“Mia madre sarebbe fiera di me”
Seconda intervista “personale” a un candidato sindaco con Laura Cavalotti, funzionario comunale per oltre 40 anni, sostenuta da un centrosinistra unito
Ha lavorato per oltre 40 anni tra le mura del comune, per scelta e, come preferisce sottolineare, grazie a una «grande passione per la costituzione e il diritto». Tradatese dall’età di 2 anni, laureata dopo aver messo su famiglia «in molti anni, ma senza mai chiedere un’ora di permesso», sposata e con due figli, ha visto passare 11 legislazioni (9 sindaci e 2 commissari prefettizi), non è mai stata iscritta a nessun partito. Oggi, Laura Cavallotti, all’età di 63 anni è il candidato sindaco indipendente di un centrosinistra che ha riunito: Partito Democratico, Sinistra ecologia e libertà, Italia dei valori e gli indipendenti della neonata lista civica Partecipare Insieme. «Sono andata in pensione a dicembre e solo dopo ho pensato di valutare la proposta che mi avevano fatto di impegnarmi per restare ancora nella macchina comunale» racconta ancora emozionata, con una timidezza iniziale che diventa determinazione proprio quando di parla del Comune.
Cosa la attrae del Comune?
«Quello che rappresenta, l’istituzionalinità, la sua funzione pubblica a servizio delle persone. Volevo fare l’insegnante, ma mio padre non era d’accordo e ho fatto ragioneria. Voleva più sicurezza, per il mio futuro e allora non si poteva troppo discutere. Dopo la scuola mi sono ritrovata a scegliere tra un lavoro assunta in una ditta che mi offriva 140 mila lire al mese, e un lavoro in Comune a 80 mila lire. Ho scelto il secondo».
Perché?
«Mi incuriosiva il pubblico. L’ho fatto per un ideale, certo, ma me lo potevo permettere avendo entrambi i genitori che lavoravano. A volte la sopravvivenza ti porta a fare altre scelte. Io ho potuto dare spazio a questo ideale, ovvero da appassionata di diritto e della costituzione, poter approfondire il servizio pubblico con la mia testa, in maniera critica, come diceva un mio insegnante delle superiori. Queste parole sono sempre rimaste una guida per me».
In 40 anni in comune ha avuto più gioie o più dolori?
«Grandi soddisfazioni. Ho visto l’evoluzione normativa nell’organizzazione del municipio ma anche nell’apparato politico. Sono cresciuta è ho imparato molto. Fino alla situazioni di oggi dove forse ci sono troppi organi esterni che controllano e non danno indirizzo, lasciando troppa libertà e anche responsabilità alla politica. In generale, si è preferito la celerità alla competenza, portando forse troppa superficialità e creando gravi conseguenze e disquilibrio in città».
In che senso?
«Che senso ha, ad esempio, avere una via Cavour così di lusso, quando le vie di fianco sono piene di buche con asfalto da rifare? Negli ultimi anni sono stati fatti impegni finanziari enormi per certe opere. Magari aveva più senso fare investimenti più omogenei».
Se venisse eletta è una situazione normativa con cui dovrà fare i conti, prendendo anche decisioni politiche…
«Certo. Ma conosco anche le norme, potrò vagliare bene le situazioni. Ricordo che non sono un politico e non rispondo direttamente ai partiti. Questo si sa dall’inizio».
Cosa ricorda con più piacere della Tradate di quando era piccola?
«Ricordo via Santo Stefano, una via piena di negozi, di persone, di vita. Oggi non c’è più quella realtà, i tempi sono cambiati. È rimasto solo l’Aimetti. Mia mamma aveva aperto un negozio di scampoli, rimasto fino agli anni ‘70. Era come essere una famiglia, tutti si conoscevano, si aiutavano, si confrontavano».
Ne parla con nostalgia?
«Sì, perché rispetto alla società di adesso, ai rapporti, non c’è più quella condivisione, quella collaborazione. Mia madre, quando ero alle superiori, prima di iniziare a studiare mi diceva sempre di andare dalle due persone del cortile che vivevano sole, per sentire se avevano bisogno di qualcosa».
Ma la società è cambiata, il paese è cresciuto, è diventato città. Si possono ancora ricreare queste condizioni?
«Certo. Cercando di recuperare i rapporti con le persone, non solo con le iniziative, ma anche nella condivisione dei problemi».
Come?
«Non è semplice. Ma sicuramente coinvolgendo i giovani. Oggi sono loro che hanno coinvolto me, ce ne sono tanti nel gruppo che mi sostiene e aiuta da quando ho accettato questa avventura. È un bel gruppo, con tante idee e voglia di ascoltare, proporre, discutere e soprattutto di aiutare la città. Si inizia così, ma poi è una sensazione che si può diffondere velocemente. Sono i giovani il filo conduttore, aumentando il rapporto con gli anziani, non tenendoli isolati come accade oggi».
Tornando agli anni passati in comune, quale è stato il periodo più buio per la città?
«Sicuramente Tangentopoli. In quel momento, quello che mi ha fatto più male è stato vedere le persone perdere la fiducia nell’istituzione pubblica. Io no, perché credo che siano gli uomini a creare la fiducia, e sono gli uomini che devono ridarla. È stato un momento difficile per il comune».
E il momento più felice per lei in comune?
«Come dipendente il momento più bello forse quando con la Giunta Taccani abbiamo occupato il comune per una settimana, per ottenere il riconoscimento del servizio non di ruolo. Siamo stati il primo comune in Italia a ottenerlo. Si è creato un forte legame tra dipendenti. Per la città, invece, ricordo con piacere quando si è insediata la giunta Uslenghi, dopo anni di opposizione, mi ricordo la dialettica che c’era in consiglio. Si era presenti per ascoltare e imparare».
Rimpiange quel periodo politico?
«Era un dialogo che faceva crescere la città, ci si confrontava. Accadeva anche nella giunta Lucioni. Ma poi nella Giunta Galli, dal ’93, si è un po’ persa questa voglia di ascoltare. Negli ultimi anni è mancato quello. Ad esempio ci sono dei consiglieri che non so nemmeno che voce abbiano».
Come candidato sindaco, allora, c’è un modello che le piacerebbe seguire di quelli che ha conosciuto direttamente?
«Non è facile rispondere… può essere un mix: l’autorevolezza di Uslenghi, insieme all’umanità di Lucioni. Ma soprattutto serviranno delle persone intorno che diano se stesse, che mettano la testa con idee e proposte».
Per la prima volta dopo anni un centrosinistra unito ha scelto un indipendente? Secondo lei come mai?
«Forse perché sono più una figura di tecnico-amministrativa che presta le sue competenze alla città. È chiaro che poi la politica è fatta di scelte e su questo si discuterà e ci si confronterà. A chi dice che sono troppe le anime presenti, rispondo semplicemente che quando ci sono obiettivi comuni si può andare d’accordo».
Un sogno per Tradate?
«Rendere la città più a misura di bambini, con più ciclabili continue, con la valorizzazione delle aree verdi. Creare quel senso di cortile che c’era una volta proprio attraverso queste valorizzazioni».
La sua passione?
«Non ho avuto molto tempo per coltivare passioni. Ma una cosa che mi è sempre rimasta nel cuore è la musica classica. Il mio compositore preferito è sicuramente Mozart. Quando posso suono ancora il pianoforte».
Libro sul comodino?
«Più che romanzi, mi piace molto leggere libri di diritto e giurisprudenza. Magari la sera mi vado a leggere le varie sentenze. Mi piace molto».
Ha parlato di sua madre, di cosa le consigliava. Oggi cosa le direbbe?
(aspetta a rispondere, abbassa la voce, si commuove)
«Di cercare di essere me stessa… e sarebbe fiera di me».
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