In un volume il “calvario” del “Made In Italy”
Le battaglie di Confartigianato Varese a tutela del prodotto italiano. La prima brochure realizzata a livello lombardo da una associazione di categoria
La Legge Reguzzoni-Versace è al vaglio del Senato, in attesa che la Camera la riconosca come un passo importante nel tutelare il Made in Italy come espressione della creatività e della professionalità di milioni di micro e piccole imprese attive nel tessile, abbigliamento e calzature. Una lotta nazionale che è anche europea.
In una pubblicazione dal titolo "Made In Italy…e il viaggio continua", in distribuzione venerdì 5 marzo a imprese e autorità, l’Associazione artigiani della provincia di Varese traccia un percorso storico che evidenzia le numerose pressioni, insistenze, relazioni, lettere, richieste e materiali con i quali il sistema dell’associazione ha preso posizione di fronte alla salvaguardia del made in.
Senza cessare di caldeggiare, nuovamente, l’obbligatorietà della tracciabilità del prodotto (ad oggi solo volontaria) per garantire alle medie e piccole imprese uno sviluppo costante nel tempo, una riconoscibilità nel mondo non inficiata dalla contraffazione, una totale fiducia nell’Unione Europea.
Uno strumento – l’unico realizzato sino ad ora, in regione Lombardia, da un’associazione di rappresentanza degli interessi delle micro e piccole imprese – per ricordare al Governo quanto sia costata, all’Associazione artigiani della provincia di Varese e alle stesse imprese, la lotta a tutela del sistema moda.
«La Legge Reguzzoni-Versace è importante – sostiene Marino Bergamaschi (foto), direttore generale dell’Associazione artigiani della provincia di Varese – perché si compone di quei principi e di quelle azioni che da anni la nostra struttura considera basilari e di urgente applicazione per tutelare, difendere, sostenere e rilanciare il "Made In Italy". Anche e soprattutto di fronte alla concorrenza sleale di Cina, India, Turchia. Di fronte alle importazioni illegali di merci a costi irrisori e scarso valore aggiunto. Di fronte al fenomeno della contraffazione, che sottrae al nostro segmento produttivo miliardi di euro l’anno. E, infine, di fronte al permissivismo delle leggi italiane che a volte incoraggiano la delocalizzazione».
«Il "Made In Italy" non è una questione politica, ma economica – prosegue Bergamaschi – Una questione di buonsenso, di ragionevolezza, di passione. L’Europa si senta coinvolta, perché mai si potrà avere una legge che tuteli il "Made In" se l’Ue non lo vorrà. Bruxelles deve credere in un marchio che rappresenta la tradizione del manifatturiero italiano e che permette al consumatore di riconoscere un bene che è la sintesi più riuscita di qualità, creatività, originalità e personalizzazione. Un prodotto italiano, è un prodotto unico».
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