Varese medaglia olimpionica: di ricostruzione unghie
Noemi Olah, negozio da vent'anni in piazza XXVI maggio a Biumo inferiore, si è aggiudicata nella capitale britannica il prestigioso trofeo, sia nella versione individuale che a squadre
Abbiamo vinto le olimpiadi di Londra.
Non quelle sportive, che si svolgeranno nella capitale nel 2012, ma quelle di ricostruzione di unghie, che si sono svolte lo scorso weekend, presenti i rappresentanti di 28 paesi di tutto il mondo. A guadagnarsi al medaglia d‘oro, nella ricostruzione tip, sia “individuale” che “a squadre” è stata Noemi Olah: ungherese di nascita, Noemi vive da vent’anni a Varese, ed ha fatto nascere qui la professione che l’ha portata a questi curiosi vertici mondiali.
«Sono arrivata qui vent’anni fa, ero appena sposata e molto giovane, avevo vent’anni. E proprio perchè sposata e così giovane era difficile per me trovare lavoro dipendente – spiega Noemi – Così ho pensato ad una professione che in Ungheria era già in voga da diversi anni, ma in Italia ancora non c’era: e ho aperto, nella stessa piazza di Biumo ma in un posto più piccolo, il mio primo negozio».
All’inizio però, quella di Noemi era una idea fin troppo originale: «Un negozio esclusivamente dedicato alla ricostruzione delle unghie qui, 18 anni fa, sembrava una cosa da matti – spiega – E come uniche clienti, all’inizio, avevo donne che si mangiavano le unghie. Poi le amiche si sono rese conto che loro, che si mangiavano le unghie, avevano delle mani più belle di chi non le mangiava, si chiedevano perchè ed è cominciato così il passaparola».
Ora Noemi ha non solo il “laboratorio artigianale” ma tiene corsi sull’argomento e ha un negozio – grande il doppio di quello originario, anche se nella stessa piazza di allora, la XXVI Maggio a Biumo – di forniture specialistiche: «Le cose sono molto cambiate da allora» ammette Noemi «Anche se la clientela varesina continua ad essere diversa da quella ungherese, o dell’Europa dell’est: là si usa molto di più andare dall’estetista, qui molto meno. E a Varese va per la maggiore l’unghia semplice, con colori tenui o trasparenti oppure con i classici rossi. Non sono molte quelle che azzardano decori o unghie particolari». Eppure ne avrebbero da scegliere: unghie a “stiletto” cioè con una forma ad artiglio invece che ovale, unghie quadrate, decori fiorati. Pressocchè nulla è ormai impossibile ad una ricostruttrice di unghie «A Londra una partecipante aveva realizzato persino un decoro in 3D» (Vedi galleria fotografica).
A Varese però, l’unghia semplice e i colori chiari vanno decisamente per la maggiore: «Anche se quest’anno erano tutte impazzite per il color fango, che non è esattamente il mio preferito. In generale comunque si sta sul french, o sul trasparente. E usiamo più gel che acrilico». “Gel” e “acrilico” sono i due metodi con cui si “costruiscono” le unghie sopra le dita: la prima è un gel che si stratifica aiutandosi con una base di cartone appoggiata sulle unghie che viene rimossa dopo che il materiale è solidificato grazie ai raggi UV, il secondo è una vera e propria unghia finta incollata sopra l’originale.
Quest’ultimo metodo è più adatto alle lavorazioni più elaborate, perchè molto più resistente ma anche molto più facile da togliere, quando non ci si “vedesse più” con quelle unghie. «Quella del gel è decisamente la tecnica che va per la maggiore: perchè è più semplice da imparare ma anche più adatta alle unghie naturali. E’ però una tecnica giovanissima, che si è sviluppata da un paio di anni. Ed essendo meno rigida, è quella più aggredibile dalla mangiatrici di unghie».
Le mangiatrici di unghie, infatti, non sono solo ancora ottime clienti per chi le ricostruisce, ma sono anche delle irriducibili, che continuano a mangiarsi anche le unghie ricostruite: «Nella maggior parte dei casi, a dire il vero, desistono subito. Le vedono belle, sono più dure e smettono subito di mangiarle. Spesso lo fanno già alla prima operazione, praticamente sempre ci riescono dopo 2 o 3 applicazioni. Ma alcune non demordono, e quando tornano per la ricostruzione mi ritrovo il gel tutto rosicchiato».
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