“Rinascere” a 20 anni si può: grazie ai cannoncini e a una banda di coetanei

Davide Steffenini 24 anni, ha appena aperto una pasticceria all’ospedale del Ponte, con uno staff di soli ventenni. Dopo tanta gavetta - anche al Luce e da Buosi - un incidente grave e l’esperienza da Peck a Milano

Davide Steffenini, piccoli Cracco varesini crescono (inserita in galleria)

E’ magro, minuto, con una faccia che tradisce i suoi poco più che 20 anni. Nessuno penserebbe che è l’ultimo, in ordine di tempo, pasticcere varesino: un titolare che ha sfidato la crisi nera (il laboratorio-negozio è aperto, in piazza Biroldi, a novembre del 2012): al massimo, potrebbero dargli dell’apprendista.

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Invece Davide Steffenini, varesino, 24 anni, è un simbolo della nuova Italia, e della nuova generazione dei ventenni, così in gamba quando è in gamba (la ricordiamo, la storia del circolo di Albizzate?). Ha deciso, di questi tempi, di mettersi in proprio, e scommettere sulla sua generazione: «Siamo in quattro: Il più giovane ha 19 anni, il più “vecchio” 28» precisa. Una scelta voluta, perchè «Innanzitutto, sarebbe difficile per me imporre le mie idee a qualcuno di più anziano, e poi perché l’atmosfera che si crea è molto viva ed effervescente: non ci si siede mai sugli allori. E magari si fa qualche leggerezza in più, qualcosa di meno assennato. Ma è importante, per inventare qualcosa di nuovo, avere un po’ di follia e magari fare qualche stupidaggine: perchè tra le stupidaggini salta sempre fuori qualcosa di buono…»

La sua pasticceria è in piazzale Biroldi, nella “strategica” posizione del polo materno-infantile dell’Ospedale del Ponte: regno dei regali in pasticcini e fiori, oltre che delle buone colazioni dopo l’analisi. «Per me è come un ritorno a casa: mio nonno era cuoco dell’ospedale del Ponte, anche se è morto prima che nascessi». Certamente, conta anche però un po’ di senso degli affari.  O il saper cogliere l’occasione per farsi conoscere, dopo una vita professionale intensissima malgrado la giovane età: «Ho studiato al De Filippi, e mentre andavo a scuola ho sempre lavorato: sia in ristorazione che sala, anche se in quest’ultimo caso ho capito subito che non era il mio genere»

Davide ha cominciato a lavorare all’Hermitage, poi ha potuto fare un esperienza importante nella rinomata cioccolateria-pasticceria Buosi di Vedano Olona, culminata in un’assunzione per un anno e mezzo di formazione «È stata una bella scuola, anche perchè li si fanno cose che è difficile vedere qui, nel varesotto. Poi ho lavorato al “Luce” il ristorante di Villa Panza, con Matteo Pisciotta (uno delle star chef varesine, ndr), in cucina: mi occupavo della pasticceria. Lì ho scoperto che il lavoro nella cucina di un ristorante è pesante e senza orari, ma ti ripaga la grande libertà creativa che hai: chi si siede al ristorante è piu disposto a provare nuovi piatti, anzi ti stimola a cambiare. Sul banco di una pasticceria, invece, si finisce per scegliere sempre le solite cose».

L’esperienza al Luce, al Davide appena ventenne, risulta però faticosissima: «Facevo sempre tardissimo, e una di quelle notti ho avuto un brutto incidente: mi sono ribaltato con la macchina. Me la sono cavata, ma è stato li che mi sono detto”Mi devo dare una regolata, questa vita non la reggo”: fortunatamente, ho ricevuto allo stesso tempo una proposta da Peck (il tempio della gastronomia milanese da cent’anni, noto in tutto il mondo, ndr). Dal punto di vista della regolarità della mia vita, era perfetto: gli orari erano fissi e praticamente era una fabbrica, ci lavoravamo in 140. Ma è stata un’esperienza bellissima e molto creativa. Stavo anche in quel caso nella sezione pasticceria, ma li ognuno aveva il suo prodotto da preparare, e all’interno di quello aveva molta libertà. Fu con me, per esempio che partì una produzione interna di cioccolatini, i cui primi pezzi furono realizzati assieme a un cioccolataio francese. Fu esaltante».

Il suo “capo” nella pasticceria da Peck aveva 28 anni «E questo era bellissimo: assumeva sempre ragazzi più giovani di lui e l’atmosfera era molto creativa» Sarà per questo che, dopo l’esperienza Peck, Davide ha deciso di “tornare a casa sua” a 23 anni e nell’aprire la sua pasticceria, mettere insieme una squadra di ventenni: una scelta precisa, alla ricerca di quella ventata di novità e di follia spiegate all’inizio.
Nella sua pasticceria, però, riparte dal classico, perchè ha capito che i clienti non si fidano delle novità:  «Poco tempo dopo l’apertura avevo fatto un tiramisu di cachi: mi era sembrato buonissimo, ne ho realizzati dieci, ne ho buttati nove. Il decimo l’ho mangiato io, e confermo che era molto buono. Ma per chi viene a comprare, ci vuole un po’ di tempo per fidarsi delle proposte del pasticcere… così ho deciso di partire in questo modo, con i clienti: cominciamo a conoscerci, partendo dalle cose classiche, e poi pian piano ci allarghiamo. Ogni tanto posso “mettere li” qualche novità per far capire che non faccio solo cannoncini: piuttosto comincerò a fare gli assaggi gratis, una mignon “strana” in mezzo ad un buon banco di classici cannoncini e bignè…»

Stefania Radman
stefania.radman@varesenews.it

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Pubblicato il 07 Marzo 2013
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