Omicidio di Lidia Macchi, la procura chiederà il processo per Piccolomo
Dopo 27 anni c'è una svolta nelle indagini per l'omicidio della giovane varesina trovata morta nei boschi di Cittiglio nel gennaio del 1987. La Procura Generale sostiene sia stato l'autore del delitto delle mani mozzate
A 27 anni dall’uccisione di Lidia Macchi la Procura di Milano ritiene di avere elementi sufficienti per chiedere il rinvio a giudizio del presunto assassino, Giuseppe Piccolomo che sta scontando già l’ergastolo per l’assassinio di Carla Molinari. E’ giunto ad una svolta sorprendente la vicenda della scout 23enne che la sera del 5 gennaio del 1987 uscì di casa per andare a trovare un’amica in ospedale a Cittiglio senza fare più ritorno: fu trovata senza vita, con 29 ferite da coltello sul corpo nella sua auto in un bosco a poche centinaia di metri dall’ospedale. Un delitto terribile che sconvolse l’intera provincia di Varese e che da allora non ha trovato un colpevole: unica pista seguita dalla Procura di Varese fu quella dell’assassinio da parte di una persona che la conosceva e i sospetti si concentrarono sul parroco don Antonio Costabile che, a questo punto, viene definitivamente scagionato.
A riaprire il caso di Lidia Macchi è stata la Procura Generale che ha avocato il fascicolo che
giaceva a Varese senza sbocchi, dopo le dichiarazioni delle figlie dell’uomo durante il processo d’appello. Si tratta di un’indagine indiziaria – dicono i magistrati – ma vi sono elementi considerati sufficienti per poter giungere ad un processo che possa far luce sulla morte della ragazza varesina. A far drizzare le antenne ai giudici della Procura Generale furono le dichiarazioni delle figlie di Piccolomo che, dopo aver scoperto che il padre era l’assassino del delitto delle mani mozzate, dichiararono che il genitore – quando erano piccole – le spaventava dicendo che avrebbe fatto fare loro la stessa fine che fece fare a Lidia Macchi. I magistrati hanno deciso, così, che è il caso di indagare più a fondo e hanno rivalutato tutta una serie di dati che i colleghi di Varese non avevano ritenuto interessanti: ad esempio le 4 aggressioni denunciate da altrettante donne, avvenute nel parcheggio dell’ospedale di Cittiglio nei giorni immediatamente precedenti al delitto. Dall’identikit dell’aggressore, verosimilmente sempre lo stesso, emerge un’analogia quasi perfetta tra il volto di Piccolomo (preso da una foto dell’epoca) e quello descritto dalle donne aggredite.
Piccolomo, inoltre, è sotto indagine anche per la morte della moglie Marisa Maldera, morta carbonizzata nella sua auto nel 2002. Per quel fatto Piccolomo patteggiò una pena di 1 anno e 4 mesi per omicidio colposo ma la Procura di Varese ha riaperto il fascicolo con l’accusa di omicidio volontario.
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