’era di tutto: i primi contratti con l’Eiar per esempio, che erano praticamente dei contratti a cottimo, un tot a canzone; i depliant della compagnia di ballo, i programmi di sala.

«Nel 1935, alla fine, Portino riesce a fare arrivare le tre sorelle in Italia, dove incontrano Carlo Prato, figura mitica dell’Eiar – prosegue Bozzo – Era un maestro preparatore: con lui si è formato un vivaio meraviglioso di cantanti da cui uscirono, oltre il trio, anche Rabagliati, Bonino e molti altri. Quando Prato incontra le ragazze le mette a lavorare sul canto armonizzato a tre: un modo di cantare modernissimo perchè richiamava lo swing, musica all’avanguardia per l’epoca».

A dire il vero, però all’Eiar queste tre ragazze che non sapevano pronunciare bene l’Italiano stavano un po’ antipatiche: «Il pubblico invece le ama tantissimo, fin da subito: e lo mostra inviando alla sede di Torino una montagna di cartoline di apprezzamento per loro. Diventano un poco tempo un fenomeno: non è esagerato dire che erano le Spice Girls degli anni trenta».

La loro fama scoppia nel 1936, ma nel 1938 cominciano già le prime verifiche: «Sono ebree, e il regime non le vede più così di buon occhio. Resteranno in auge fino al 1942, ma ormai per loro l’immagine è incrinata, anche se avranno fino all’ultimo sostenitori che tenteranno di proteggerle, per la loro fama e l’affetto che dedica loro il pubblico. Con una supplica infatti tentano di salvare la loro mamma, definendola “fondamentale appoggio per il loro lavoro, e guida per loro che sono così giovani”». Una supplica però che non basta: la loro mamma dovrà sfollare a Saint Vincent.

«Nel 1943, già ostracizzate da tempo dall’Eiar ma ancora famosissime nei teatri d’Italia, dove girano con le compagnie migliori dell’epoca, vengono purtroppo arrestate in scena: non dalla polizia fascista, che probabilmente non aveva il coraggio di fare un gesto del genere su personaggi così popolari, ma dalla Gestapo. Si dice che l’arresto avvenne su delazione di un trio concorrente “Le Capinere”, ma non è mai stato provato. Vengono liberate dopo un paio di mesi e poi, con l’intercessione di re Umberto riescono a raggiungere la madre a Saint Vincent. Ci restano fino al 1946, a guerra finita e regime abbandonato. Ma nel 1946 il mondo è cambiato e loro, pur vittime, sono viste come immagini del fascismo».

Nel frattempo alla radio comincia anche a fare capolino una nuova musica, che vede altre protagoniste, come Nilla Pizzi e Carla Boni. «Alla fine, decidono di partire per il Sudamerica, dove interpretano con successo spettacoli teatrali fino al 1952: in trio, ma senza la sorella minore Caterinetta, che non vuole seguire Alessandra e Giuditta in quest’ultima avventura. E così, dal 1946 al 1952 le due sorelle superstiti “assoldano” una ragazza di Chivasso dall’aspetto simile a Caterinetta che in un mese impara tutto il repertorio e la sostituisce, senza che il pubblico di là ne abbia percezione».

Dopo il 1952 la loro storia si disperde: «La più giovane, Caterinetta, è forse morta a Roma di tumore, piuttosto giovane: ma non si trova né data né luogo della sua morte. Giuditta, alla fine della tournée sudamericana, sembra che in Sudamerica sia rimasta: e leggenda vuole che abbia sposato un ricchissimo uomo d’affari venezuelano, forse petroliere. Alessandra, la più grande, nell’ultima intervista rilasciata negli anni ’70 a Natalia Aspesi, si dispiace di non essere più riuscita a contattarla: ma tant’è, entrambe sono morte senza riabbracciarsi. Alessandra infine, nata nel 1910, è morta nel 1987 ed è stata seppellita a Salsomaggiore: un dato che non sapeva nemmeno il comune termale emiliano».  Che ora però sta lavorando per recuperare la memoria dell’illustre concittadina, con una serie di eventi.

Anche la Rai sembra stia lavorando a una fiction che dovrebbe andare in onda l’anno del centenario di nascita della prima delle sorelle. «Non è chiaro però sulla base di quali studi verrà realizzato, se stanno davvero realizzandolo: chi sta lavorando sulla vita delle Lescano, me compreso, non ha avuto contatti con la produzione».

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 10 Luglio 2009
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