
Destinazione Bangladesh
La comunità pastorale "Don Carlo Gnocchi" non smette di girare il mondo. Accompagnati da don Marco Usuelli, e ospitati dai padri Saveriani, un gruppo di giovani è partito, promettendoci il racconto di viaggio "in diretta"
La comunità pastorale "Don Carlo Gnocchi" non smette di girare il mondo.
Dopo aver raccontato il percorso in kajak da Varese a Venezia dei loro gruppo adolescenti, un gruppo dei loro giovani parte per una meta più ambiziosa, sia dal punto di vista turistico che spirituale, raccontandone la loro esperienza. La destinazione è infatti il Bangladesh.
Accompagnati da don Marco Usuelli, nonché ospitati e assistiti dai padri Saveriani, che forniscono loro una guida e li ospiteranno nelle loro missioni collocate lungo il percorso che vanno a visitare ci sono Stella, Silvia, Chiara, Elena, Gianluca, Roberto, Alberto, Leonardo e Roberto, tutti giovani della comunità. Che racconteranno, dalle pagine di Varese News, ciò che vedranno "in diretta", ogni qualvolta riusciranno a inviare i resoconti delle nostre giornate. L’itinerario itinerario ha inizio l’11 agosto nella capitale bengalese, Dhaka, dopodiché si farà tappa nella regione sud-occidentale del paese, nei centri di Khulna e di Satkhira. Il punto d’arrivo sarà invece fuori da confini del Bangladesh, nella città indiana di Calcutta, dove i giovani avranno modo di entrare in contatto con la realtà caritativa iniziata da Madre Teresa. Il ritorno dei ragazzi è previsto per il 26 agosto.

Qui sotto, i racconti della loro esperienza, giorno per giorno.

Pomeriggio turistico in visita al complesso templare di Belur Math, dove sorge il santuario dedicato a un’importante personalità del mondo religioso indiano, Ramakrishna. Qui le acque del fiume, gli incensi del tempio e il prato attorno alle strutture ci hanno permesso una pausa nella nostra fitta agenda. Il giorno dopo invece gran levataccia! Come già annunciato nello scorso articolo, alle ore 6:00 abbiamo assistito alla messa presso la Casa Madre delle Missionarie della Carità, le sorelle di Madre Teresa. Ci ha colpito la compostezza nella preghiera di tutte le suore e dei volontari li? riuniti (provenienti da molte parti del mondo, in particolare dall’Italia). Ci siamo sentiti in comunione con le nostre parrocchie di casa da un luogo così simbolico e conosciuto in tutto il mondo per l’amore con cui le sorelle di Madre Teresa, sul suo esempio, portano avanti la loro attività caritativa. Dopo la preghiera mattutina e una semplice colazione, I volontari si dividono per le varie case sparse in Calcutta per iniziare una giornata di cura e amore verso i bisognosi.
Abbiamo dunque visto la stanza in cui per tanti anni ha vissuto Madre Teresa. Di questo luogo ci ha colpito la semplicità con cui era arredata (un letto, un tavolo e due cartine geografiche), pensando anche che da qui Madre Teresa gestiva un’opera di carità che, dalla sola Calcutta, si era già espansa in molte zone dell’India e del mondo. Dopo una visita alla tomba della santa, siamo poi andati a fare una buona colazione, e abbiamo visto due case in cui le Missionarie della Carità, assistite dai volontari, si prendono cura dei ragazzi disabili. Ci hanno mostrato le strutture e abbiamo potuto gustare la grazia di vedere così tante persone prodigarsi per gli altri, vedendo sui loro volti molti sorrisi e tanto entusiasmo in mezzo a situazioni decisamente non facili. Pomeriggio ancora turistico, durante il quale abbiamo visitato i musei che raccontano la storia di questo paese antico che è l’India, partendo dai monumenti antichi contenuti nell’Indian Museum, fino alla presenza inglese raccontata nella monumentale struttura del Victoria Memorial Hall. Domani inizieranno invece le procedure di ritorno, con partenza da Calcutta nel pomeriggio e ben tre aerei a separarci dalla nostra amata Italia.

Da ultimo, il gioioso incontro con padre Gabri, saveriano che da più di quaranta anni si dedica ai disabili, più e meno giovani, che in Bangladesh sono purtroppo ancora molto discriminati, sia dalla famiglia che dalla società. Gabri dà loro lavoro, cure e conforto. Quanto amore stiamo incontrando! Qui siamo molto a contatto con gli usi e costumi di questo popolo dalle molte tradizioni: dallo sport nazionale, il cricket, alla danza classica; condivisione e dialogo con i ragazzi di qui, visita alle loro famiglie e momenti di svago con i nostri vicini di stanza, i bambini dell’orfanotrofio. L’ultima giornata la passiamo spostandoci in pulimino per andare a trovare Padre Antonio Germano, saveriano con sede in Bangladesh da moltissimo tempo. Egli ci accoglie nel villaggio di Chuknogor, dove la sua struttura accoglie i ragazzi che, dopo la scuola, hanno la possibilità di studiare ancora con personale qualificato.
Sebbene sia il nostro ultimo giorno in terra Bengalese, nel pomeriggio, trasportati da comodi ed ecologici carretti, abbiamo fatto un po’ di shopping per la via "Monte Napoleone" di Satkhira, circondati da tanta gente che, incuriosita, commentava le nostre scelte d’acquisto per quanto riguarda il vestiario. Alla sera, dopo aver gustato un ottimo piatto di gamberoni preparato dal nostro cuoco di fiducia Serafino, in compagnia dei Padri Saveriani che ci hanno accompagnato in questi ultimi giorni (Giuà, Lorenzo e Arduino), abbiamo partecipato ad una fantastica festa organizzata per noi dai ragazzi di qui. La cartina del Bangladesh, i bambini e le bambine degli orfanotrofi, il canto degli inni nazionali, l’esibizione di danze tipiche e canti locali (per noi, "Finché la barca va" e "O sole mio") hanno reso questa serata speciale, unica e indimenticabile! Ci avevano quasi convinto a rimanere e a non tornare. Troppo bello il Bangladesh! Nonostante l’entusiasmo per questa bella terra, giusto ieri abbiamo attraversato il confine con l?India e, dopo un rocambolesco viaggio con bus in ritardo, tè offerti alla dogana, traffico intenso e viuzze a noi ignote, abbiamo raggiunto il nostro alloggio a Calcutta, dove saremo seguiti dai salesiani del luogo. Un pensiero e un ringraziamento va a tutti i padri saveriani che ci hanno nel frattempo seguito durante il nostro viaggio bengalese, in particolare alla nostra guida, padre Giuà. Un saluto a tutti.
Qui la connessione dovrebbe permettere aggiornamenti più freschi. Ora a letto presto perchè domain che è Domenica celebriamo la Santa Messa presso la Chiesa delle Suore di Madre Teresa alle ore 06:00…

Il maggior compito della chiesa qui è il servizio assistenziale ai poveri e ai malati, oltre all’istruzione dei più giovani, indipendentemente dalla loro religione. L’evangelizzazione è sì attiva, ma non secondo uno proselitismo sfrenato, bensì confidando che le buone azioni portate avanti dai cristiani qui in Bangladesh attirino le persone a interessarsi del messaggio cristiano e di Gesù. In effetti, di fronte all’arcivescovado sta un’ospedale, che siamo andati a visitare. Qui abbiamo incontrato la figura di suor Tecla, una suora di Maria Bambina che manda avanti la gestione dell’ospedale e dell’annessa scuola. Il centro è stato attivato da diversi anni ed è pienamente operativo nei mesi da settembre a giugno, quando è possibile garantire la presenza continua di equipe di medici volontari che giungono da tutta Europa per visite e operazioni di ogni genere. La mattina termina con la visita del seminario minore e della cattedrale. Il seminario vanta della presenza di venticinque seminaristi. Tutto ciò è stato portato avanti anche dall’azione dei padri saveriani, che sono stati i primi a giungere qui, nel 1952, e hanno portato avanti un generoso lavoro di miglioramento di questi servizi e un’attento inserimento di questi all’interno della realta’ culturale e sociale del luogo.
Pomeriggio più breve, ma comunque intenso. A due passi dalla casa saveriana dove siamo ospitati, troviamo un ospedale gestito dalle PIME sister. Il centro è gestito da una suora di Monza, Suor Roberta, dottoressa che in un luogo così sconosciuto al mondo porta avanti un lavoro quotidiano di dedizione e professionalità davvero grandi. L’ospedale è il centro di cura di ammalati di lebbra, tubercolosi e AIDS di Khulna. Il governo bengalese affida questi ammalati al centro, affidandosi alle sue competenze. Un pomeriggio passato tra i pazienti dell’ospedale, nonostante il timore viscerale di un contagio (per quanto altamente improbabile), ci ha lasciato un emozioni contrastanti: da un lato abbiamo ascoltato storie di vita e di giovani presenti, ancora oggi malati di lebbra, dall’altra ci sentivamo impacciati nell’interagire con loro. Ad esempio, quando ci hanno offerto dei dolci fatti da loro, solo padre Giuà e suor Roberta hanno attinto dal sacchetto. Messa dell’Assunta in chiusura, e poi serata di giochi.
Sabato più turistico, o quasi. Alle otto di mattina si era comunque in casa di padre Rocky, uno dei due missionari saveriani provenienti dal Bangladesh. Dopo averci raccontato della sua esperienza nelle missioni in Africa e aver goduto della sua ospitalità, ci siamo recati dalle cosiddette Blue Sister, un ordine religioso che ha la propria sede centrale a Cuneo. Qui abbiamo fatto acquisti dei loro bellissimi prodotti, realizzati dalla cooperativa da loro fondata che permette a molte donne del luogo di lavorare e avere qualche beneficio. Il pomeriggio ci ha fatto andare a vedere uno dei cuori del culto musulmano nella regione, una moschea del 1500 ca. e la tomba del predicatore islamico che la fondò, con tanto di visita ai coccodrilli sacri ereditati dalla tradizione indù. Serata invece folkloristica! Abbiamo infatti ricevuto un invito a cena da padre Carlos, che non è il secondo padre saveriano bengalese, bensì… messicano. Padre Carlos gestisce l’ospedale assieme a suor Tecla, ed e’ lui che organizza l’arrivo dei medici dall’Europa. Ci ha ospitati nella casa del noviziato dei saveriani a suon di chitarra, spaghetti (omaggio alla nostra cucina), tortillias, carne e fagioli, come vuole la vera tradizione centroamericana. Sempre con lui, questa mattina siamo invece andati a celebrare la messa a Romphur, un villaggio poco fuori Khulna. Qui abbiamo visto la loro comunità pregare con i propri canti, nella propria lingua e con le loro usanze: tutto ciò ha arricchito anche la nostra fede, al vedere che anche in un villaggio sperduto nella giungla bengalese si onori il Signore, anche se in modi diversi dai nostri. Fuori dalla messa, i missionari si sono prodigati nel soddisfare alcune esigenze del villaggio, come la lettura di una radiografia da parte di padre Carlos, o la ricerca di acqua nel sottosuolo per la costruzione di pozzi, dal momento che padre Giuà ha sviluppato una tecnica di ricerca che sfrutta il magnetismo di un ferro per rintrarracciare l’acqua corrente. Dopodichè, qualche visita ad alcune famiglie cristiane del villaggio, che ci hanno riservato un’ottima accoglienza: fatto che a noi freddi lombardi (di nascita o acquisiti) stupisce sempre.
Nel pomeriggio, dopo un incontro con un altro saveriano, padre Mimmo, riguardo al dialogo intereligioso in Bangladesh e al ruolo della religione nella vita del paese, siamo andati nuovamente in centro a Khulna, per assistere a una festività indù all’interno del loro tempio. Qui, tra zucchero filato e braccialetti acquistati dai venditori ambulanti, ci siamo ritrovati nuovamente al centro dell’attenzione di tutti i presenti che, oramai, abbiamo conferma non abbiano mai visto un gruppo cosi’ numeroso di stranieri occidentali. Ritorno a casa in risciò (il primo del viaggio), cena, e ancora serata tra di noi, tra canti, giochi e scrittura dell’articolo. Domani ci attende la terza tappa del nostro viaggio, nella missione di Satkhira, sempre piu’ vicino al confine con l’India.
19:00 14 agosto – Nelle strade piene di gente e tra i malati

Ma procediamo con ordine, a partire dalla giornata di mercoledì, che si prospettava come una visita nella Dhaka vecchia. Qualcosa è andato storto: però qualcosa è andato anche più diritto di quanto ci si aspettava. L’imprevisto è stato sempre dietro l’angolo, a partire dal mattino.
Infatti quella che doveva essere una semplice e (quasi) spensierata visita turistica del centro urbano, si è trasformata in una mattinata di servizio presso le suore di Madre Teresa, che hanno un centro attivo proprio nel cuore della capitale Bengalese. Mentre entravamo per fare un salto nella loro struttura, Padre Giuà ha chiesto se era possibile dare una mano nelle diverse attività e, con grande nostra sorpresa, le sorelle ci hanno subito accolti e disposti al lavoro. Quella mattina difatti cadeva la distribuzione mensile di generi alimentari e farmaci ai lebbrosi, che erano radunati nel cortile pincipale in gran quantità. C’è chi si è occupato della distribuzione del riso, chi invece dei farmaci: altri invece sono stati inviati a dare una mano nella cura ai bambini lì ospitati, alcuni aiutando i ragazzi di cinque/dieci anni nei compiti e facendoli poi anche giocare (principalmente facendoli giocare, dato che l’alfabeto bengalese non è ancora il nostro forte), mentre altri (le ragazze, ad essere precisi) ad accudire quelli ancora in fasce. Dopo una merenda veloce, siamo partiti da lì e ci siamo infognati nelle viuzze della città vecchia, che nel frattempo erano state copiosamente allagate da uno scroscio di passaggio. Abbiamo visto una scuola, in pieno orario di intervallo, con tutti i ragazzi vestiti in divisa, in stile college, molti dei quali pronti a farsi scattare una foto, come è abitudine del popolo bengalese; poi è venuto il turno della moschea dove, una volta scalzati, ci è stato consentito l’ingresso per una veloce visita. E’ poi venuto il turno di visitare un’antica chiesa armena, dopo di che lo scroscio di passaggio ha deciso di non essere soltanto di passaggio, bensi’ di tramutarsi in un vero e proprio acquazzone monsonico. Dunque di corsa verso casa, i piedi sempre più fradici e le viuzze sempre più affollate, infangate e trafficate dagli agili risciò che fungono da taxi ciclabili per la popolazione locale.
Il pomeriggio è stato più tranquillo, con una passeggiata davanti al parlamento della Repubblica e una visita al centro principale dei padri saveriani. La serata è stata invece festosa e colorata. Padre Giuà ha infatti invitato i giovani universitari che frequentano la parrocchia ad allestire un piccolo spettacolo per noi, in cui si sono esibiti nelle loro danze e nei loro canti tradizionali, vestiti con gli abiti tipici del loro popolo, decisamente comodi.
Come facciamo a sapere che erano comodi? Semplice. Con il loro entusiasmo, i ragazzi di Dhaka ci hanno prestato alcuni di quei vestiti e ci hanno agghindati per assistere alla serata. Lo scambio culturale non si è limitato solo alle stoffe, ma è diventato subito un momento per stare assieme, ballando, mangiando e conversando in un inglese un poco azzardato. La giornata di giovedì è stata molto più easy, con un viaggio verso Khulna, tra abiocchi e il coraggio dei bengalesi nell’affrontare la strada, sempre colma di pullman, camion, risciò e del bestiame più vario. Ora ci godiamo la serata nella casa dei saveriani, immersa in mezzo alla foresta. Speriamo di riuscire a scrivervi presto, computer e connessioni permettendo.
22:40 12 agosto – Arrivati in Bangladesh
Un lungo viaggio ci ha divisi dalla nostra destinazione. Tra uno scalo e un volo intercontinentale, la burocrazia bengalese e l’inferno del traffico di Dhaka, abbiamo iniziato finalmente la nostra visita. A guidarci in questo surreale viaggio abbiamo avuto la solida esperienza di padre Giovanni Gargano, missionario saveriano da quindici anni attivo in Bangladesh. Padre Giuà, come si fa chiamare qui, ci ha fatto affrontare subito il battesimo del fuoco: la visita dello Slum, il quartiere che sorge attorno alla ferrovia della capital bengalese. Bisogna fare alcune precisazioni: cio’ che ora abbiamo definito un "quartiere" e’ piuttosto una baraccopoli che sorge a nemmeno mezzo metro dai binari; in questa baraccopoli la gente vive, conclude affari e i bambini vanno persino a scuola; e’ nella quotidianita’ di queste persone, ci racconta la nostra guida, assistere o essere vittime di incidenti lungo la strada ferrata, provocando morti o feriti permanenti. Cio’ che piu’ ci ha sconvolto e’ la normalita’ con cui padre Giuà affronta queste esperienze, la stessa normalita’ che lui ha appreso proprio dai diretti interessati.
In mezzo a questa baraccopoli, abbiamo fatto tappa alla scuola missionaria, dove i piccoli alunni ci hanno accolto festanti, intonando apposta per noi il canto patriottico bengalese. E’ venuto dunque anche il nostro turno di intrattenere i nostri gentilissimi ospiti, con un ballo, delle buone caramelle e dei palloncini colorati. A questo punto, diritti di corsa al mercato! Un immenso bazar che si estendende nel cuore dello Slum, dove il colore e l’odore pungente delle spezie copre in una strana alchimia il sudore degli astanti e il fetore delle fogne a cielo aperto che si riversano in mezzo alla strada. Nonostante i presupposti, l’esperienza di questo volto della miseria ha evidenziato come i bengalesi siano un popolo tanto accogliente quanto curioso: passaggiando per le vie della citta’ ci accorgevamo che la vera straordinarieta’ non erano i mendicanti ai lati delle strade, i postulanti sopra i sovrapassaggi pedonali, o i bus stracolmi di gente che si fanno largo nella strada a colpi di clacson, bensi’ noi.
Ora di sera siamo stati ospitati anche nella parrocchia piu’ grande di Dhaka, dove sorge la chiesa piu’ antica della citta’ (anche se restaurata con il gusto artistico tipicamente Bengalese, variopinto e oltremododo decorativo). Appena a lato e’ situata la Missione della Carita’, gestita dalle suore di Madre Teresa di Calcutta, che ci hanno fatto incontrare le persone di cui si prendono cura e hanno condiviso con noi un momento di preghiera. Un bello scroscio monsonico ci ha dunque costretti al rientro nella casa dei saveriani. Nemmeno la pioggia pero’ ci ha fermato! La sera, un gruppo dei nostri ha seguito padre Giuà nel suo giro settimanale in visita ai poveri della citta’, che nella notta sembrano moltiplicarsi ai lati delle vie. In questo caso abbiamo cercato di dare un segno della nostra presenza portando a queste persone alcuni doni, come dei braccialetti fatti appositamente per i piu’ piccoli da Elena. Rincasati ancora, tutti a nanna, pronto per un’altra giornata sicuramente intense. Missione di domani: tour nella Dhaka vecchia, con tutte le sorprese che i bengalesi avranno in serbo per noi.
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