“Amo il teatro che fa incontrare le persone”
L'attore ospite della presentazione di Sipari Uniti: "Nei teatri di provincia ho scoperto il senso del teatro". E fa l'elogio del dialetto
È nei teatri di provincia che Moni Ovadia ha scoperto il senso del fare teatro. Forse davvero in un «piccolo paese» come era Cassano Magnago. O forse in un altro luogo, non è probabilmente un particolare importante. L’attore è intervenuto alla presentazione
di Sipari Uniti 2010, la rete per l’innovazione teatrale che propone oltre duecento repliche in tutta la provincia, dai teatri dei centri principali alle realtà più piccole del luinese.
di Sipari Uniti 2010, la rete per l’innovazione teatrale che propone oltre duecento repliche in tutta la provincia, dai teatri dei centri principali alle realtà più piccole del luinese.«Era l’inverno del 1988, arrivai a sera a Cassano Magnago per una replica di Cabaret Yiddish. L’unica persona nelle strade era un signore molto anziano, mi accompagnò fino al teatro, dicendomi che era sulla strada per la chiesa. Percepivo il forte retroterra cattolico del luogo, mi chiesi come sarebbe stato accolto lo spettacolo. Quella sera fu memorabile, ci fu una risposta pazzesca, quasi ripetemmo due volte il testo». L’incontro tra due tradizioni, quella ebraica e quella cattolica, e l’incontro tra le persone reso possibile «dall’unica forma d’arte dal vivo, che unisce opera e pratica di vita», rendendo nuova ogni esperienza. Ed è da qui che prende avvio
la riflessione del grande attore ebraico nato in Bulgaria ma cresciuto a Milano: una lezione magistrale sul significato del teatro come luogo di democrazia e irriducibile trincea di pensiero libero, «luogo della centralità umana e sacrario laico aperto a tutti». Ovadia offre una riflessione teorica, ma anche inserita nella realtà attuale, fatta di riduzioni sempre più significative dei fondi per la cultura, di compressione dello spazio di ricerca e di espressione libera del pensiero, d’incontro tra culture.
la riflessione del grande attore ebraico nato in Bulgaria ma cresciuto a Milano: una lezione magistrale sul significato del teatro come luogo di democrazia e irriducibile trincea di pensiero libero, «luogo della centralità umana e sacrario laico aperto a tutti». Ovadia offre una riflessione teorica, ma anche inserita nella realtà attuale, fatta di riduzioni sempre più significative dei fondi per la cultura, di compressione dello spazio di ricerca e di espressione libera del pensiero, d’incontro tra culture.E a proposito di culture diverse, Ovadia ha fatto un’appassionata dichiarazione d’amore al dialetto: «Parlo milanese meglio di certi localisti esagitati. E parlo anche sette lingue diverse». Lingua locale e accoglienza delle culture straniere possono convivere, se si passa dalla logica della contrapposizione a quella dell’incontro e della valorizzazione. E cita anche uno dei protagonisti della riscoperta recente della lingua locale: «Davide Van De Sfroos ne ha fatto una lingua di una incisività straordinaria».
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