Bimbo morì per un’infezione, 2 medici a processo
Un calvario ospedaliero per un bimbo che, secondo l'accusa, poteva esser salvato da un antibiotico. In aula il 13 luglio
Due medici sono stati rinviati a giudizio per la morte di un bimbo di 1 anno determinata, secondo l’accusa, dalla mancata somministrazione di un antibiotico 40 giorni dopo la nascita. Si tratta di due pediatre dell’ospedale Del Ponte. Il piccolo era nato prematuro e pesava un chilo e 400 grammi. Un mese e 9 giorni dopo il parto, il 4 febbraio 2004, i genitori si erano recati all’ospedale Del Ponte per una visita programmata (la madre, dopo il parto, era risultata positiva allo streptococtus agalactiae, batterio che può dare luogo anche alla meningite).
Il piccolo aveva la febbre; gli fecero degli esami del sangue che evidenziarono una presenza di 30 milligrammi per decilitro di Pcr (proteina c reattiva), un chiaro indice di infezione secondo la parte civile (ma la difesa replica che non è valore così’ chiaro).
La dottoressa di turno nel reparto neonatologia, inviò il piccolo al pronto soccorso pediatrico in codice rosso, chiedendo di somministrare un antibiotico, ma questo punto è controverso poiché nella cartella clinica non risulta nulla. Dalle 8 di mattina, fino alle 8 del mattino seguente, i medici pediatri che ebbero in cura il piccolo disposero diversi esami ma non somministrarono l’antibiotico. La madre, preoccupata, tornò in neonatologia a cercare la dottoressa della sera prima, trovò un medico che capì il problema e il piccolo alle 8 e 35 fu messo in culla termica e gli fu somministrato il farmaco.
Successivamente, il piccolo Ivan manifestò segni di idrocefalia, visse ancora un anno, subì diversi interventi, poi morì dopo un penoso calvario tra medici e ospedali.
Il processo si annuncia teso: in sei anni di indagini, si sono susseguite perizie e controperizie. La procura indagò 4 medici, poi chiese prima l’archiviazione. L’avvocato Fabrizio Bini si oppose a nome della famiglia (una coppia di Marchirolo). Oggi, mercoledì 12, il caso è tornato in penale e il giudice dell’udienza preliminare, Cristina Marzagalli, ha disposto il rinvio a giudizio per due dottoresse che ricevettero il bimbo nel tragitto tra la neonatologia, il pronto soccorso pediatrico e la pediatria, mentre per un’altra dottoressa ha deciso il non luogo a procedere.
Il caso ha già avuto un prologo in civile dove, il giudice, Chiara Delmonte, ha condannato l’ospedale a risarcire 880mila euro ai familiari. Ma in penale va rilevata la colpa del medico oltre ogni ragionevole dubbio e la vicenda rimane aperta. L’avvocato Albero Zanzi, che cura gli interessi della dottoressa già condannata in civile, ribatte che dal suo fascicolo difensivo emergono due circostanze fondamentali: il nesso causale tra il mancato antibiotico e l’idrocefalia che uccise il bimbo un anno dopo non emerge mai chiaramente, se non come possibilità in una consulenza del giudice civile. E che i medici in turno in quelle sfortunate 24 ore non ebbero mai in cartella clinica l’ordine di somministrare un antibiotico, così come non emergeva dalla cartella clinica che la madre dopo il parto era risultata positiva allo streptococco. Dunque, i medici sarebbero stati sviati.
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