La “simpatica follia” di Paolo Villaggio incanta Luino
Lo straordinario attore, scrittore e poeta ha ritirato il Premio Chiara alla carriera e ha conversato a ruota libera con Massimo Boldi, dribblando ogni tipo di scaletta e regalando al pubblico un'ora di comicità assoluta
Completamente, meravigliosamente ingestibile. Così si è presentato al teatro Sociale di Luino, per ritirare il premio Chiara alla carriera, Paolo Villaggio.
Arrivato con tre quarti d’ora di ritardo – dovuto anche al sovrapporsi di eventi nella piccola città di lago – con il passo incerto e l’orecchio che sentiva quel che voleva, Villaggio ha incantato fin da subito il pubblico che ha riempito il teatro Sociale: ignorando con grazia la scaletta che la presentatrice, Claudia Donadoni, tentava disperatamente di far rispettare e anzi addirittura “intervistandola” sulla sua vita sentimentale (“E’ sposata? Fidanzata? Da molto? E chi è?”) e coinvolgendo nelle domande “il fidanzato Matteo” (in realtà Matteo Inzaghi, direttore di Rete 55: ma la sua qualifica professionale, in questo contesto, non era affatto importante per lo straordinario intervistatore…).
L’unico che è riuscito a stargli dietro in questo show consumato in poltrona, è stato il suo intervistatore ufficiale, Massimo Boldi, delizioso ma silenzioso “padrone di casa” e amico di lunga data: che ha saputo, più che altro, seguire il suo flusso di pensieri. Un fiume di parole che è spaziato dal successo della corazzata Potemkin a come deve essere quel presidente della Repubblica donna che ha auspicato recentemente il presidente Napolitano.
Facendolo, naturalmente, in maniera rigorosamente “unpolitically correct”: prima spiega che la battuta sulla corazzata Potemkin è nata in un cineforum di sinistra, poi che lui spera che la presidentessa “non sia un cesso”, e poi insegna alla presentatrice com la donna che ama un uomo ironico, più che l’ironia deve possedere “due tette …”.
Diego Pisati, lo storico critico della Prealpina, diventa inesorabilmente nell’immaginario dell’attore un immigrato mediorientale (“scusi, ma parla italiano?”) e non ci sarà verso di convincerlo del contrario. Senza alcun imbarazzo, malgrado tutto, da parte di nessuno: perchè la sua sola presenza è capace di rende storia popolare quel che vede. Anche in quella particolare realtà, e anche se non tutti i caratteri che descrive e narra corrispondono esattamentealla realtà.
Non è un caso che la parte più seria dell’incontro sia quando si parla di comicità: Villaggio non lesina complimenti a Boldi, «il più grande comico di oggi» e non dimentica un ricordo a Walter Chiari: “che aveva il difetto di essere bello, il che l’ha penalizzato come comico”.
Ed esalta, infine, la figura del “tonto“, la vera maschera del comico:«Quel carattere che ricorda l’infanzia, il gioco, il non sapere e non è mai mescolata con battute sessuali, che è cosa da grandi».
Alla fine, dopo solo un’ora di incontro, ha promesso di ritornare: ma solo per intervistare il prossimo premiato, che lui già indica proprio nel “bocia” che lui scopri e incoraggiò alla professione, decine di anni fa, al Derby di Milano: Massimo Boldi.
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