Bonus bebè illegittimo, la Cassazione rifiuta il ricorso del Comune

Sentenza definitiva per il provvedimento che prevedeva un incentivo per i nuovi nati, solo se italiani e tradatesi doc. Il comune dovrà pagare le spese legali

Il “Bonus bebè” rimane illegittimo. Lo ha stabilito anche la Cassazione, dopo il ricorso che aveva presentato il Comune di Tradate in seguito alla sentenza di secondo grado che aveva condannato il comune a risarcire le famiglie coi bambini immigrati, che tra il 2007 e il 2009 non avevano ottenuto il bonus di 500 euro. Inoltre, la Cassazione, la cui nuova sentenza è stata diffusa nella giornata di venerdì, ha condannato il comune di Tradate a pagare le spese legali, che ammontano a circa 2mila euro.

 

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La questione è andata avanti per anni, da quando nel 2007 il Comune di Tradate, guidato dall’allora sindaco leghista Stefano Candiani, aveva stabilito un bonus bebè di 500 euro per i nuovi nati, ma solo se italiani e soprattutto tradatesi doc, ovvero residenti in città da almeno 5 anni. Subito dopo venne presentato il ricorso da parte degli avvocati legati alle associazioni che avevano promosso l’azione giudiziaria, il dottor Alberto Guariso per conto di Asgi, Apn e farsi Prossimo. Dopo la sentenza di primo grado e il controricorso del Comune, i giudici di secondo grado del tribunale collegiale di Milano avevano stabilito che si trattava di provvedimento discriminatorio. Poiché «introduce una distinzione arbitraria e non supportata da ragionevole correlabilità tra il requisito richiesto (la cittadinanza) e lo scopo perseguito (il sostegno della natalità)». In altre parole: «Non è possibile individuare alcun valido motivo di differente trattamento tra cittadini e stranieri, che non sia quello di escludere dal beneficio gli stranieri solo perché tali».

Il Comune nel 2010 fece ricorso in Cassazione, pagando però quanto dovuto alle famiglie rimaste escluse. «Il bonus non faceva capo ai servizi sociali – aveva spiegato il sindaco motivando così il ricorso in cassazione -, era un incentivo all’integrazione. Solo chi era cittadino italiano poteva accedervi. Era razzismo? Non siamo d’accordo». Ora la sentenza della Cassazione, di cui non si conoscono ancora le motivazioni, ma soltanto l’esito: il ricorso del comune è stato rifiutato. Diventa quindi definitiva e passa in giudicato la sentenza del tribunale collegiale di Milano che aveva definito la delibera del comune «illegittima e discriminatoria».

Soddisfatto l’avvocato Alberto Guariso: «Non ci spieghiamo come, dopo due sentenze, il Comune abbia voluto insistere con il ricorso in Cassazione quando ben due giudici avevano dichiarato illegittimo il provvedimento. Forse è il caso di mettere la parola fine a queste iniziative e lavorare invece alla coesione sociale tra italiani e stranieri presenti sul territorio».

 

Redazione VareseNews
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Pubblicato il 15 Giugno 2012
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