La manifattura 4.0 cresce se c’è un terreno fertile
Eleonora Merlo riconfermata presidente del Gruppo giovani imprenditori della provincia di Varese
Eleonora Merlo, riconfermata presidente del Gruppo giovani industriali della provincia di Varese, ha iniziato la sua relazione con quattro domande da un milione di dollari, quasi a voler subito chiarire che il passaggio alla manifattura 4.0 è tutt’altro che una cosa semplice da affrontare. E anche se sei un nativo digitale, interrogarsi su quali siano le forme di sviluppo che sta prendendo il sistema economico o in quali direzioni tecnologiche debbano muoversi le imprese per tornare ad essere competitive nel mondo, non significa avere le risposte a portata di mano.
La giovane imprenditrice però un punto fermo ce l’ha ed è rappresentato dalla parola condivisione. Niente uomini o donne sole al comando, ma un gruppo in grado di mettere a fattore comune know how, idee, problemi e soluzioni. «In questa fase – spiega Eleonora Merlo – non bisogna abusare dei luoghi comuni, compreso quello del ragazzino che chiuso nel garage dà vita a un colosso informatico. È un’immagine che va sfatata».
Le start-up non nascono dunque se c’è un garage, ma se c’è un ecosistema che supporta le nuove idee, come avviene nella supercitata Silicon Valley. Il contesto favorevole è dunque fondamentale per la nascita di nuove imprese come importante è la comunicazione fra start-up e grandi imprese. «La cultura digitale – continua la presidente – irrompe nell’industria e spinge verso un sistema di produzione diffuso, dove gli oggetti diventano dati e che tornano ad essere oggetti a migliaia di chilometri di distanza».
Ci sono poi tutte quelle aziende, né giovani né tantomeno innovative, che per poter rinascere necessitano di uno svecchiamento e il sistema può aiutarle facendo da acceleratore di idee nuove. Università e centri di ricerca internazionali possono facilitare questo processo, aumentando la competitività delle imprese del distretto, come del resto ha già fatto l’università Liuc di Castellanza con la creazione di Smart-up Lab, laboratorio di “creattivazione” digitale che ha appena dato vita al primo MakerBot (leader mondiale nella stampa 3D) in Europa, e la partecipazione all’Institute for entrepreneurship and competitiveness dell’Harward Business School di Michael Porter. «In questo modo – dice Eleonora Merlo – ciò che in altre parti del mondo è rappresentato da una miriade di start-up in incubazione da noi può essere rappresentato dal substrato di pmi altamente specializzate e internazionalizzate».
I due esperti di cultura digitale come Massimo Russo, direttore di Wired, e Marco Giovannelli, direttore di Varesenews, intervenuti nella tavola rotonda, sono ripartiti dalle domande della giovane presidente. E se per Russo connettività, intelligenza artificiale, big data e manifattura additiva sono i quattro pilastri su cui si già si regge il nuovo presente, per Giovannelli la domanda che più di altre necessita di una risposta immediata è la seguente: come si fa a declinare tutto questo nella realtà delle imprese? «Il punto chiave – ha risposto il direttore di Wired – riguarda la gestione della transizione nel medio periodo. Una grande scommessa si gioca nella scuola perché è lì che si può’ scardinare il ruolo di tanti intermediari, compresi i giornalisti».
Oggi il digitale è già presente nelle nostre vite e ne determina il corso più di quanto comunemente si pensi. Eppure sul piano culturale ed etico, ha ricordato Russo, c’ è ancora tanto da fare, a partire dai limiti necessari da porre all’intelligenza artificiale, esigenza espressa dalla stessa comunità di scienziati.
In un incontro sull’innovazione e le imprese non potevano mancare due omaggi, il primo a Massimo Banzi, inventore della prima scheda open source (Arduino), diventato negli Usa un simbolo del nuovo tempo al pari di Bill Gates, e il secondo ad Adriano Olivetti, che anticipò Ibm nella costruzione de primo computer. A citarli ci ha pensato Marco Gabriele Gay, presidente nazionale dei Giovani imprenditori di Confindustria, sottolineando che: «Non dobbiamo mai dimenticare che abbiamo una responsabilità sociale per lo sviluppo di tutto il territorio».
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