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Le nuove imprese sono sloc: piccole, locali, aperte e connesse
I casi aziendali presentati dalla Camera di Commercio per I venti dell'innovazione" hanno tutti in comune due cose: il saper fare e il coraggio di cambiare. La principale preoccupazione degli imprenditori creativi non sono i soldi bensì la burocrazia
Rifiuti trasformati in giocattoli dai bambini, gioielli in alluminio, mobili ispirati alla natura. L’Italia non ha materie prime, ma veri e propri giacimenti di creatività. Se dalle botteghe e dai laboratori rinascimentali è scaturito il mito che ha reso grande il Bel Paese nel mondo, quello stesso mito rivisitato potrebbe rappresentare la risposta al nuovo ordine economico.
La puntata novembrina dei “Venti dell’innovazione”, organizzata dalla Camera di Commercio, ha portato alle Ville Ponti di Varese storie di imprese e di designer che hanno combinato il «saper fare», tipico della tradizione artigiana, con le nuove tecnologie e la cultura dei territori.
«Le politiche culturali e l’industria creativa – dice Pietro La Placa dell’area sviluppo d’impresa dell’ente camerale – sono uno dei motori dell’economia». Intelligenza e manualità si riuniscono dunque nei processi produttivi e trovano nella figura del designer-impresa – così la definisce Stefano Castiglioni (brand Aquapotabile) – l’interprete del nuovo tempo.
«Se vuoi imparare a fare l’architetto impara prima a fare il falegname». Venanzio Arquilla (Politecnico di Milano) cita Wang Shu: è importante «sporcarsi» per valorizzare la conoscenza. «Lo scenario emergente – continua Arquilla – ci dice che prevalgono e prosperano le sloc (small, local, open, network ndr) , ovvero imprese piccole, locali aperte e connesse. La grande impresa è morta e forse quando tutti vogliono diventare grandi è più interessante rimanere piccoli».
I casi rappresentati alle Ville Ponti hanno tutti in comune due cose: il saper fare e il coraggio di cambiare. E, strano ma vero, in questo processo non sono i soldi la principale preoccupazione degli imprenditori creativi. «La prima richiesta che fanno – racconta Elena Bussolati di Unioncamere Lombardia – sono più servizi e un “amico burocrate” che li aiuti a districarsi nelle varie procedure amministrative».
Il cambiamento ha sempre una forte componente personale, come spiega Marco Quilici presidente dell’associazione Altrementi, capofila in provincia di Varese di un’esperienza che ha reso Reggio Emilia famosa nel mondo. «Una sera navigavo in Internet perché volevo cambiare lavoro – racconta Quilici – e mi sono imbattuto nel progetto Re Mida che utilizza gli scarti delle aziende e li mette a disposizione nelle esperienze educative e didattiche». L’assessorato all’Ambiente della Provincia ha sposato il progetto dell’associazione, mettendo a disposizione un piano del Chiostro di Voltorre, mentre i soldi per far partire l’iniziativa sono arrivati da un bando del fondo Interreg. Il progetto è decollato: 47 scuole coinvolte, per un totale di 2500 bambini e centinaia di famiglie.
La creatività è stata dunque più forte della guerra tra Italia e Svizzera per lo scudo fiscale anche se il vero tesoro lo hanno messo a disposizione le aziende aprendo i loro magazzini.
Tutto si ridefinisce nel nuovo Rinascimento italiano, anche l’identità del proprio lavoro. «Quando ho detto che facevo gioielli da indossare in alluminio, mi hanno chiesto se per caso ero un carpentiere». Riccardo Pietro Visentin (Aureaservice design studio) la metamorfosi l’ha affrontata oltre dieci anni fa quando ha capito che le nuove tecnologie aprivano la strada a un diverso modo di concepire il gioiello, sia nelle forme che nei materiali.
«Ci siamo ispirati al guscio dell’uovo che seppur così fine e leggero puo’ resistere a una pressione di oltre trenta chili. Si rimane affascinati da questa struttura». A volte basta osservare la natura per catturare un’idea e trasferirla in un prodotto capace di fare il giro del mondo e diventare un simbolo della contemporaneità. Al giovane designer Matteo Borghi è successo. Insieme ai colleghi dello studio Blumer&Friends di Riccardo Blumer ha realizzato «Entronauta» una sedia che fa parte della collezione permanente del MoMa (The museum of modern Art) di New York.
Le vie della creatività sono davvero infinite.
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