È caccia grossa ai bracconieri

Villa Recalcati attiva un progetto di controllo del territorio per proteggere la fauna selvatica e colpire chi caccia di frodo. Agenti armati e appostati nei boschi anche di notte

Bracconaggio

C’è una lotta invisibile che ha inizio ad ogni tramonto per proteggere gli animali dei nostri boschi. Le parti sul campo sono due: i bracconieri e il nucleo faunistico della polizia provinciale. In mezzo c’è il patrimonio di selvaggina che appartiene a tutti noi e che lo Stato ha il compito di proteggere nei casi dove l’abbattimento avviene al di fuori della legge. Dall’analisi storica degli accertamenti riferibili al bracconaggio, dal 2008 al 2014 sono stati denunciati 60 bracconieri che hanno violato per 97 volte le disposizioni di legge per un totale di 343 animali rimessi in libertà. Questi i dati ufficiali, conosciuti, verbalizzati senza contare quelli che non sono stati scoperti e che hanno spinto la Provincia ad intervenire con un progetto che permetterà il pattugliamento 24 ore su 24 di cinque aree identificate come a rischio bracconaggio nel pieno della stagione riproduttiva, quindi per assicurare anche alle nuove generazioni di selvaggina la possibilità di sopravvivere.

Questa fotografia è stata illustrata oggi, 25 marzo nel corso di una conferenza stampa dove era presente il vice presidente della Provincia Giorgio Ginelli, oltre ai consiglieri Marco Magrini e Fabrizio Mirabelli.
Angelo Gorla, il comandante della polizia provinciale ha parlato del fenomeno che interessa il territorio del Varesotto nel quale vi è stato negli ultimi anni un incremento di alcune specie di selvatici, e quindi la maggior disponibilità di prede per chi per diletto o per soldi vuole catturare cervi, cinghiali, caprioli o lepri.

I sistemi per la caccia di frodo sono fondamentalmente di due tipologie: si va da azioni attive di bracconaggio, svolte con armi da fuoco potenti, soprattutto la notte servendosi di pile, torce o quant’altro di efficace per portare all’individuazione e all’abbattimento dei capi.
Poi c’è tutta la gamma di trappole, lacci e reti: è il complesso del sistema “passivo” che assieme agli altri metodi espone i trasgressori a pesanti sanzioni penali che prevedono reclusione fino a un anno e multe fino a 15.000 euro in caso di maltrattamento degli animali.

Perché questa nuova organizzazione nella lotta al bracconaggio? Perché è in gioco non solo la vita di questi animali, ma anche la sicurezza dei cittadini esposti al rischio di trovarsi nelle tavole, magari al ristorante, carne di dubbia provenienza, di macellazione impropria che espone i consumatori ad una varia gamma di problemi alimentari: fatto ricordato dagli stessi Ginelli e Magrini rispettivamente medico e veterinario della Asl.

Poi la sicurezza. Claudio Comolli, commissario capo della sezione faunistica ha ricordato come spesso, nelle mani dei bracconieri vengono a trovarsi armi non propriamente da caccia: fucili con canna rigata, carabine, o addirittura “armi da guerra in grado di sparare colpi dalla gittata di migliaia di metri” spesso esplosi al buio e in condizioni di scarsa visibilità.
Per questo le squadre della polizia Provinciale hanno in dotazione ottiche notturne capaci di svelare chi si nasconde appostato col favore delle tenebre; hanno, gli agenti, in dotazione non solo pistole d’ordinanza, ma anche armi lunghe. Gli agenti hanno anche a disposizione termometri e apparati per verificare lo stato di salute di eventuali animali rimasti intrappolati.

Per contrastare la filiera del commercio di carni di frodo, inoltre, è attivo uno specifico protocollo dell’Asl per effettuare controlli in ristoranti e attività che trattano con questo tipo di prodotti.
Rischi che non corrono i consumatori di capi abbattuti dagli oltre 3 mila cacciatori presenti in provincia che, per i cinghiali, hanno ad esempio l’obbligo di far controllare le carni dai laboratori delle Asl.

Il fenomeno del bracconaggio ha interessato in percentuale l’ambito territoriale di caccia (ATC) numero 1, cioè la fascia prealpina, col 51% delle comunicazioni di reato inviate alla magistratura, poi c’è la zona ATC2, per il 42%: è la parte pianeggiante del territorio. Solo l’8% delle denunce proviene dall’estremo nord della provincia, quella del comprensorio alpino di caccia.

Andrea Camurani
andrea.camurani@varesenews.it

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Pubblicato il 25 Marzo 2015
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