Sacromonte, la squadra multietnica che vince in campo e fuori
La squadra che milita in Eccellenza nel Csi varesino ha una rosa particolare: otto italiani, quattro marocchini e due tunisini. Un percorso non facile coronato da vittorie dentro e fuori dal campo
Ci sono otto italiani, quattro marocchini e due tunisini. Non è l’inizio di una barzelletta, ma il racconto di una bella storia di integrazione e calcio amatoriale. C’è Aziz, marocchino, barba da talebano, carattere gentile e modi educati; c’è Youness, fratello del veterano Aziz, la stella della squadra; c’è Sofiene, tunisino, arrivato via mare rischiando la vita; c’è Youssef, il moralizzatore della squadra; c’è Hatem prima tifoso e poi giocatore; c’è Hamdi, l’ultimo arrivato. E ci sono poi gli italiani, da Christopher che arriva dal Legnano a Stefano e Giuseppe, il “senatore” di una squadra che mette insieme giocatori con età che vanno dai 24 ai 45 anni. È l’avventura del Sacromonte 1993, squadra di calcio a sette che milita in Eccellenza, il massimo campionato provinciale del Csi. Grazie al pallone questo gruppo guidato da mister Tiziano Caragnano è riuscito a trovare un equilibrio e una coesione eccezionali, superando le proprie differenze e diventando un esempio di integrazione vincente fuori e dentro il campo.
All’inizio quando i ragazzi musulmani si fermavano nel corso dell’allenamento serale per la preghiera rituale qualcuno storceva il naso, poi via via si sono abituati tutti. Stesso discorso per le cene di squadre: prima ci si sorprendeva se separavano i tavoli quando il vicino beveva birra, ora glieli facciamo già trovare divisi. In un centinaio abbondante di partite di campionato non abbiamo avuto grossi problemi: certo il rispetto si è formato sul campo, col tempo. È stata dura dopo l’11 settembre 2001: in quel periodo il clima non era dei migliori. Quest’anno c’è stato qualche insulto di troppo e offese subite da esterni a Sant’Antonino a Lonate Pozzolo: ferite profonde che si rimarginano solo con la passione e la voglia di giocare a pallone e stare insieme. Io cerco di stare loro vicino, per evitare tensioni. Devo dire che però negli oratori e nelle parrocchie in tutti questi anni la squadra è sempre stata accolta e accettata anche se ci sono elementi di diversa fede religiosa».TAG ARTICOLO
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