Il Varese, Fontana e i cittadini di buona volontà
L'intervento rapido del sindaco, pur previsto dai regolamenti, permetterà a una rifondata società biancorossa di ripartire dalla Serie D
 
																			
                        
						
						
						
						Per il governo nazionale del calcio il sindaco di ogni città è un riferimento importante, anche e soprattutto per le emergenze. È dunque accaduto che Attilio Fontana ai grattacapi o meglio ai guai che di questi tempi angosciano i Comuni italiani, massacrati dal renzismo, abbia dovuto aggiungere quelli che gli arrivano dal calcio bosino.
In una situazione difficile – a Varese ben nota perché nella gestione del calcio professionistico a grandi e generosi uomini di sport si sono alternati dei mercanti – Fontana però ha agito con estrema rapidità. Infatti il sindaco non ha perso tempo e ha promesso di iscrivere la squadra biancorossa al campionato di serie D, collocazione che le spetta dopo che la società è finita alla canna del gas a seguito di alcuni rastrellamenti delle forze di occupazione.
Sarà stato un obbligo, un compito previsto, resta il fatto che è piaciuta e ha confortato la rapidità di intervento di Fontana: qualcosa di più del lancio di un salvagente cioè anche un segnale, un richiamo ai varesini di buona volontà per una reale difesa del patrimonio morale e sportivo della città, di una storia che è stata grande ed esemplare.
Attilio Fontana non è nuovo a blitz di questo tipo e li mette a segno nonostante la costante sassaiola politica (e di noi cronisti) della quale è oggetto. Mi piace ricordare il suo impegno diplomatico per l’acquisizione alla città di Villa Mylius ( 64 stanze e 80 mila metri di parco) dopo che i proprietari, i Babini Cattaneo, avevano preso in considerazione anche l’ipotesi di una donazione nonostante i riformatori della sanità regionale, nel caso specifico caricando come un branco di bufali, avessero cancellato la prima grande donazione dei Cattaneo alla città: l’intero reparto di geriatria del Circolo, 5 piani di efficienza, amore, assistenza e cultura medica al servizio dei nostri anziani ammalati. Fu un dono da 800 milioni Anni ’60.
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