Fate largo al “Puma di Lambrate”

Giovedì 3, alle 21 l'appuntamento è con Fabio Treves e la sua band per un viaggio nella storia del blues

E’ difficile immaginare Fabio Treves – di scena  giovedì 3, alle 21 al cinema Teatro Nuovo in Viale Dei Mille 39 (apertura porte alle ore 20; biglietti da euro 12 a 18: per prenotazioni telefonare allo 0332.237325 oppure scrivere a filmstudio90@filmstudio90.it) – nei panni del “Puma di Lambrate”. Insomma, vada per la Tigre di Cremona (Mina) e l’Aquila di Ligonchio (Iva Zanicchi), ma a Treves, no: non facciamolo. La storia è lunga e somiglia ad altre: il blues italiano nato alle porte di Milano in un lontano 1974 e un gruppo di ragazzotti che tremano sugli accordi di Jimi Hendrix, guardano all’America dagli scantinati della periferia, rincorrono il sogno con determinazione e partono per il mondo. Treves c’era ogniqualvolta ci doveva essere: ai concerti di Hendrix, Zappa e Muddy Waters. Semplicemente, come fan. C’era quando si è trattato di cambiare la musica da Memphis a Leningrado, da Francoforte a Capo d’Orlando, da Rapperswille a Pistoia. Come protagonista. E poi, quell’avventura a Trasimeno Blues, che rilancia la cultura umbra sfruttando le tensioni di una musica antica (come può esserla quella del Diavolo) per parlare di Italia e di altro. Insomma, Fabio è sempre riuscito a dare la sua, originale versione di ciò che dovrebbe essere un armonicista con la sua armonica: prima di tutto, un uomo. Che è simpatico perché lo vuole essere e che ama il pubblico perché non può fare a meno della compagnia. Il successo non ha alterato il suo dna: il blues è sempre una gran bellezza e le sue Special 20 – le armoniche diatoniche – non possono non essere come le migliori donne di questa terra. E così le descrive Treves: “Morbide, resistenti, calde e potenti allo stesso tempo”. Passano gli anni, ma non l’entusiasmo: le registrazioni con Mike Bloomfield (negli anni Ottanta) e quelle con Cooper Terry (nei Novanta) sono quasi un ricordo. Ma il blues di Treves, invece, vive nel presente. Si fa sentire. E’ sempre un’icona del Made in Italy, anche se questo costringerlo in confini ristretti non gli dà i giusti meriti. Il suo blues è veramente globale e democratico: teatri, club, palasport. E nell’intimità di questo genere musicale, quella che ci raccontava Duke Ellington, si ritrova il meglio di Treves. Pronto, giovedì, a scagliarsi in una storia fatta di canti di lavoro, blues arcaico e campagnolo, moderno elettrico di Chicago, revival britannico e tradizione. Anche negli strumenti: asse da lavare, ukulele, mandolino. Per una scaletta farcita di successi e brani originali inediti. Sul palco, con lui, Alessandro “Kid” Gariazzo alle chitarre, mandolino, lap-steel e voce, Luca Nardi al basso e Massimo Serra alla batteria e percussioni. Apre la serata il bluesman sardo Francesco Piu, già al fianco di Treves in passato ed ora artista sempre più vicino alle solo performance con voce, chitarra, dobro e banjo.

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Pubblicato il 03 Febbraio 2011
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