Cesare Romiti, una carriera che è già storia
Il dirigente ha ripercorso per gli studenti del master di Merchant Banking dell'Università Cattaneo le tappe che ne fecero uno degli uomini chiave dell'economia italiana: inclusa la battaglia con i sindacati alla Fiat
Dall’alto delle sue quasi 88 primavere e di nun’esperienza incomparabile degli ambienti che contano, Cesare Romiti, relatore d’eccezione, ha tenuto stamane una "lezione magistrale" in apertura della XI edizione del Master Universitario di primo e secondo livello in Merchant Banking dell’Università Cattaneo-Liuc di Castellanza. Il Master in Merchant Banking (Finanza, Private Equity e Impresa) di Liuc risponde alla crescente necessità di professionisti nel campo finanziario. Finora ha formato circa duecento persone, con rapido impiego in azienda.
Dopo il saluto del rettore Andrea Taroni e la presentazione a cura della professoressa Anna Gervasoni, direttore del Master, il dirigente d’azienda, attuale Presidente della Fondazione Italia – Cina e dell’Accademia di belle arti di Roma, ha intrattenuto gli studenti con un racconto ricco di aneddoti della sua lunga carriera, alternato ad esortazioni a perseguire con convinzione la strada intrapresa: perhè per restare ai vertici, l’ingrediente principale, oltre alla capacità, è la convinzione. Ad accompagnarlo oggi era anche Giorgio Fossa, già presidente di Confindustria fra il 1996 e 2000. Quasi vent’anni fa era stato lui a portarlo per la prima volta in Liuc come ospite.
L’ex amministratore delegato della Fiat ha ripercorso la sua lunga vita dalla nascita, a Roma, «in una famiglia di modeste condizioni», agli studi unversitari, quattro anni preziosi che lo formarono professionalmente e umanamente. Potè permetterseli senza pagare le tasse universitarie mantenendo la media dei voti sopra il 27, come era in uso allora. «Stabilito un obiettivo, c’è sempre il modo di raggiungerlo. Certo ci vuole carattere, e preparazione. Vi chiamano secchioni? La vita vi ripagherà». Romiti cominciò la sua carriera alla Bombrini-Parodi-Delfino (BPD) di Colleferro, azienda chimica che fu tra l’altro il maggiori fornitore di esplosivi delle forze armate nelle due guerre mondiali. Anche qui, una scuola di vita e lavoro inseme per il giovane dirigente, che si trovò poi a gestire la fusione di BPD con Snia Viscosa, e in tale occasione conobbe un gigante della storia bancaria italiana come il siculo-milanese Enrico Cuccia che descrive così: «Un uomo piccolino, occhi azzurri, parole poche e pesate, guardava e quasi non parlava mentre trattavamo le condizioni di quella fusione, che riuscii a rendere più favorevole rispetto alle condizioni di partenza. Noi usavamo per le somme delle macchine da calcolo tedesche, Cuccia faceva a mano in pochi istanti». Era l’uomo che controllò Mediobanca senza averne un’azione, e che diceva che le azioni "non si contano, si pesano". Una potenza.
Romiti poi divenne direttore di Snia Viscosa e si trasferì a Milano. All’ombra della Madonnina trovò una città «bellissima», fervente di attività. Perfino la nebbia, che allora c’era ancora, a lui romano piaceva. «Gli affari si facevano con stretta di mano» racconta nostalgico, «magari al caffè, infiorati con qualche parola in milanese che non capivo, ma andavano in porto. Oggi vedo che nelle aziende ci sono più avvocati che gente che sa fare affari, constato un degrado enorme. Eliminate la burocrazia, cercate di togliere ciò che non è necessario». In quegli anni Romiti trovò altre figure di grande ispirazione in Agostino Rocca, il dirigente di Ansaldo e fondatore di Techint emigrato in Argentina dopo la guerra, e nell’ingegner Giaccone: «le lezioni di vita di Rocca sono ancora nel mio cuore. Mi hanno insegnato che forse essere furbi forse qualche volta rende, ma conta molto di più la trasparenza».
Romiti, tra le vari esperienze, si trovò all’inizio degli Anni Settanta a gestire Alitalia. Fu un’esperienza interessante, che diede una dimensione globale alla sua carriera: «all’estero mi ricevevano con onori da capo di Stato, l’Alitalia aveva allora una dignità enorme. Imparai molto dal presidente Carandini, già ambasciatore a Londra». Già si profilava l’interessamento di Gianni Agnelli e della FIAT, ma Romiti rimase nell’ambito dell’IRI ancora per un po’. Una certa tendenza odierna a marginalizzare ciò che è pubblico è un problema: pur essendo un privatista convinto, «quando guardo certe gestioni aziendali, rimpiango il periodo passato all’IRI», il gigante di Stato «che ha dato al paese la possibilità di uscire dal disastro del dopoguerra. Se ne sentite parlare male, ribellatevi, nonostante qualche manchevolezza è stata una grande scuola, come non ce ne sono più. L’IRI si è rovinata poi perchè chi andava male le rifilava la sua azienda tramite qualche politico amico».
Il corteggiamento di Gianni Agnelli ebbe successo a metà anni Settanta: in Fiat, morto il mitico ragionier Valletta, le cose andavano male. Nel settembre 1974 arrivò a Torino, e ci restò fino al 1998. «Avevo 51 anni e mi sentivo in grado di spaccare le montagne. Agnelli non gestiva nulla personalmente ma aveva una grande visione e intelligenza, un carisma». Dopo aver gestito complesse trattive con le banche, Romiti provvide a suddividere la Fiat, allora "blocco unico", nelle varie componenti: era l’avvio della ristrutturazione. Nel frattempo venivano al pettine le tensioni sociali, con il confronto a muso duro con il sindacato e il terrorismo che sparava e ammazzava: «abbiamo avuto una sessantina di gambizzati in Fiat, e alcuni assassinati, fu uccio anche il vicedirettore de La Stampa, Carlo Casalegno». Le Brigate Rosse, avvertì Romiti, stavano infiltrando anche gli ambienti sindacali. E procedette anche a vari licenziamenti; solo una parte dei licenziati furono poi però riconosciuti colpevoli di legami con il terrorismo. E si avviò la prova di forza che nel 1980 portò alla disfatta storica del sindacalismo. Di fronte Romiti aveva Lama, Benvenuto e Carniti. Lo sciopero generale scattato quando di fronte alla crisi il dirigente propose licenziamenti su scala massicca, poi tramutatisi in una proposta di cassa integrazione per 78mila, paralizzò mezza Italia per 35 giorni. «Il sindacato voleva la casa a rotazione, un po’ per uno». Romiti si oppose: «noi sapevamo chi in fabbrica era vicino alle BR e se ne doveva andare». Il confronto si fece tesissimo, vi fu anche una brusca telefonata con un preoccupatissimo Rognoini, allora ministro degli Inerni («poi siamo diventati buoni amici»). «Una notte girai in macchina intorno ai falò dei picchetti di Mirafiori, vidi feste, divertimento, gioia. Mi dissi: non sono gli operai, gli operai sono preoccupati, hanno paura: ed era gente portata da fuori, d avarie città. Lo vidi come una forma di debolezza». Poi venne la famosa marcia dei quarantamila (tanti erano per la Questura), «Torino s’era sollevata perchè finisse qust’incubo del non-lavoro». I sindacati cedettero. «A mezzanotte fummo convocati io e i sindacalisti dal ministro del lavoro: e fu Luciano Lama, signorilmente, a riconoscere con Romiti: «abbiamo perso la battaglia». In seguito «la Fiat rifiorì: eliminammo ma anche riassorbimmo molto personale, il merito tornò a contare». E sul merito Romiti insiste: «va sostenuto, tanto più che oggi è sparito persino il sentimento della vergogna. Non abbiate paura di fare ciò che è giusto». Nel 1998 Romiti uscì dalla Fiat. «Non ho mai voluto le stock option, vederne oggi l’abuso è degradante, un manager deve anche avere degli ideali, sono deleterie quelle a breve termine. L’idea di guadagnare molto e subito molto vi può abbacinare, ma vi rovina la vita. Programmate a lungo termine».
Romiti non ha voluto commentare sugli ultimi sviluppi in Fiat: per lasciare lavorare «il timoniere», come diceva. «Ai miei tempi i sindacati non si sarebbero lasciati dividere» aveva però detto durante un’intervista aper la televisione prima dell’incontro.
TAG ARTICOLO
La community di VareseNews
Loro ne fanno già parte
Ultimi commenti
mike su La neve in montagna continua a sciogliersi. Contro la siccità si aspetta la pioggia
Felice su La festa "techno" nei boschi di Lonate Ceppino causa proteste
Rolo su Pullman in sosta con i motori accesi, la segnalazione e la risposta di Autolinee Varesine
lenny54 su "C'è del dolo nelle modifiche al Superbonus"
Felice su Architetti, geometri, ingegneri e costruttori all'unisono: "Da Super Bonus a Super Malus"
Felice su Dentro la loggia del Battistero di San Giovanni a Varese restituita alla città









Accedi o registrati per commentare questo articolo.
L'email è richiesta ma non verrà mostrata ai visitatori. Il contenuto di questo commento esprime il pensiero dell'autore e non rappresenta la linea editoriale di VareseNews.it, che rimane autonoma e indipendente. I messaggi inclusi nei commenti non sono testi giornalistici, ma post inviati dai singoli lettori che possono essere automaticamente pubblicati senza filtro preventivo. I commenti che includano uno o più link a siti esterni verranno rimossi in automatico dal sistema.